Tra mille problemi, una pesante eredità dittatoriale con cui fare i conti, il prezzo da pagare all’inesperienza e casse esangui, il Gambia procede il suo cammino verso la piena democrazia e per conquistarsi un posto tra i Paesi emergenti dell’Africa e del mondo.
Quando, il 2 dicembre 2016, la notizia della vittoria elettorale, di Davide – Adama Barrow un uomo d’affari emigrato e rientrato in patria per occuparsi di politica a capo della coalizione riunita sotto l’ombrello dello United Democratic Party ‒ contro Golia – Yahya Jammeh, uno dei peggiori tiranni dell’era contemporanea che per oltre 22 anni aveva trasformato il più piccolo Paese continentale, letteralmente schiacciato tra due lembi del Senegal, in un enorme campo di prigionia ‒ aveva fatto il giro del mondo, la comunità internazionale reagì con un sentimento misto tra incredulità e sfiducia.
Cinque anni e passa dopo, il Gambia è ancora lì, con un presidente eletto per un secondo mandato nel dicembre scorso, e un processo politico accidentato quanto vivo. Alle presidenziali del 4 dicembre la popolazione ha scelto per la continuità e nonostante un feeling che negli anni era andato scemando, ha preferito Barrow (53,2% dei suffragi) al candidato dell’opposizione Ousainou Darboe – fino al 2019 vicepresidente poi estromesso da Barrow ‒ fermo al 27,7%. Le proteste di Darboe, che ha giudicato il margine «scioccante, sorprendente e inimmaginabile», non hanno potuto oscurare la credibilità del processo elettorale e del voto stesso: per la prima volta i partiti hanno potuto accedere ad annunci televisivi e ogni candidato ha avuto spazio libero e gratuito sulla TV nazionale. I risultati del sondaggio di Afrobarometro, riportati da African Arguments, poi, parlano chiaro: l’88% dei gambiani ha detto di credere che le elezioni siano il modo migliore per scegliere i loro leader. La fiducia nel nuovo corso democratico è ben fotografata poi da un afflusso record alle urne, l’89,3%, praticamente tutto l’elettorato.
Alle legislative del 9 aprile scorso, la fiducia nel presidente e il suo partito si è riconfermata ma con margini molto più risicati. Il National People’s Party infatti ha ottenuto 19 dei 53 seggi parlamentari in palio. L’unica via di uscita per il presidente rieletto per governare e garantire stabilità, quindi, sarà cercare compromessi e formare una coalizione ampia.
Barrow, che ha dovuto fare i conti con il malcontento dei cittadini per una situazione economica che fatica a ripartire, che ha appena frenato ma non scongiurato gli esodi di molti giovani, con una condizione interna dei servizi primari ancora deficitaria e le proteste di molti cittadini per la promessa fatta dallo stesso presidente al momento del primo insediamento di lasciare l’incarico dopo tre anni, si trova ora ad affrontare un mandato in cui le pressioni aumenteranno assieme alle sfide. La corruzione ancora ad alti livelli, le riforme restate a metà strada, uno sviluppo che langue e pone il Paese ancora agli ultimi posti nello Humand Development Index (172° su 189, ndr) sono grane difficili da aggredire. Senza dubbio ci si aspetta un cambio di passo deciso.
Dalla sua parte però, può vantare risultati importanti. Nel giro di cinque anni, il Gambia, secondo la statistica stilata annualmente da Freedom in the World sulle libertà civili e i diritti politici, è passato da un pessimo score di 20/100 (8/40 sui diritti politici e 14/60 sulle libertà civili), oltre che un perentorio ‘Not free’, a un onorevole 47/100 nel 2022 (21/40 e 26/60) e un giudizio di ‘Partly free’. Il processo innescato in soli cinque anni, se si considera da quale situazione uscisse il Gambia che si affrancava da una feroce dittatura che, come nel caso dell’Eritrea attualmente classificata ultima con un punteggio di 3 su 100, azzerava praticamente libertà e diritti, è notevole.
Per capire di che genere di governo il popolo del Gambia si sia liberato nel dicembre del 2016, basta seguire il processo di un fedelissimo di Yahya Jammeh alla sbarra in Germania, dove aveva chiesto asilo, sospettato di aver ucciso un numero ingente di oppositori politici e accusato di crimini contro l’umanità. Baboucar “Bai” Lowe, solo uno degli infiniti sgherri di regime, era un semplice autista specializzato in torture, esecuzioni sommarie, stupri ed era parte dei Black-Black, un’unità creata nel 2000 composta da una quarantina di uomini i cui membri, in una fase iniziale, come riporta Le Monde, furono addestrati ad uccidere da un mafioso italiano, Francisco Caso, arrivato in Gambia come turista. Tutti provenivano dall’Unità delle Guardie di Stato, squadroni della morte alle dirette dipendenze di Jammeh, incaricati di terrorizzare la popolazione e sopprimere l’opposizione.
Nel frattempo, il Gambia, dopo essere stato per decenni un sito insicuro e noto come hub di traffico di esseri umani, oltre che di sfruttamento della prostituzione, torna a essere un luogo visitabile, non solo da mafiosi. Nel giro di pochi anni ha scalato le classifiche delle destinazioni turistiche più ecologiche al mondo. L’accreditato sito di viaggi Big 7 Travel ha elencato 50 Paesi che vale la pena esplorare per turisti in cerca di rispetto rigoroso dell’ambiente e ha messo il Gambia al terzo posto dopo il Bhutan e il Botswana.
A creare ulteriori problemi al percorso verso maggiori sviluppo e democrazia che il Gambia cerca di intraprendere, vi è l’instabilità di un’area ad esso molto vicina. Nella regione di Casamance, sud del Senegal, si consuma uno dei più lunghi conflitti indipendentisti dell’Africa subsahariana. A metà marzo scorso, Dakar ha intensificato per l’ennesima volta l’offensiva contro il Movimento delle forze democratiche della Casamance (MFDC), scatenando l’esodo di migliaia di gambiani. Secondo le autorità del piccolo Paese africano, sono già molte migliaia gli individui che hanno abbandonato le loro case cercando riparo in Senegal, dopo che l’esercito senegalese ha lanciato l’ultima operazione contro le basi del MFDC nella zona di confine. Negli ultimi giorni sembra che stiano cominciando a fare ritorno. Ma la sensazione di insicurezza è tanta e Barrow, tra le molte sfide, dovrà affrontare anche questa, al fine di garantire tranquillità e buon vicinato col gigante che circonda il suo Paese.