16 dicembre 2021

L’esordio di Scholz al Consiglio europeo

Le parole d’ordine sono sempre le stesse: lotta alla pandemia di Covid-19, rapporti con Russia e Cina, politica climatica ed energetica. A essere diverso però, questa volta sarà uno dei protagonisti: il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che oggi esordirà al tavolo del Consiglio europeo. Nelle ultime settimane si è parlato a lungo e in maniera approfondita, anche su Atlante,  delle differenze fra i 16 anni sotto l’ala di Angela Merkel e il nuovo governo Scholz, che vede alla guida della Repubblica federale un’inedita coalizione “semaforo” formata da socialdemocratici, liberali e Verdi.

Allargando lo sguardo, sarà importante capire anche in che modo la nuova cancelleria influenzerà la politica dell’Unione Europea (UE). L’asse franco-tedesco non sembra in discussione, ma, complici anche le elezioni presidenziali francesi in primavera, nuovi equilibri di forza e tensioni esterne potrebbero portare a inattesi scenari futuri.

 

Bruxelles potrebbe abbandonare la linea morbida

Oggi e domani si riunisce a Bruxelles il Consiglio europeo. Il primo, come detto, per Olaf Scholz nelle vesti di cancelliere tedesco, ma anche l’ultimo prima dell’inizio del semestre di presidenza francese. La riunione che vede al centro la lotta alle nuove varianti del Coronavirus, ma soprattutto la politica estera e in particolare la reazione europea contro la minaccia russa ai confini dell’Ucraina, sarà il banco di prova ideale per cominciare a comprendere come e se cambierà l’UE del dopo Merkel.

L’estrema prudenza, la ricerca ostinata del dialogo e “l’inerzia riformatrice” ‒ come l’hanno definita alcuni osservatori – che hanno caratterizzato cinque lustri della Bundeskanzlerin potrebbero lasciare spazio a prese di posizione più ferme su vari fronti. Due prime avvisaglie sono già arrivate nella settimana dell’insediamento di Scholz: prima il segretario generale del Servizio di azione esterna dell’UE, Stefano Sannino, ha detto di non vedere «alcun tipo di sviluppo sostanziale nel futuro prevedibile» per la ratifica dell’accordo sugli investimenti fra UE e Cina, fortemente voluto da Merkel e osteggiato dal presidente USA Joe Biden. Poi, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha annunciato che è «improbabile» che l’UE riuscirà a dare il via libera ai Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) di Polonia e Ungheria prima della fine dell’anno. Sono ancora troppo gravi le preoccupazioni sull’indipendenza della giustizia e il primato del diritto comunitario su quello nazionale, nel caso polacco, e sull’efficacia della lotta alla corruzione e la trasparenza nella gestione dei fondi strutturali, nel caso ungherese.

Per evitare lo scontro diretto, come chiesto da Merkel, nelle scorse settimane a Bruxelles si considerava sempre più probabile un via libera provvisorio ai due PNRR da parte della Commissione. Il nuovo governo di Berlino ha invece messo nero su bianco nell’accordo di coalizione l’importanza della tutela dello Stato di diritto in Europa, invitando la Commissione ad agire in maniera più efficace per garantirne il rispetto.

 

Verso il semestre di presidenza francese

In uno scivoloso esercizio di equilibrismo, è toccato al presidente francese Macron fare la parte del poliziotto buono quando, questa settimana, ha incontrato il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Macron ha cercato di far prevalere la diplomazia sullo scontro diretto, in particolare sul terreno dei valori europei. Entrambi i leader dovranno affrontare le elezioni in primavera e l’Europa sarà uno dei temi caldi e di maggiore scontro con gli avversari in campagna elettorale. È probabile che il mancato via libera al PNRR ungherese verrà usato da Orbán per fomentare nuovamente lo scontro con Bruxelles e raccogliere voti in vista di uno scrutinio il cui risultato non appare così scontato.

Sul lato francese, invece, esiste il rischio che l’attuale inquilino dell’Eliseo possa trasformare il semestre di presidenza dell’UE, che prenderà il via il 1° gennaio, in una lunga campagna elettorale.

I lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa, fortemente voluta da Macron, si concluderanno proprio durante il semestre a guida francese e serviranno da vetrina per il programma europeista dell’attuale presidente. Qualche sorriso malizioso l’ha provocato anche il simbolo scelto da Parigi per il semestre alla guida dell’UE, che tanto assomiglia a quello di una campagna elettorale. Non sfugge sia la scelta di richiamare la bandiera statunitense (in contrasto con quella russa), che quella d’includere una freccia orizzontale che guarda al futuro (forse ispirandosi al simbolo della campagna presidenziale di Hillary Clinton) ma che, guarda caso, disegna anche la M di Macron.

 

Il fronte orientale

La frontiera orientale dell’Unione è quella più calda dal punto di vista geopolitico. Le tensioni al confine fra Polonia e Bielorussia per l’arrivo di migliaia di richiedenti asilo fanno il paio con la possibilità ritenuta sempre più realistica che la Russia possa invadere l’Ucraina.  Di «costi enormi» per Mosca in caso di aggressione contro l’Ucraina hanno parlato sia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che quello del Consiglio europeo, Charles Michel.

La reazione dell’UE davanti alla minaccia russa sarà il primo vero banco di prova per la nuova Unione del post-Merkel. Anche Scholz, durante il suo discorso in Parlamento in vista del Consiglio europeo, ha minacciato dure conseguenze per Mosca, ma ha ammorbidito la sua posizione chiedendo all’Europa di essere unita nel cercare il dialogo con la Russia. Una dichiarazione fatta appena due giorni dopo l’annuncio della ministra degli Esteri tedesca, la verde Annalena Baerbock, che è momentaneamente sospesa l’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2, testardamente voluto e difeso da Merkel. Baerbock ha già parlato in passato di «ricatto» russo sui prezzi dell’energia, alzando la temperatura dello scontro con Putin. La politica energetica e l’innalzamento dei prezzi saranno uno dei temi messi in agenda per il Consiglio europeo che si apre oggi.

Tutto sembra indicare che il futuro dell’Europa, ancora una volta, passerà da Mosca.

 

Immagine: Olaf Scholz (12 luglio 2021). Crediti: Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

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