La Cina ha dimostrato negli ultimi anni un interesse crescente per la stabilità dell’Afghanistan, che per la sua collocazione e per il complessivo gioco delle alleanze nell’area entra con forza nella sua sfera di interesse geopolitico. I due Paesi sono confinanti, sia pure per soli 76 chilometri; a causa della perdurante situazione di instabilità e della massiccia presenza nel suo territorio di formazioni armate ispirate dal fondamentalismo islamico, l’Afghanistan rappresenta una grossa fonte di preoccupazione per la Cina.

Nello Xinjiang, la regione nordoccidentale della Cina a cui appartiene questo delicato confine, risiede la popolazione turcofona degli Uiguri, una minoranza di religione islamica da sempre in difficili rapporti con Pechino. Il governo cinese denuncia da tempo le azioni violente perpetrate dal Movimento islamico del Turkestan orientale e da altre formazioni fondamentaliste. D’altro canto, la comunità degli Uiguri accusa Pechino di attuare una repressione generalizzata in aperta violazione dei diritti umani e di impedire ogni espressione culturale della minoranza. Uno degli effetti di questa radicalizzazione dei contrasti è stato il proselitismo delle organizzazioni jihadiste; è stata più volte segnalata la numerosa presenza di Uiguri in formazioni armate del fondamentalismo, tra cui al-Qaida e Stato islamico, operanti in Siria e in altri scenari. Da qui la scelta della Cina di rafforzare le operazioni antiterrorismo all’interno dello Xinjiang, di intensificare i controlli alle frontiere, ma anche di sviluppare una forte cooperazione con Pakistan e Afghanistan sul tema della sicurezza.

Per rinforzare questa collaborazione si è svolto a Pechino il 26 dicembre 2017 il primo incontro trilaterale dei ministri degli Esteri dei tre Paesi sul tema della sicurezza. Alla base del dialogo c’è anche l’ipotesi che il Pakistan, che esercita una forte influenza sui movimenti fondamentalisti, ma è al tempo stesso un interlocutore privilegiato della Cina rispetto a tutta la sua strategia asiatica, anche in funzione di contenimento dell’influenza indiana, possa favorire un’intesa tra Talebani e governo afghano e l’avvio di un processo di stabilizzazione e pacificazione del Paese.

Strettamente collegato al tema della sicurezza c’è quello della cooperazione economica: il grande progetto del ripristino delle antiche rotte commerciali (Via della Seta) denominato Belt and Road prevede la costituzione di un ‘corridoio economico’ tra Cina e Pakistan. Una prospettiva fortemente osteggiata dall’India perché comprende la creazione di infrastrutture nella regione del Kashmir, contesa tra New Delhi e Islamabad. I cinesi hanno proposto di coinvolgere nel corridoio economico anche l’Afghanistan, che verrebbe così attraversato da nuovi flussi commerciali. Una prospettiva che può rappresentare un concreto stimolo per un Paese dilaniato da anni di guerra civile e schiacciato dalle ingerenze delle potenze regionali e globali. La Cina d’altra parte vede nella pacificazione dell’Afghanistan una base essenziale per la sua sicurezza e per lo sviluppo dei suoi traffici commerciali in Asia e verso l’Europa.

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