Il vertice di Ankara del 4 aprile dedicato alla crisi siriana fra Recep Tayyip Erdoğan, Vladimir Putin e Hassan Rohani si è concluso con un accordo di massima che prevede un’accettazione da parte della Turchia del ruolo di Bashar Assad alla guida della Siria in cambio della comune opposizione alle ambizioni curde di costituire entità statali autonome.

In una nota congiunta, i tre leader si sono impegnati a cooperare per ottenere un cessate il fuoco «sostenibile» e a perseguire la «sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità della Siria» opponendosi a programmi separatisti che possano mettere in discussione «la sicurezza nazionale dei Paesi vicini».

Questa concordanza nasconde diversi paradossi. La prima plateale contraddizione è che un Paese della NATO come la Turchia stringa un patto con la Russia, sancendo in qualche modo la sconfitta della strategia occidentale in Siria e in Medio Oriente. Ma suona sicuramente paradossale anche che un avversario storico di Assad come Erdoğan, protettore dei ribelli siriani più integralisti, ne sancisca la sopravvivenza politica. Inoltre, assistiamo al fatto straordinario che l’Iran, che rappresenta il principale punto di riferimento per gli sciiti nel mondo, stringa patti con una delle principali potenze sunnite.

La geopolitica ci ha mostrato spesso come la potenza inarrestabile degli interessi possa schiacciare la resistenza delle appartenenze e delle identità. In questi anni di guerra civile siriana, la Russia e l’Iran si sono schierati dalla stessa parte, al fianco del governo di Assad; ai ribelli è andato invece il sostegno della Turchia, ultimamente impegnata però soprattutto contro il “pericolo curdo”.

Gli scenari stanno rapidamente evolvendo. Si delinea una soluzione alla crisi siriana in cui il ruolo principale viene svolto dalla Russia, che potrebbe così realizzare i suoi obiettivi strategici: la sopravvivenza politica di Bashar Assad e la propria presenza anche militare nella regione.

Naturalmente anche Turchia e Iran pensano di ottenere dei vantaggi e appoggiano l’iniziativa russa.  Molti interessi avvicinano in particolare Turchia e Russia. Il vertice è stato preceduto infatti, il 3 aprile, da un incontro bilaterale tra Erdoğan e Putin, nel quale si è parlato del possibile acquisto da parte del governo di Ankara di sistemi di difesa aerea russi S-400 e della costruzione in Turchia ad Akkuyu della prima centrale nucleare, con il sostegno dei russi. Il protagonismo di Putin sembra favorito dall’annuncio di Trump di un prossimo disimpegno degli Stati Uniti dalla Siria, almeno per quanto riguarda una presenza diretta di militari sul terreno, smentita però dall’annuncio di ieri di voler reagire all’attacco chimico attribuito a Bashar Assad contro la popolazione di Douma.

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