4 maggio 2022

La lunga eredità politica della guerra delle Falkland

In queste settimane si celebra il 40° anniversario della guerra delle Falkland. O Malvinas: come dice il professor Alessandro Barbero scegliere quale nome delle isole usare è già di per sé una scelta di campo.

In Gran Bretagna l’anniversario è passato in sordina, non ci sono state per ora grandi celebrazioni e non sembrano essercene in vista: forse perché con questi venti di guerra non pareva opportuno celebrare la memoria di un passato coloniale e una guerra, è vero, cominciata in risposta ad un’aggressione, ma fatta per difendere un remoto arcipelago che si trova – letteralmente – dall’altra parte del mondo.

Forse più probabilmente non si ricorda con trasporto la ricorrenza perché, come ha svelato recentemente il Times, secondo un sondaggio solo il 4% degli intervistati era in grado di rispondere correttamente alle domande su quanto avvenuto 40 anni fa, il 25% dei più giovani non aveva mai sentito parlare del conflitto, il 10% della fascia tra 18 e 34 anni pensa addirittura che siano stati i britannici a scatenare la guerra e un numero simile pensa perfino che le Falkland siano isole della Manica. Insomma un conflitto dimenticato, per delle isole remote, contro un regime traballante e molto modesto sul piano militare come quello dei generali argentini.

Eppure la guerra delle Falkland ha sicuramente avuto un peso cruciale nella storia del Regno Unito. È possibile infatti tracciare un’eredità politica e sociale di quel conflitto, che ha una importanza ben maggiore della trascurabile vittoria militare.

La storia non si fa con i se e con i ma, però non è così assurdo pensare che senza la guerra delle Falkland molto probabilmente non sarebbe nato con così grande forza il mito della Lady di ferro, al secolo Margaret Thatcher.

Allo scoppiare del conflitto, il 2 aprile del 1982, il primo ministro britannico infatti era tutto fuorché sull’orlo di una imponente vittoria elettorale. L’economia era in piena recessione, la disoccupazione alle stelle e la popolarità della leader del Partito conservatore tutt’altro che buona.

La campagna militare, gestita con inusitata fermezza dalla prima donna a Downing Street, risvegliò l’orgoglio imperiale e churchilliano del popolo britannico, in particolare di quello conservatore, che dopo anni di lento ma costante declino anche del prestigio internazionale del Regno Unito, ritrovò la fierezza della vittoria per giunta su una guerra anche e soprattutto navale.

Il rapido successo sulla giunta militare argentina permise a Thatcher di recuperare la popolarità perduta e la spaccatura avvenuta nel Labour, con la destra del partito che si unì ai Lib-Dem, fece il resto: alle elezioni del 1983 la Signora Thatcher ottenne una maggioranza schiacciante, con 149 seggi di vantaggio alla House of Commons. Uno strapotere parlamentare che permise al primo ministro di imporre la propria visione della società con una forza inaudita, a partire dall’epocale scontro con il sindacato dei minatori fino ad arrivare all’imposizione a livello globale del modello neoliberista assieme all’alleato storico Ronald Reagan.

La grande vittoria elettorale del 1983 pose le basi per il lungo “regno” conservatore che sarebbe andato oltre la stessa Thatcher, che dopo essersi riconfermata nel 1987, venne defenestrata nel 1990 senza che questo impedisse ai Tories di vincere nuovamente le elezioni nel 1992, portandoli dunque a ben diciotto gli anni consecutivi al governo. Anni in cui i Tories cambiano profondamente la struttura della società britannica, attraverso privatizzazioni, liberalizzazioni, cessioni di patrimonio pubblico e l’inseguimento dell’ideale secondo il quale “la società non esiste, esistono solo gli individui”.

La stessa Thatcher, malignamente, aveva sottolineato nel 2002 come Tony Blair (della cui vittoria si celebra in questi giorni il 25° anniversario, a proposito di ricorrenze) e cioè lo spostamento a destra del Labour, fosse il suo più grande risultato (una citazione forse apocrifa ma se non vera quantomeno verosimile), a dimostrazione di quanto l’eredità del thatcherismo sia ben più durevole dei suoi già longevi anni a Downing Street.

Tutto riconducibile alla sciocca decisione dei generali argentini di attaccare un arcipelago sperduto? Forse no, il dubbio che abbia influito pesantemente è però più che legittimo averlo ed è sicuramente una delle eredità più importanti di quel conflitto.

 

Immagine: Busto di Margaret Thatcher all’esterno della sede del governo, Stanley, Isole Falkland (31 dicembre 2018). Crediti: Birdiegal / Shutterstock.com

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