Dei 54 Stati africani oltre la metà, 29, sono stati colpiti dal Coronavirus al 16 marzo 2020. Gli ultimi ad aggiungersi alla lista sono Somalia, Liberia e Tanzania, che proprio il 16 marzo hanno denunciato un caso ciascuno. Negli ultimi giorni, inoltre, 7 Paesi ‒ Camerun, Ruanda, Kenya, Ghana, Sudafrica, Senegal ed Etiopia ‒ cominciano a presentare più casi e a lanciare l’allarme di una rapida diffusione.

In cima alla lista c’è l’Egitto, che ha confermato il primo caso il 14 febbraio scorso ed è ora alle prese con un centinaio di casi accertati (stranieri, turisti e autoctoni) e due morti. Nella triste classifica, tra le prime sei, quattro sono nazioni dell’area nordafricana (in ordine, dopo l’Egitto, Algeria, Tunisia e Marocco), in mezzo il Sudafrica e a seguire Senegal, Camerun che ha denunciato il quinto caso nella mattinata del 16 marzo, Togo, Kenya e così via, fino ad arrivare alla Repubblica Democratica del Congo che, oltre a essere devastata dal virus dell’Ebola, deve ora fare i conti con i primi casi di Covid-19.

Al momento, quindi, sarebbero circa 150 i casi (in buona parte cittadini stranieri o persone tornate da viaggi) che interessano gli Stati africani. Una percentuale infima rispetto al miliardo e 300 milioni di abitanti, con statistiche ufficiali che, fino a questo momento, sembrano suggerire che l’Africa sub-sahariana sia stata sostanzialmente risparmiata dal virus: le mappe interattive dei siti specializzati, infatti, mostrano grossi cerchi rossi in espansione un po’ in tutto il pianeta, tranne che dal Sahel in giù. Ugualmente, i virologi di tutto il mondo guardano all’Africa con grande preoccupazione. Nel giro di pochi giorni, infatti, il virus sta battendo il continente e si teme che lo copra totalmente andando a gravare su sistemi sanitari nazionali molto fragili per una lunga serie di fattori.

Innanzitutto, come è noto, è proprio in Africa che si concentra il numero più alto di conflitti al mondo. L’affrancamento da regimi dittatoriali e i seguenti processi di transizione democratica in atto in molti Paesi come Sudan, Zimbabwe, Tunisia, Gambia, poi, o i percorsi di pace in atto come in Sud Sudan, per quanto positivi, assorbono energie ai sistemi, primo fra tutti quello sanitario. Senza parlare di tutte quelle situazioni di grave instabilità politica, dittatura, carestie o emergenze umanitarie che piagano tanti Paesi del continente: l’ultima, in ordine di tempo, l’epocale invasione di locuste – tra i 200 e i 300 miliardi – che sta mettendo in ginocchio Corno d’Africa, Africa centrale e penisola arabica. Sono molte, infine, le nazioni, che già fronteggiano gravi fenomeni epidemici come Ebola, morbillo ecc.

Nel frattempo, aumentano, consequenzialmente ai dati, gli Stati africani che ricorrono a drastiche misure per contenere il contagio. Il Sudafrica ha annunciato lo stato di calamità e restrizioni nei visti di ingresso e negli spostamenti dei propri cittadini oltre che per assembramenti di più di 100 persone. Le scuole saranno chiuse fino a Pasqua. Per Algeria, Ghana Senegal, Ruanda, Kenya proibizione di assembramenti, chiusura delle scuole e di altri luoghi pubblici e grande enfasi sulle misure preventive.

I pareri degli scienziati attorno alla diffusione del virus in Africa non sono unanimi. Si oscilla tra il pessimistico «Temo che si tratti di una bomba a orologeria per il continente» di Bruce Bassett, un esperto dell’Università di Cape Town che studia il Covid-19 dal gennaio scorso, e il più speranzoso «L’assenza di decessi potrebbe significare che non ci sono ancora grandi focolai non rilevati. Non possiamo ancora sapere perché i contagi siano così pochi, ma le misure di isolamento adottate dai paesi potrebbero aver giocato un ruolo chiave» di Jimmy Whitworth della London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM). Mary Stephen, public health expert dell’OMS, come riportato dall’Agi, sostiene che i Paesi africani potrebbero mostrare una maggiore resistenza a causa della età media decisamente più bassa del mondo occidentale: «Nel Regno Unito l’età media è di 40,5 anni, in Cina 37,4, mentre in Togo e in Camerun le soglie raggiungono una media di 19,8 e 18,5». In ogni caso, la speranza è che non si verifichi neanche lontanamente quanto sta avvenendo in Europa o in America del Nord al momento perché – su questo concordano tutti gli esperti – l’Africa non sarebbe in grado di sostenere gli sforzi sanitari necessari e i sistemi sanitari di molti Paesi, già provati, andrebbero al collasso. Lancet ha pubblicato uno studio il 20 febbraio scorso da cui risulta che il 74% dei Paesi africani avrebbe elaborato un piano di azione per fronteggiare la diffusione del virus a livello pandemico. Allo stesso tempo, però, la ricerca mette in luce quanto i sistemi siano in gran parte desueti (precedenti alla pandemia influenzale A H1N1, più nota come influenza suina) e sostanzialmente inadeguati a fronteggiare una pandemia globale.

Immagine: Medico africano nell’atrio di un ospedale in Africa. Crediti: sqofield / Shutterstock.com

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