16 marzo 2023

Il fallimento della Silicon Valley Bank

 

Il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) e la chiusura di Signature Bank non hanno terremotato l’economia degli Stati Uniti come si era temuto; anche se rappresentano un segnale importante di svolta e di fragilità del sistema, le conseguenze sembrano per ora limitate, anche grazie all’intervento del governo americano e della Federal Reserve (FED). Lo spettro di una crisi simile a quella del 2008 sembrava allontanarsi, dopo alcune giornate di diffusa preoccupazione, ma il sospiro di sollievo dei mercati è durato poche ore; subito dopo la scossa creata dai casi di SVB e di Signature, si sono manifestate mercoledì 15 le gravi difficoltà di Credit Suisse, in forte perdita, dopo l’annuncio degli investitori sauditi di non voler immettere ulteriori capitali nell’istituto bancario svizzero. Un segnale che ha avuto forti ripercussioni sulle borse europee, in calo dopo l’apertura negativa di Wall Street.

Molti analisti parlano paradossalmente di un ritorno alla normalità; lo scossone sarebbe il segnale della fine di una fase caratterizzata dai tassi di interesse estremamente bassi, e quindi fondata sull’illusione che il denaro non avesse più un costo e che lo sviluppo dei settori tecnologici sarebbe stato senza interruzioni. Quando  ̶  per contrastare l’innalzamento brusco dell’inflazione verificatosi nel 2022, collegato alla fuoriuscita dalla pandemia e dall’aumento dei costi delle materie prime incrementato anche dal conflitto in Ucraina  ̶  sono saliti i tassi di interesse, un progetto come quello della SVB ha mostrato rapidamente i suoi limiti, che poi sono quelli legati all’estrema finanziarizzazione dell’economia. La SVB aveva come suo scopo originario il finanziamento di start up e la gestione del venture capital che le veniva affidato; con il drastico calo degli investimenti di venture capital, la banca si è trovata in crisi di liquidità, perché le start up hanno iniziato a ritirare i loro depositi. Il governo e la FED di fronte ai casi SVB e Signature Bank, che era molto esposta nell’ormai fragile mercato delle criptovalute, sono intervenuti modificando le regole di protezione dei depositi, per prevenire una reazione a catena.

Negli Stati Uniti nei casi analoghi la regola era che soltanto i primi 250.000 dollari di un conto corrente venivano garantiti dal Fondo di tutela. Gli altri non erano protetti e se la banca falliva quelli sopra questa soglia vengono persi. Nel caso della Silicon Valley Bank però la stragrande maggioranza dei clienti erano aziende attive nella transizione ecologica e nelle energie rinnovabili con depositi superiori al tetto dei 250.000 dollari. Il rischio di un effetto a catena era molto grosso e quindi il governo ha deciso di proteggere tutti, anche oltre la soglia dei 250.000 dollari. Questo intervento non ricade però sui conti pubblici e quindi sui contribuenti ma sul Fondo di tutela dei depositi, quindi sul sistema delle banche che si assumerebbe complessivamente i costi della protezione. Un’operazione non facile perché l’intervento richiesto per SVB e Signature Bank ammonta al doppio (265 miliardi) delle attuali disponibilità del Fondo. Quindi non si cancella la crisi con un colpo di penna ma il sistema bancario nel suo complesso parzialmente se l’assume, salvando i correntisti, ma non i dipendenti né gli azionisti. I timori di un crollo del sistema sembravano già martedì attenuati, con una risalita dei titoli delle banche negli Stati Uniti; in questo contesto, le difficoltà di Credit Suisse hanno scosso i mercati europei già messi in allarme dalle vicende negli Stati Uniti.

Apparentemente le due situazioni non sono strettamente collegate e gli esperti del settore hanno sottolineato come i meccanismi di controllo nei Paesi dell’Unione Europea siano molto più stringenti ed efficaci e possano impedire reazioni a catena. Inoltre, Credit Suisse era in difficoltà da tempo; i titoli sono precipitati quando il principale azionista, Saudi National Bank (SNB), ha comunicato che non avrebbe fornito ulteriore liquidità all’istituto bancario svizzero. Se però i casi sono differenti il contesto dentro cui si muovono è quello dell’attuale disordine mondiale, con tensioni molto forti nel campo energetico e il rischio che i conflitti geopolitici si allarghino. L’incertezza soffia forte sull’economia mondiale, anche se molti osservatori hanno messo in rilievo che, come nel caso della pandemia e in quello della guerra, anche la crisi delle banche potrebbe rappresentare per alcuni l’occasione di importanti profitti. Si è parlato, ad esempio, in questi giorni di un interessamento di Elon Musk per la crisi di SVB allo scopo di costituire, sulle sue ceneri, una nuova banca digitale; un’iniziativa che potrebbe avere riflessi sul mercato dell’innovazione tecnologica e delle criptovalute e portare elementi di novità nello stesso mondo delle banche.

 

Immagine: La sede della Silicon Valley Bank presso l’edificio Hayden Ferry Lakeside I, Tempe, Arizona, Stati Uniti (10 gennaio 2020). Crediti: Tony Webster [ Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)], attraverso  www.flickr.com