Andy Wharol aveva predetto 15 minuti di celebrità per ogni individuo sulla Terra. La fama di Nakoula Basseley Nakoula, cristiano copto egiziano residente negli Usa e produttore del film “Innocence of muslims” che ha infiammato il mondo islamico, è durata un po’ di più ma è probabilmente destinata a tramontare nei brevi tempi previsti dal padre della pop art. Pian piano il fuoco delle proteste si va affievolendo, ma le immagini dei manifestanti davanti all’ambasciata americana del Cairo, dell’assalto al consolato Usa a Bengasi in cui ha perso la vita l’ambasciatore Christopher Stevens e la successiva diffusione in forma quasi “epidemica” delle rivolte, ci hanno consegnato un’istantanea di un’immensa regione geopoliticamente instabile ed in continuo fermento, dal Maghreb, alla Penisola araba fino al Pakistan. Anche nel piccolo e ricchissimo emirato del Qatar, noto agli analisti di geopolitica per il suo sostegno alla causa dei protagonisti della “primavera siriana”, non sono mancate le rimostranze per una pellicola che offende la sensibilità dei fedeli musulmani, che non soltanto rappresenta il profeta Maometto nelle sue fattezze umane – cosa di per sé già inaccettabile per l’ortodossia islamica – ma addirittura lo dipinge come un poco di buono ed un inguaribile donnaiolo. Circa 2.000 persone si sono riversate nelle strade della capitale qatariota Doha, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine locali, per dirigersi verso l’ambasciata americana e far sentire la loro voce al grido di “Allah è il nostro Dio e Maometto è il suo profeta” e del più sinistro, anche se abbastanza isolato, “Obama, Obama, qui siamo tutti Osama! (bin Laden)” Proprio dal Qatar è però rimbalzata la notizia che una famosa compagnia nazionale, la AlNoor Holdings, avrebbe in cantiere la realizzazione di una trilogia dedicata al grande profeta dell’Islam Maometto, la cui produzione cinematografica dovrebbe essere affidata ad un produttore di chiara fama internazionale come Barrie Osborne, che ha già finanziato la saga de “Il signore degli anelli” e “Matrix”. Dunque un progetto ambizioso, i cui costi sono stati stimati in circa 150 milioni di dollari a pellicola e che avrà l’obiettivo, secondo quanto recita il comunicato emesso dalla AlNoor Holdings, di svelare al mondo “la vera immagine del profeta”. In realtà, le proteste seguite alla traduzione in arabo del trailer di “Innocence of muslims” pubblicato su YouTube hanno soltanto svolto l’involontaria funzione di cassa di risonanza per un progetto che aveva già preso forma nel 2009, come testimoniano i lanci di agenzia di tre anni fa che annunciavano la produzione di “un grande film (dunque non una trilogia, ndr) sulla vita di Maometto” che nelle parole di Barrie Osborne avrebbe rappresentato “un ponte fra culture diverse ed educato la gente sui veri valori dell’Islam”. Mettendo da parte la scarsa originalità nella redazione di due comunicati fra loro assai simili, c’è però una puntualizzazione nel testo diffuso nel 2009 che potrebbe aiutare a far luce su uno degli aspetti più controversi della questione: la raffigurazione umana del profeta Maometto. Negli ultimi giorni, numerosi commentatori hanno giustamente sottolineato come questa produzione rischi di gettare ulteriore benzina sul fuoco in un fronte estremamente incandescente per i tumulti della “primavera araba” e di rendere ancora più profonde le già ampie fratture esistenti fra le diverse anime dell’Islam; considerazione che non può essere sfuggita ai qatarioti della AlNoor Holdings. Anche se della cosa non si fa menzione nelle agenzie lanciate pochi giorni fa, il comunicato del 2009 affermava chiaramente che nel film non ci sarebbe stata alcuna rappresentazione di Maometto, in ossequio ad uno dei dettami della religione musulmana. Di tale particolare non si fa cenno nell’ultimo comunicato recentemente diffuso, ma è lecito chiedersi come sia possibile dedicare una trilogia a Maometto senza che il profeta venga mai rappresentato. Lasciando la risposta agli esperti di cinema, è bene tuttavia puntualizzare che sono stati consultati eminenti studiosi dell’Islam e figure di spicco nella conoscenza della sharia e che il progetto sarà seguito da vicino dal Presidente dell’Unione Internazionale degli Studi Islamici Yousuf Qaradawi, già importante esponente dell’organizzazione dei Fratelli musulmani. Il dinamico Qatar, che da tempo intende proporsi come polo culturale della regione e si è dimostrato molto sensibile al fascino del cinema tanto da istituire nel 2009 il “Doha Tribeca Film Festival” per promuovere le eccellenze della cinematografia araba, sarà sicuramente vigile sulle future evoluzioni e non lascerà nulla al caso.