Il 24 agosto scorso ha scandito il sesto mese della guerra avviata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina. È una guerra ormai descritta dalla Santa Sede «come moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega». Gli ‘oracoli geopolitici’, così di moda e sempre à la page, ne prevedevano la fine entro sei giorni e dopo sei mesi è bene rammentarlo a beneficio futuro. Privi del senso di realtà, costoro si dicono ancora «realisti». Ricordano invece l’oracolo di Delfi quando accettò l’invasione persiana e scoraggiò la resistenza greca, suscitando poi le beffe di Euripide e la satira di Aristofane. L’oracolo ristabilì la propria influenza politica dopo tale ‘errore’ marchiano e vedremo se ciò accadrà anche per i suoi epigoni, nostri coevi. Nel frattempo la tenace resistenza ucraina prosegue sul campo di battaglia e ha assunto il tono politico sancito dal presidente Zelenskij proprio nel suo discorso del 24 agosto, pronunciato per la giornata dell’indipendenza dell’Ucraina: «Per noi il ferro più terribile non sono i missili, gli aerei e i carri armati, ma le catene. E alzeremo le mani solo una volta: quando festeggeremo la nostra vittoria». «La nostra vittoria» è per Zelenskij «tutta l’Ucraina», ossia il governo di «tutte le 25 regioni, senza alcuna concessione o compromesso» con l’invasore.

Lo scoccare del sesto mese di guerra è coinciso con uno stallo relativo sui fronti principali ma segnato da una serie di contrattacchi ucraini di una certa portata tattica. I più emblematici e plateali sono stati compiuti contro obiettivi delle forze armate russe stanziate proprio nella Crimea occupata e annessa dalla Russia otto anni fa. Non va difatti trascurato che da allora la Crimea rappresenta anche, dal punto di vista strategico, una sorta di corrispettivo meridionale della Bielorussia, ossia un avamposto sostanziale per il piano d’invasione russa e il suo tentativo di espansione e occupazione. Al di là delle azioni di contrattacco e della loro localizzazione che oggi riguardano in particolare anche la zona di Cherson, la resistenza ucraina nella sua dimensione controffensiva attuale è comunque indirizzata allo scopo d’infrangere il fronte nemico e interromperne il più possibile le linee logistiche. Si vedrà maturare o fallire, nel tempo a venire, l’esito di questa controffensiva e si capiranno le conseguenze sull’andamento della guerra. Il suo scopo è d’altronde perseguibile solo con l’aiuto costante dei numerosi Stati che sostengono l’Ucraina in modo indispensabile e fondamentale per lo sforzo bellico.

L’impegno molteplice di questi Stati – dagli Stati Uniti d’America ai piccoli baltici – si coalizza nel sostenere una politica di bilanciamento contro l’espansionismo russo, a prescindere dal fatto che l’Ucraina non è parte né dell’Alleanza atlantica né dell’Unione Europea. Questo impegno politico è coerente perché, dopo sei mesi di una guerra devastatrice, le conseguenze dell’espansionismo russo investono ormai chiaramente non solo l’esistenza dell’Ucraina bensì il mantenimento dell’equilibrio europeo e di conseguenza quello internazionale. L’impressionante guerra della Russia contro l’Ucraina riecheggia sempre nella politica internazionale anche perché essa investe una gamma fondamentale di accordi condivisi dagli Stati europei – Russia compresa – per definire e articolare le regole alla base della loro coesistenza pacifica. Sovrastante queste regole è però il principio politico del mantenimento dell’equilibrio di potenza – il più vetusto fra i principi interstatali europei – il quale ripudia anzitutto l’espansionismo territoriale in quanto fattore elementare di destabilizzazione e minaccia comune. La condotta della Federazione Russa ha infranto tali regole per poi affossarle, colpendo così anche il principio stesso dell’equilibrio.

Al sesto mese di conflitto è un fatto acclarato che tale condotta sia fondata sulla perversità di crimini di guerra, minacce di catastrofi nucleari, ricatti energetici e blocchi alimentari. Ma questi atti e tutti gli altri continuano ad operare nel quadro politico del tentativo di ridurre in proprio dominio il più grande Stato europeo, alterando perciò l’equilibrio di potenza. Bilanciare la potenza russa nella sua condotta espansionista e revisionista è diventato così, in questa lunga guerra, condizione di necessità per gli Stati d’Europa e i loro alleati. Se la decisione di Svezia e Finlandia di aderire all’Alleanza atlantica è stata una delle dimostrazioni più eclatanti della percezione di questa necessità, essa si è ormai concretizzata in molteplici azioni che dopo sei mesi di guerra non sono più compendiabili in poche righe. Dopo tante previsioni fallite dovrebbe essere ormai chiaro che nessuno può sapere ciò che accadrà d’ora in avanti. Di certo però non sorprende che il sesto mese di guerra consegni alle ragioni della forza quel primato sempre conteso alla forza delle ragioni. È un esito della guerra moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata e ripugnante contro l’Ucraina.

Immagine: Un carro armato russo distrutto durante la sfilata per la Festa dell’Indipendenza dell'Ucraina, Kiev, Ucraina (24 agosto 2022). Crediti: Oleksii Maznychenko / SHutterstock.com

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