Si è concluso all’insegna della distensione l’incontro al Cairo del 17 e 18 gennaio 2018 tra il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn e il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi, in cui si è parlato di risorse idriche e delle tensioni che attraversano l’area, coinvolgendo Egitto, Sudan ed Etiopia. Un passo in avanti verso una soluzione pacifica dei conflitti, che però rimangono in realtà in buona parte irrisolti nelle loro intrinseche contraddizioni. Al centro dei colloqui il progetto della Grand Ethiopian Reinassance Dam (GERD), destinato a rappresentare il sistema idroelettrico più grande di tutto il continente africano; i lavori sono stati avviati nel 2011 dall’Etiopia e prevedono l’utilizzo delle acque del Nilo Azzurro, che attraversa il Sudan e l’Egitto prima di confluire nel Nilo. Sono sorte quindi delle preoccupazioni soprattutto da parte dell’Egitto per la salvaguardia delle proprie risorse idriche. Il conflitto si basa su elementi strategici. Da un lato la grande diga, la cui costruzione è stata affidata alla multinazionale italiana Salini Impregilo, contribuirà fortemente alla produzione dell’energia elettrica necessaria allo sviluppo industriale dell’Etiopia, attraverso una centrale da 6.000 megawatt. Dall’altro, il Nilo è a tutt’oggi l’arteria vitale dell’Egitto, e l’acqua, come ha dichiarato al-Sisi è «questione di vita o di morte».

Un’intesa e una reciproca assicurazione sono necessarie ma non facili da trovare, soprattutto perché la questione delle risorse idriche si intreccia con i complessi nodi geopolitici dell’area, specie con gli aspri contrasti che dividono da anni Sudan ed Egitto. I due Paesi infatti portano avanti fin dalla fine della colonizzazione britannica una disputa territoriale relativa al Triangolo di Hala’ib, un’area di confine, fonte inesauribile di discordia. La ribellione del Darfour, secondo le accuse del governo sudanese incoraggiata dagli egiziani, e la gestione delle risorse idriche hanno interagito fortemente con la questione dei confini.

La tensione è molto cresciuta nel corso del 2016, quando più direttamente sono entrati in campo i potenti alleati dei contendenti, l’Arabia Saudita, che ha ottenuto dall’Egitto la gestione di due piccole isole del Mar Rosso, Tiran e Sanafir, e la Turchia, a cui il Sudan ha concesso l’utilizzo dell’isola di Suakin. In un contesto di tensioni che hanno coinvolto a fianco dell’Egitto oltre l’Arabia Saudita anche l’Eritrea, il Sudan si è sentito minacciato e il 5 gennaio ha richiamato il suo ambasciatore al Cairo. Le divisioni all’interno del mondo arabo e la lotta per l’egemonia dell’area rendono più difficile un accordo globale, su una materia già di per sé delicata e importante come quella delle risorse idriche.

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