Se l’annunciata controffensiva ucraina non si è ancora dispiegata sui campi di battaglia, c’è un grande attivismo dal punto di vista diplomatico: il presidente Zelenskij ha compiuto numerose missioni all’estero nelle giornate che hanno preceduto il vertice del G7 a Hiroshima, recandosi in Italia, Vaticano, Germania, Francia, Regno Unito e in Arabia Saudita, in occasione del vertice della Lega Araba. Infine, la sua presenza, non certo da comprimario, in Giappone. Durante il ritorno in patria, registrando direttamente dall’aereo il suo discorso serale rivolto ai compatrioti, Zelenskij non ha nascosto la sua soddisfazione: «Stiamo concludendo questa settimana molto difficile ma molto importante […]. È stato intenso. Il mondo sente la nostra posizione. Garanzie di protezione e sicurezza, il ritorno di tutti i nostri territori, di tutto il nostro popolo, la giustizia, l’attuazione della nostra formula di pace. Abbiamo un’intesa con la maggioranza del mondo su ogni punto importante per l’Ucraina».
In effetti, il presidente ucraino ha raccolto consensi e concrete misure di sostegno, anche in materia di armamenti; nel giro di pochi giorni ha incontrato papa Francesco, Giorgia Meloni, Olaf Scholz, Emmanuel Macron, Rishi Sunak, Mohammad bin Salman, Joe Biden, Fumio Kishida e tutti i leader presenti a Hiroshima. Hanno fatto notizia anche gli incontri che non ci sono stati, come quello con il presidente brasiliano Lula, andato a monte nelle frenetiche ore del G7 per un sovrapporsi di impegni, anche se in molti pensano che abbiano influito la distanza fra le posizioni dei due presidenti e la volontà del Brasile di non compromettere gli importanti rapporti che intrattiene con Mosca. Invece l’incontro in Ucraina con Li Hui, rappresentante speciale della Cina per gli affari euroasiatici, probabilmente c’è stato, ma Kiev preferisce non confermarlo ufficialmente, avvolgendolo in una sorta di rumoroso silenzio.
Non è detto che l’attivismo di Kiev e l’attenzione internazionale sulla questione ucraina avvicinino una soluzione diplomatica del conflitto, o almeno aumentino le speranze per arrivare al più presto a un cessate il fuoco: si cercano e si ottengono consensi per la formula ucraina di pace, che difficilmente però sarà accettata da Mosca, senza una svolta in campo militare. Inoltre, nella partita, al di là al comprensibile desiderio di Zelenskij di isolare Putin, ci sono anche le ambizioni o i timori dei suoi interlocutori. Alcuni Paesi sono portati dalle circostanze a prendere posizione rispetto al conflitto in corso soprattutto per tutelare i propri specifici interessi. Cyril Ramaphosa, presidente del Sudafrica, ha annunciato una missione di pace a cui parteciperanno anche i presidenti di Zambia, Senegal, Repubblica del Congo, Uganda ed Egitto, per favorire una mediazione fra Ucraina e Russia; inoltre, i Paesi africani cercheranno di ottenere rassicurazioni sugli approvvigionamenti di grano, dopo che l’accordo negoziato dall’ONU circa un anno fa è stato prolungato soltanto di due mesi, in seguito alla mediazione turca. Anche Kiev è interessata a costruire più solidi legami con il continente africano e il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha iniziato il suo secondo viaggio in Africa il 22 maggio, vistando il Marocco. Non stupisce che solidi interessi accompagnino, come è consueto del resto soprattutto nello scenario internazionale, le aspirazioni a un mondo più pacifico e più giusto e neanche constatare come l’attivismo diplomatico occupi la scena ma resti per ora subordinato all’evolversi della situazione militare, soggetta tuttora ai rischi di un’ulteriore escalation.
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