La prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, ha guadagnato negli ultimi mesi una vasta popolarità a livello internazionale, come rappresentante di una “nuova Europa” pronta a respingere in maniera netta l’aggressione russa in Ucraina. La premier estone si trova però in difficoltà sul fronte interno, complice una crisi politica che potrebbe portare alla fine della sua esperienza da capo del governo. Leader del Partito riformatore (ER, Eesti Reformierakond), Kallas ha deciso a inizio mese di estromettere dall’esecutivo i sette ministri appartenenti al Partito di centro (EK, Eesti Keskerakond), l’altra componente della coalizione creatasi nel gennaio 2021. Causa di tale sviluppo è stata la scelta dei centristi di votare, insieme all’opposizione, a favore di un disegno di legge che raddoppiava gli aiuti alle famiglie, in contrasto con le linee programmatiche dell’accordo di governo. Questa mossa ha rappresentato il culmine di una relazione sempre più tesa tra i due partner di coalizione, motivata anche da ragioni che travalicano le questioni prettamente politiche. Secondo diversi commentatori estoni, la visibilità guadagnata da Kallas ha in qualche modo creato uno squilibrio nel rapporto tra le due formazioni di governo. L’ex premier Jüri Ratas, leader del Partito di centro, resta infatti una figura ambiziosa nel panorama politico nazionale. Dopo aver ceduto l’incarico di primo ministro a inizio 2021 a causa di un caso di corruzione che ha coinvolto l’EK, Ratas ha accettato di formare un nuovo esecutivo con i Riformatori, pur rimanendo escluso personalmente dalla squadra di governo. Le tensioni tra i due partiti degli ultimi mesi hanno esacerbato le potenziali instabilità nella coalizione, a fronte di una situazione internazionale in cui Kallas ha potuto guadagnare prestigio come portavoce della linea dura contro la Russia e il presidente Vladimir Putin.
Pur guidando una nazione piccola e considerata “marginale” in ambito europeo, la premier dell’Estonia ha assunto un ruolo da protagonista nella campagna di sostegno all’Ucraina, sia in termini militari sia politici, auspicando inoltre una pronta adesione di Kiev all’Unione Europea (UE). Negli ultimi mesi Kallas ha rilasciato interviste ai principali media continentali e a quelli oltreoceano, divenendo un volto noto in tutto il mondo. La prima ministra è stata soprannominata “la nuova Iron Lady europea” proprio per la sua retorica combattiva, determinata a non lasciare alcun margine al Cremlino nello scontro con l’Occidente, a seguito dell’invasione dell’Ucraina. In un intervento di pochi giorni fa per il Washington Post, Kallas ha messo in evidenza i propri timori «per le richieste da parte dei leader europei in merito a negoziati di pace», che a suo giudizio rischiano di dare un vantaggio sostanziale alla Russia. La premier ha respinto in maniera netta le prospettive di un accordo per concludere la guerra, spiegando come tale scenario «condurrebbe a una preoccupante situazione di insicurezza in Europa». Si tratta di una linea in aperto contrasto con i tentativi diplomatici – seppur blandi ‒ condotti finora da alcune cancellerie europee e che delinea una frattura sostanziale anche all’interno dell’UE in merito ai futuri sviluppi del conflitto in Ucraina. L’Estonia si posiziona apertamente tra i “falchi” insieme alle altre nazioni baltiche, alla Polonia e al Regno Unito, con i quali si è da mesi sviluppato un rapporto di cooperazione in materia di sicurezza. Lo spazio che i media britannici hanno dato a Kallas da inizio 2022 è esemplare di questa dinamica: la leader estone è in qualche modo assurta a paradigma e portavoce della resistenza dei Paesi dell’Europa orientale di fronte alla minaccia russa.
Sembrerebbe dunque che Ratas e il Partito di centro temano la popolarità di Kallas per un mero calcolo elettorale. In realtà alcuni commentatori evidenziano anche il peculiare rapporto tra l’EK e la minoranza russa del Paese baltico, che costituisce circa un quarto del totale della popolazione estone e rappresenta un importante bacino di voti per la formazione centrista. Il partito di Ratas avrebbe quindi una motivazione chiara nel “sabotare” il governo di Tallinn, a fronte delle istanze sostenute dall’attuale premier. La stessa Kallas ha accusato il Partito di centro di lavorare contro gli interessi e i valori nazionali, minando l’indipendenza dell’Estonia. A fine maggio le tensioni costanti tra i due partiti, culminate con la scelta dell’EK di sostenere la mozione dell’estrema destra di EKRE per raddoppiare i sussidi alle famiglie, hanno inevitabilmente condotto a una rottura definitiva. Kallas dovrà ora trovare una nuova coalizione pronta a sostenerla come premier, cercando un’intesa con i conservatori di Isamaa e i Socialdemocratici. I negoziati in corso con questi due partiti sembrano poter offrire a Kallas una seconda opportunità di guidare il Paese baltico, per quanto al momento in cui scriviamo non sia ancora stato raggiunto un accordo: tra gli elementi di maggiore criticità figura la spinta di Isamaa per l’inserimento nell’agenda del futuro esecutivo di un pacchetto di aiuti alle famiglie, quello che era stato il “pomo della discordia” tra ER e EK. In ogni caso, le tre forze politiche, secondo la premier estone, hanno diversi elementi in comune per dare forma a un nuovo governo, in un contesto di forti tensioni geopolitiche che richiedono inevitabilmente uno impegno condiviso da parte dei partiti nazionali. A preoccupare davvero è però l’andamento dell’economia, considerando che a fine maggio le stime flash Eurostat hanno segnato un tasso di inflazione al 20% in Estonia, il dato più alto dell’eurozona e un segnale allarmante per il futuro prossimo. Del resto, gli avversari di Kallas la accusano di aver prestato più attenzione negli ultimi mesi alla politica estera piuttosto che al benessere dei cittadini. In caso di successo nelle trattative con Isamaa e i Socialdemocratici, la premier estone dovrà quindi ricalibrare gli sforzi del governo verso la stabilità e la ripresa economica interna, senza mettere tuttavia in secondo piano le proprie ambizioni a livello internazionale.