16 settembre 2022

La Svezia vira a destra

La Svezia vira a destra dopo la vittoria di misura del blocco “conservatore” alle elezioni per il rinnovo del Riksdag, il Parlamento di Stoccolma. L’esito emerso dalle urne ha confermato le previsioni dei sondaggi, che vedevano le fazioni di centrosinistra e di centrodestra separate da pochi punti percentuali. Dopo un lungo spoglio, conclusosi mercoledì con i voti giunti per posta e quelli delle circoscrizioni estere, si è consolidato il vantaggio del fronte formato dai partiti conservatori, che avranno però una maggioranza di soli tre seggi sull’opposizione, 176 contro 173. Esce dunque sconfitta la premier socialdemocratica Magdalena Andersson, che ha già rassegnato le dimissioni nonostante il suo partito abbia ottenuto più preferenze in assoluto, superando il 30%, e sia anche riuscito a migliorare il risultato delle elezioni precedenti, tenutesi nel 2018. 

Il nuovo governo sarà con tutta probabilità guidato da Ulf Kristersson, leader dei Moderati, sebbene la formazione abbia perso il primato tra le fila del centrodestra, passato ai Democratici svedesi. Questi ultimi sono i veri trionfatori del voto di domenica: partito sovranista con radici nei gruppi di destra radicale, con il 20,5% delle politiche del 2022 i Democratici svedesi hanno incassato, infatti, la migliore percentuale di consensi nella loro storia, segnando la nona elezione consecutiva in cui registrano una crescita alle urne. La scelta del leader Jimmie Åkesson di centrare la campagna elettorale sulla sicurezza e sul contrasto all’immigrazione sembra aver pagato, dettando l’agenda anche per le altre formazioni e ponendo in secondo piano temi pur rilevanti per i cittadini svedesi come la crisi economica, il caro energia e la tutela dell’ambiente. Da anni il problema delle periferie urbane, dove gruppi criminali si contendono il controllo del territorio, si somma nella percezione dell’opinione pubblica agli scontri che nei mesi scorsi hanno coinvolto le forze dell’ordine e la comunità musulmana del Paese. Åkesson ha inoltre avuto il merito di rendere maggiormente “presentabili” le istanze dei Democratici svedesi, contribuendo a eliminare alcuni elementi radicali dalle fila del partito e smorzando la retorica estremista del passato. La costante crescita della formazione, elezione dopo elezione, ha di certo consolidato la credibilità politica di Åkesson, aprendogli ora le porte a incarichi istituzionali.

 

La costituzione della nuova maggioranza sembra in ogni caso complessa: al di là del risultato sorprendente, i Democratici svedesi non godono di grande fiducia presso buona parte dell’elettorato conservatore, a causa del passato “inquietante” della formazione, nata nel 1988 dalla fusione di vari gruppi di estrema destra. Il fatto che il mandato di primo ministro andrà a Kristersson e non ad Åkesson è legato proprio a questa dinamica. A ciò si aggiunge la reticenza espressa già in campagna elettorale dal Partito liberale, che rientra nel blocco di centrodestra, nel partecipare a un governo che comprenda esponenti della forza sovranista in ruoli apicali. Più probabile dunque che i negoziati per formare l’esecutivo partano dall’intesa tra Moderati e Cristiani democratici, per poi coinvolgere gli altri partiti, che potrebbero fornire semplice sostegno esterno a un governo di minoranza, una pratica già vista in diverse occasioni nel Paese scandinavo.

 

Per la Svezia non si tratta del resto della prima maggioranza di centrodestra in seno al Riksdag. Dopo decenni di dominio dei socialdemocratici, dagli anni Novanta in poi sono stati costituiti gabinetti a guida moderata, quelli di Carl Bildt (tra il 1991 e il 1994) e di Fredrik Reinfeldt (per due mandati, dal 2006 al 2014). Tali governi contavano sull’appoggio di liberali, centristi e cristianodemocratici. Con l’ingresso dei Democratici svedesi nell’esecutivo di Kristofferson si vedrebbero però per la prima volta dei ministri provenienti da ambienti legati all’estrema destra partecipare alle riunioni al palazzo Rosenbad, dove ha sede il governo. Si tratta di un passo avanti per molti versi inaspettato in un Paese considerato storicamente una roccaforte “progressista” a livello internazionale. I timori di molti elettori di fronte a uno spostamento a destra dell’azione dell’esecutivo è testimoniato dalle parole della premier dimissionaria Andersson, che nel lasciare l’incarico ha detto di comprendere «la preoccupazione dei cittadini» per l’esito del voto nazionale.

 

Veti incrociati e paletti “irremovibili” potrebbero del resto rendere più ostica del previsto un’intesa tra i quattro partiti del blocco di centrodestra e costringere il futuro premier Kristersson a trovare delle soluzioni alternative per garantire l’integrità della maggioranza, già di per sé legata a soli tre seggi di vantaggio sull’opposizione. Oltre alla crisi energetica e all’aumento dell’inflazione, il nuovo governo di Stoccolma sarà chiamato nell’immediato ad affrontare altri dossier di complicata gestione, primo tra tutti il completamento del processo di ratifica da parte degli Stati membri della NATO del protocollo di adesione della Svezia nell’Alleanza atlantica, su cui pesa il parere decisivo della Turchia e del presidente Recep Tayyip Erdoğan.

 

Immagine: Jimmie Åkesson (24 agosto 2018). Crediti: Michael715 / Shutterstock.com

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