La Finlandia vira a destra. Dopo quasi quattro anni di governo di centrosinistra guidato dalla premier Sanna Marin, gli elettori hanno premiato due forze conservatrici, vale a dire il Partito di coalizione nazionale (KOK, Kansallinen Kokoomus) e il Partito dei finlandesi (SP, Perussuomalaiset), che in totale hanno ricevuto oltre il 40% delle preferenze. I Socialdemocratici (SDP, Suomen Sosialidemokraattinen Puolue) di Marin, arrivati terzi, sono riusciti a migliorare il risultato delle elezioni del 2019 (dal 17,7% al 19,9% di ieri) e sono emersi come l’unica formazione della coalizione di governo uscente a guadagnare seggi nell’Eduskunta, il Parlamento nazionale di Helsinki. Il sorpasso subito da parte di KOK e SP pone però fine all’esperienza da primo ministro di Marin, che dovrà probabilmente cedere tale incarico al leader del Partito di coalizione nazionale, Petteri Orpo.

Quest’ultimo si è fatto portavoce in campagna elettorale delle preoccupazioni di parte dell’elettorato rispetto al tema dell’economia, in particolare all’aumento del debito pubblico registrato in Finlandia negli ultimi quattro anni, passando dal 65% al 71% del prodotto interno lordo. Un dato allarmante in un Paese da sempre attento alle politiche di bilancio: KOK ha puntato su un ritorno all’austerità, criticando Marin e il suo esecutivo per una presunta gestione “spensierata” delle finanze statali. La premier uscente ha invece difeso la linea adottata a partire dal 2020, di fronte a due crisi di enorme portata come quella derivante dalla pandemia da Covid-19 e quella legata all’invasione dell’Ucraina. Marin ha rivendicato la necessità di sostenere cittadini e imprese a fronte delle difficoltà emerse negli ultimi anni, promettendo in caso di conferma al governo un futuro aumento della spesa per l’istruzione e la sanità. Orpo non ha potuto invece fare leva sulla questione della sicurezza, dal momento che l’adesione alla NATO, conseguita proprio a pochi giorni dalle elezioni, ha visto sostanzialmente compatti tutti i partiti dell’arco parlamentare finlandese. KOK è stata però una delle poche formazioni a propugnare l’ingresso nell’Alleanza atlantica in tempi non sospetti, vale a dire prima del 24 febbraio 2022, quando la percezione di aggressività della Russia non era ancora un argomento capace di mobilitare l’intera opinione pubblica e le autorità di Helsinki preferivano mantenere la politica di “buon vicinato” con Mosca. In campagna elettorale, il Partito di coalizione nazionale ha quindi scelto di virare sui temi economici, che hanno un effetto meno polarizzante nel largo fronte conservatore a cui si prefigge di parlare il KOK.

Orpo avrà ora l’onere di avviare i negoziati per formare una nuova maggioranza, terreno non facile vista la frammentata composizione dell’arco parlamentare emersa dalle urne. Il tandem tra i liberalconservatori di KOK e i populisti di destra di SP pareva realizzabile già in campagna elettorale, ma allo stato attuale sembra percorribile solo tramite un governo di minoranza. In base alle proiezioni, infatti, i seggi assegnati a KOK e SP non sarebbero sufficienti a raggiungere i 101 necessari per ottenere la fiducia, costringendo le due formazioni ad includere un eventuale terzo partner nella coalizione. In questa prospettiva, il Partito di centro (KESK, Suomen Keskusta) risulta il principale indiziato, nonostante il forte calo di consensi riscontrato rispetto al 2019. Uno scenario alternativo potrebbe essere quello della “grande coalizione” tra KOK, SDP e altre forze, che permetterebbe di tenere fuori dal governo il Partito dei finlandesi e il loro approccio euroscettico. Le differenze emerse tra i conservatori e i socialdemocratici sulle questioni economiche restano tuttavia un ostacolo non da poco nella prospettiva di un esecutivo di compromesso tra le due formazioni.

Rispetto ad altre nazioni scandinave, la Finlandia si distingue però per una maggiore tendenza alla cooperazione tra i partiti, come recentemente testimoniato dai governi di coalizione “arcobaleno” di Jyrki Katainen e Alexander Stubb nella prima metà dello scorso decennio. Spetterà in ogni caso a Orpo e al suo partito stabilire la linea da seguire nei negoziati e valutare quale scenario di alleanze avrà la maggiore possibilità di successo, in un contesto in cui le previsioni di crescita economica per la Finlandia restano piuttosto basse rispetto alla media europea, almeno per il 2023, mentre il dato sull’inflazione sembra orientato verso un costante calo entro parametri più rassicuranti. Divenuta uno dei volti più noti nella politica europea, Marin esce invece sconfitta da questa tornata elettorale e pare destinata a un quadriennio tra i banchi dell’opposizione, nonostante il buon risultato ‒ in termini assoluti ‒ ottenuto dai Socialdemocratici.

Immagine: Petteri Orpo (5 novembre 2018). Crediti: Alexandros Michailidis / Shutterstock

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