Il 2 giugno ha rappresentato nella politica israeliana una giornata di evoluzione e cambiamenti che, in buona parte previsti, si sono concretizzati nel giro di poche ore. La Knesset (il Parlamento) ha eletto mercoledì Isaac Herzog undicesimo presidente dello Stato di Israele con una larga maggioranza, di 87 voti su 120; la sua elezione era data come scontata già da qualche giorno e la percentuale di voti raccolti è stata una delle più alte finora nella storia di Israele. A contendergli la carica una sola candidata, l’esponente della società civile Miriam Peretz**,** che ha ottenuto 26 voti, mentre 7 deputati si sono astenuti.

Entrambi i candidati si presentavano come indipendenti, come spesso accade nella tradizione politica israeliana per l’elezione del presidente; come è stato spesso sottolineato dalla stampa nelle settimane precedenti alla votazione, Herzog e Peretz rappresentano però due profili estremamente diversi e in qualche modo sintetizzano la complessità interna del popolo israeliano.

Miriam Peretz, 67 anni, è una figura molto popolare; secondo alcuni sondaggi avrebbe prevalso in una elezione diretta. Nata a Casablanca in Marocco, appartiene dunque alla componente mizrahi, che comprende gli ebrei israeliani provenienti da Paesi arabi, che sono stati a lungo considerati discriminati. Trasferitasi in Israele nel 1963 a 9 anni, è diventata insegnante. Due dei suoi sei figli, ufficiali dell’esercito israeliano, sono morti in combattimento: il più grande Uriel in Libano nel 1998 e il secondo Elisaf nel 2010 a Gaza. Questa sua dolorosa vicenda e il coraggio con cui l’ha affrontata, hanno contribuito a creare intorno a lei interesse e apprezzamento. Negli ultimi anni grazie a un libro autobiografico, Il canto di Miriam, e a una serie di discorsi pubblici, ha acquistato una grande notorietà e ha ottenuto importanti riconoscimenti.

Molto diversa la biografia di Isaac Herzog: la sua famiglia è originaria dell’Irlanda, dove suo nonno Yitzhak HaLevi Herzog era il rabbino capo, ed è quindi espressione della componente aschenazita. Nato a Tel Aviv nel 1960, fa parte di una delle famiglie più importanti del Paese, in campo religioso, militare e politico. Suo padre Chaim Herzog è stato il sesto presidente d’Israele, dal 1983 al 1993. Isaac Herzog è stato deputato alla Knesset dal 2003 al 2018 e più volte ministro. Presidente del Partito laburista dal 2013 al 2018, è stato a lungo a capo dell’opposizione ai governi di Benjamin Netanyahu; dal 1° agosto 2018 è presidente dell’Agenzia ebraica, che sostiene l’ebraicità dello Stato di Israele. Subito dopo l’elezione ha mandato un messaggio unitario sottolineando la necessità di costruire «ponti e accordi tra di noi […] e con i nostri fratelli e sorelle della diaspora». Entrerà in carica il 9 luglio prendendo il posto di Reuven Rivlin, il quale è quindi ancora chiamato a cercare di facilitare la nascita di un nuovo governo che consenta di superare l’impasse attuale.

Nella stessa giornata di mercoledì 2 giugno, in cui Herzog è stato eletto presidente, i partiti di opposizione hanno annunciato di aver raggiunto l’accordo per formare un governo di ampia coalizione che escluderebbe Benjamin Netanyahu dal potere dopo 12 anni. L’accordo è stato siglato da otto partiti di opposizione e appare, secondo molti osservatori, per ora cementato più dalla condivisa ostilità verso Netanyahu che da un’autentica identità di vedute, in quanto composto da formazioni politiche distanti fra loro e piuttosto frammentate. La componente più numerosa, quella centrista di Yesh Atid (“C’è un futuro”) conta soltanto 17 deputati su 120. La coalizione comprende tre partiti di destra, Yamina (“A destra”) di Naftali Bennett, Israel Beitenu, (“Israele Casa nostra”) di Avigdor Lieberman e Tikva Hadasha (“Nuova speranza”); queste formazioni hanno nella Knesset 20 seggi. A loro fianco nel governo i centristi di Yesh Atid di Yair Lapid e Kahol Lavan (“Blu e Bianco”) di Benny Gantz, per un totale di 25 seggi. Inoltre, ci sono i 17 seggi dei tre partiti di sinistra che partecipano all’alleanza: Laburisti, Meretz (“Energia”) e Lista araba unita che potrebbe diventare la prima formazione araba a entrare in un governo nella storia di Israele. La maggioranza è dunque abbastanza ampia ma dovrà cercare una difficile coesione interna se vuole effettivamente dare stabilità alla sua esperienza. Per consolidare l’alleanza è stato stipulato un accordo tra i due partiti maggiori secondo il quale fino a settembre del 2023 il primo ministro sarà Naftali Bennett, di Yamina, nonostante il suo partito di destra abbia soltanto 7 seggi; nella seconda parte della legislatura, Bennett lascerà però l’incarico in favore del leader centrista di Yesh Atid, Yair Lapid. Gli equilibri sono difficili ma c’è una volontà condivisa di mandare Netanyahu all’opposizione e di evitare l’ennesimo ricorso alle urne. Il voto del Parlamento è previsto per la prossima settimana.

Immagine: Isaac Herzog (7 febbraio 2015). Crediti: Sebastian Widmann [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], attraverso Wikimedia Commons

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