Robert Kagan, discusso politologo americano, ha parlato di America e Europa come di Marte e Venere. L’America sarebbe Marte perché vittima di una concezione hobbesiana delle relazioni internazionali, l’Europa sarebbe Venere perché vittima dell’illusione kantiana della pace perpetua.

Il problema, agli occhi di Kagan, è che la seconda può vivere in “paradiso” grazie proprio alla potenza militare della prima. La pax mercatoria di cui gode l’Europa sarebbe quindi frutto del primato militare americano. Una rendita di posizione opportunista, dal momento in cui i paesi si professano legalitari solo quando non sono abbastanza forti. L’Europa non ha mai esitato ad usare cannoni e spade quando il suo primato militare non era in discussione. Ora che è militarmente inesistente, il vecchio continente si professa “potenza pacifica”.

Una premessa, quella di Kagan, indispensabile per sgombrare il campo dalla fuorviante narrazione di una politica internazionale popolata da “buoni” e “cattivi”. Qui si tratta di interessi e rapporti di forza. All’alba di questo 2013, con un’economia che arranca, è lecito che Europa e America trovino risposte a degli interrogativi: quanto l’Europa potrà contare ancora sulla garanzia militare americana? Quanto conviene all’America farsi ancora carico dell’Europa?

Interrogativi che molti anni prima hanno dato vita ad una querelle tra due grandi teorici della politica internazionale. Da una parte Paul Kennedy, storico britannico delle Relazioni Internazionali, ha teorizzato la non sostenibilità del primato militare americano nel lungo periodo. Dall’altra lo stesso Kagan ha sostenuto la permanenza del primato militare americano, che non sarebbe in discussione nemmeno in questo momento di crisi economica (fa notare Kagan che gli Usa impegnano “solo” il 4% in spese militari).

L’inconsistenza geopolitica ed economica dell’Europa è evidente. Incapace di giocare qualsiasi influenza nel turbolento quadrante mediterraneo, e in una fase dove la Storia la chiama a distribuire le carte, il vecchio continente ha pagato anni di illusoria mollezza militare. Ma l’America? L’ultimo documento ufficiale del Pentagono sulla difesa militare sgombra il campo da qualsiasi sirena declinista. L’America primeggia ancora rispetto a tutti gli avversari, Cina in testa, ed è intenzionata a non cedere di un millimetro nel futuro.

I teorici del post-americanismo, cui Obama ha spesso strizzato l’occhio, sono avvisati. Nel documento si mette una pietra tombale sul tanto discusso surge – dottrina militare delle amministrazioni neocon – sperimentato con esiti ancora oggi oggetto di dibattito in Iraq e Afghanistan. Il motivo, più che strettamente militare è economico. Sostenere l’invio massiccio di truppe è molto costoso sia in termini economici sia umani. Un soldato morto a Bassora oggi vale molto di più di un soldato morto alle Termopili ieri.

La soluzione americana per bilanciare il primato in un’era di austerità economica e di riluttanza alle perdite umane è il crescente ricorso all’artiglieria robotizzata. Il futuro sarà lo sviluppo delle nano-scienze, dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie applicate all’universo militare. Gli eroi americani di domani si chiameranno Reaper, Sentinel. Avranno sì braccia, gambe e un cervello, ma tutto sarà artificiale e computerizzato.

Un report commissionato nel 2007 al congresso americano sullo stato dell’avanzamento bio-tecnologico in campo militare portava l’eloquente sottotitolo “Il futuro sta arrivando prima di quello che pensate”. Oggi, con uno spaesamento ben descritto da Jane Mayer sul The New Yorker, i soldati americani combattono dietro postazioni online dal Nevada, con schemi e joystick e su comode poltrone. Dopo due ore passate virtualmente in qualche recondita valle pachistana ad inseguire terroristi, sono di nuovo a casa a giocare con i figli o al fast food a ordinare un cheesburger.

Ore e ore di faticosi addestramenti militari sostituite dall’abilità nel portare a termine una missione di Call of Duty 4. Lo step successivo, e manca davvero poco, sarà la completa automazione dei sistemi d’arma. La nascita di robot completamente autosufficienti che saranno capaci di assumere decisioni operative senza più alcuna interazione umana. L’oscuro X-47B, il più avanzato drone su cui è al lavoro l’agenzia che si occupa di progetti tecnologicamente avanzati dal Pentagono, ha già alcune ore di volo all’attivo. Avremmo presto teatri di battaglia virtuali dove soldati automatizzati si scontreranno secondo logiche decise da computer globali interconnessi, mentre noi potremmo occuparci della nostra quotidianità, convinti che la guerra sia lo scomodo retaggio di un’epoca di sottosviluppo civile, economico e morale.

La guerra cibernetica, secondo il Pentagono, è un caposaldo del primato militare americano per gli anni che verranno. È ormai tutto fuorché materiale per sceneggiature cinematografiche. La possibilità che un adolescente brufoloso, con una spiccata abilità informatica, minacci direttamente il Pentagono indossando una maschera di Guy Fawkes, è lo scenario elaborato dall’agenzia d’intelligence privata Stratfor in un report consegnato al Pentagono.

Nella quinta dimensione (l’unica creata interamente dall’uomo) l’America dovrà confermare il proprio primato militare per poter continuare a dormire sonni tranquilli. I segnali sono tutt’altro che rassicuranti. Gruppi d’insorti sono in grado di rubare le immagini acquisite dai droni americani utilizzando il programma SkyGrabber che è possibile acquistare online per meno di 26 dollari. Un software simile a quello utilizzato per vedere il campionato di calcio sul proprio laptop senza pagare gli abbonamenti pay-per-view.

Lo scorso dicembre un drone Sentinel è scomparso dai radar americani mentre sorvolava cieli iraniani. Il motivo non è ancora chiaro, ma pare che il drone sia stato “confuso” da un’azione di disturbo nel rimpallo del segnale Gps al satellite in orbita da un vecchio radar di fabbricazione russa. Il più avanzato sistema d’arma americano compromesso da un vecchio ammasso di ferraglia che in America sarebbe esposto in un museo militare. E potremmo continuare.

Come difendersi da nuove minacce? Ricorrendo a vecchi trucchi. Il Darpa, il laboratorio dove il Pentagono mette a punto i laboratori più segreti, sta lavorando ad un sistema di difesa denominato “Crash”. Si tratta di un ombrello difensivo, una sorta di linea Maginot 2.0 (si spera destinata a maggior successo), basato sull’applicazione in campo militare delle risposte dei sistemi biologicamente avanzati alle normali infezioni, come i virus dell’influenza. Un sistema immunitario globale, capace di adattarsi alla minaccia, studiare il nemico e rielaborare risposte adeguate in tempo reale. I dettagli del piano sono top secret. A chi chiede quali siano le probabilità di successo la risposta suona sinistra “è come riparare un’auto mentre è lanciata a tutta velocità in autostrada”. A meno di non essere un supereroe, vuol dire che è molto difficile.

Pubblicato in collaborazione con Meridiani Relazioni Internazionali