Il 21 gennaio, in una cerimonia pubblica davanti a un museo storico di Santiago, il presidente eletto, Gabriel Boric, ha svelato la lista dei membri del gabinetto che lo affiancherà dall’11 marzo, quando entrerà ufficialmente in carica come capo di Stato. Dei 24 posti, 14 sono assegnati a donne e 10 a uomini, cosa che non ha precedenti nella storia politica del Cile e dell’America Latina. Inoltre, ha annunciato che il nucleo o comitato politico del presidente, incaricato di realizzare l’agenda del governo, tradizionalmente formato dai ministri dell’Interno (che sostituisce il presidente in sua assenza), della Secretaría General de la Presidencia (collegamento con il Parlamento) e della Secretaría General de Gobierno (portavoce ufficiale), sarà esteso ai ministri di Hacienda (Finanze) e delle Donne (Genere). Rispettivamente, Izkia Siches, 35 anni, medico; Giorgio Jackson, 34 anni, ingegnere civile; Camila Vallejos, 33 anni, geografa; Mario Marcel, 62 anni, economista; Antonia Orellana, 32 anni, giornalista. Ci saranno tre donne e due uomini, e quattro particolarità: la prima è che, per la prima volta, il portafoglio degli Interni sarà tenuto da una donna; la seconda è che un militante del Partito comunista entrerà nel comitato politico; la terza è che la questione della parità di genere sarà una priorità; la quarta è che l’età media dei ministri sarà di 39,2 anni, o 33,5 se si esclude il ministro Marcel. Quest’ultimo ha lasciato il suo posto di presidente della Banca centrale, che gode di piena autonomia, e dove era stato confermato per un nuovo mandato di cinque anni.

Un’altra sorpresa, assai simbolica, è che una donna è stata nominata al portafoglio della Difesa, Maya Fernández Allende, deputata socialista, biologa e nipote del presidente Salvador Allende, che fu rovesciato nel 1973 dai militari quando lei era una bambina di 2 anni e dovette andare in esilio a Cuba con i suoi genitori. Non è l’unica ministra cresciuta in esilio; lo è anche la futura ministra degli Esteri, Antonia Urrejola, un avvocato di 53 anni, cresciuta nel Regno Unito, dove si erano rifugiati i suoi genitori. Al di là delle storie personali dei nuovi ministri, che sono molte, c’è l’apertura dimostrata dal presidente eletto ad allargare il governo alle forze del centrosinistra socialdemocratico, nominando ministri esponenti di partiti che hanno sostenuto il candidato democristiano al primo turno delle elezioni, l’unico partito che non è stato incorporato almeno in questa fase. Dei 24 ministri nominati, 8 sono indipendenti, senza alcuna militanza politica alle spalle. Poi, della coalizione del Frente Amplio, composta da diversi partiti più il Partito comunista, che era la forza dietro la candidatura di Boric quando ha vinto le elezioni primarie nel suo campo, quattro ministri appartengono alla “tenda” del presidente eletto, chiamata Convergencia Social. Tre appartengono a Revolución Democrática e tre al Partito comunista. I partiti socialdemocratici sono rimasti con quattro ministri, più uno per i liberali e uno per i verdi regionali.

Il cambiamento nella politica cilena è molto significativo non solo per il cambio di età, ma anche perché mette fine a un ciclo politico del centrosinistra iniziato nel 1990, dove l’asse dell’unità era incentrato sull’alleanza tra la Democrazia cristiana e il Partito socialista, che ora si è concluso. Inoltre, tre ministri comunisti sono entrati nel gabinetto, uno di loro nel comitato politico, una donna nel ministero del Lavoro e uno scienziato, un accademico dell’Università del Cile, nel ministero della Scienza, Tecnologia e Innovazione. Boric e il suo entourage politico hanno dimostrato grande acume e senso di responsabilità politica aprendo la coalizione ai settori del centrosinistra, cosa che è stata sottilmente contrastata soprattutto dal Partito comunista. Settori della sinistra radicale non sono contenti dell’inclusione di ministri come quello delle finanze ‒ considerato un neoliberale ‒ che sarà a guardia della spesa e degli equilibri macroeconomici, e che inizierà con un bilancio che è stato approvato con il 22% in meno del 2021. Il programma include una riforma sostanziale del sistema pensionistico privato, un piano sanitario universale e la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, tra molte altre misure radicali. Il presidente eletto ha capito subito che, non avendo la maggioranza in nessuna delle Camere, dove sono praticamente in parità, dovrà lavorare con le forze del centrosinistra e conquistare i voti dell’opposizione di centrodestra per approvare leggi che genereranno un ampio dibattito. Da qui l’attenta selezione dei ministri, specialmente di quelli delle Finanze e dell’Economia. Non appena sono stati annunciati i loro nomi, la Borsa di Santiago è salita e il dollaro, il cui valore era cresciuto a causa dell’incertezza, è tornato alla sua quotazione normale. Il settore conservatore legato al mondo degli affari e fedele alla linea dura in materia economica ha fatto gli auguri al presidente eletto, e il gabinetto nominato ha apparentemente dato loro tranquillità, almeno per il momento. Resta da vedere da marzo in poi come si comporteranno la destra e anche i settori massimalisti della sinistra.

Il compito più difficile del nuovo governo consiste: nel mantenere la fiducia e gli equilibri economici per non rallentare gli investimenti che generano posti di lavoro; riattivare l’economia, pacificare la zona sud dove la violenza dei gruppi indigeni – Mapuche ‒ ha causato morti e distruzione di proprietà pubbliche e private; ridurre la criminalità e attuare le principali proposte del programma che ha mobilitato i milioni di elettori che hanno riposto la loro fiducia nella nascita di un nuovo Cile. L’impegno è ambizioso: dare dignità a uomini e donne, ridurre le disuguaglianze che sono state una delle cause dell’esplosione sociale del 2019 e avanzare verso una società dei diritti sociali. Il successo nell’adempimento di questi compiti, tra gli altri, dipende da qualcosa di ancora più importante per il Cile: l’approvazione della nuova Costituzione che la Convenzione costituzionale ha iniziato a scrivere, che deve essere conclusa il prossimo luglio e che sarà sottoposta a un plebiscito con voto obbligatorio. La Convenzione costituzionale si sviluppa lungo una traiettoria completamente parallela al governo. Può essere illustrata nel modo seguente: su un totale di 155 membri della Convenzione solo 51 appartengono a partiti politici, cioè c’è totale autonomia e libertà circa quello che discutono e ciò che proporranno al Paese, insieme ad una grande sfiducia e poca credibilità nei partiti.

I primi sei mesi di governo saranno cruciali per le misure adottate per mantenere accesa la fiamma che ha mobilitato soprattutto i giovani. L’ansia non è mai stata una buona consigliera, ma questa è una generazione di giovani politici la cui principale critica degli ultimi 30 anni è che le politiche sono state adattate al neoliberismo, che ha aumentato il modello di esclusione che intendono sostituire. L’approvazione della nuova Costituzione del Cile dipende in gran parte anche dal loro successo.

Immagine: Manifestazione di piazza, Santiago, Cile (20 ottobre 2019). Crediti: Ignacio Bustamante / Shutterstock.com

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