Il 20 agosto 2012 il presidente americano Barack Obama ha dichiarato che, se il presidente siriano Bashar Assad avesse cominciato a usare le armi chimiche contro i cittadini del suo Paese, gli Stati Uniti avrebbero considerato questo comportamento "la linea rossa". L'implicazione era che una tale mossa da parte di Assad avrebbe portato ad intervento americano in Siria. Secondo quanto spiegato da Ronen Bergman, giornalista investigativo israeliano in un articolo apparso su Foreign Policy, alcuni funzionari del Ministero degli esteri israeliano credevano che Obama avesse "tirato" quella linea perché credeva che i siriani non non l'avrebbero mai attraversata. Se questo era il presupposto, Obama e la sua intelligence l'avevano basato - perlomeno in parte - sulle valutazioni ricevute dai servizi segreti israeliani, che da molti anni hanno lanciato una campagna clandestina per mettere a nudo le intenzioni di Assad e che, per la loro attendibilità e lealtà, sono emersi come partner primari degli Stati Uniti nella raccolta di informazioni sui regimi mediorientali.

Secondo due ex ufficiali dell'intelligence israeliana di alto rango con cui Bergman parlò prima che Obama accennasse alla "linea rossa", i servizi segreti israeliani ritenevano che Assad, al momento, non avrebbe usato armi di distruzione di massa e avrebbe mantenuto il suo arsenale chimico come merce di scambio per chiedere, se necessario, asilo politico per sé stesso, i suoi familiari e i suoi stretti collaboratori. Oggi sappiamo che Israele si sbagliava.

Il 10 marzo 2013 fonti di intelligence israeliane iniziarono a riportare che il regime siriano aveva fatto uso di armi chimiche. Per avere certezza di quanto stesse accadendo le informazioni vennero verificate in due modi: "origliando" le frequenze tattiche dell'esercito siriano e attraverso satelliti di sorveglianza per monitorare l'attività fuori dai bunker siriani noti all'intelligence per essere il luogo di stoccaggio delle armi chimiche.

Israele, come sempre, condivise le sue conclusioni con gli Stati Uniti, ma Washington non riconobbe la veridicità di tali constatazioni. Era chiaro, per gli israeliani, che gli Stati Uniti videro in tali constatazioni una patata bollente che il presidente non era in vena di tenere dopo l'avvertimento della "linea rossa". Senza cogliere il profondo significato politico di pubblicizzare in anteprima all'opinione pubblica mondiale questo materiale (o forse intenzionalmente per fare pressione su Washington), il generale Itai Brun, capo del Aman, la divisione di ricerca del corpo militare israeliano di intelligence, dichiarò chiaramente in un discorso pubblico tenuto il 23 aprile presso l'Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale di Tel Aviv che il governo siriano aveva usato armi chimiche contro i suoi cittadini.

La rabbia e l'imbarazzo dell'amministrazione Obama furono palesi, tanto che Washington cercò di surgelare la questione con i media per qualche giorno nel tentativo di avere ulteriori chiarimenti da Israele. Alla fine, in seguito ad un rapporto presentato alle Nazioni Unite da Gran Bretagna e Francia, l'amministrazione Obama dovette ammettere che le informazioni erano corrette. Da allora, sempre secondo Bergman, per evitare tumulti simili è fatto divieto agli agenti di Aman di apparire in conferenze pubbliche.

A ogni modo, il coordinamento di intelligence tra Israele e gli Stati Uniti non ha sofferto di quanto accaduto. Israele continua a essere il guardiano degli interessi statunitensi nell'area mediorientale e a condividere con gli Usa la grande quantità di informazioni che ha sulla Siria e sugli altri paesi dello scacchiere mediorientale. A conferma di questo sono le parole del generale Uri Sagi, ex capo dell'intelligence militare israeliana, che ha detto a Bergman: "Abbiamo una vasta conoscenza di ciò che sta accadendo in Siria. La nostra capacità di raccogliere informazioni è profonda. Israele è gli occhi e le orecchie, a volte esclusivamente, a volte come aiuto complementare, a ciò che l'intelligence statunitense è in grado o non è in grado di raccogliere in sé".

Pubblicato in collaborazione con Meridiani Relazioni Internazionali