La sfida strategica fra Cina e Stati Uniti, messa parzialmente in ombra dal conflitto in Ucraina, orienta fortemente le azioni delle due potenze nell’area asiatica. Xi Jinping, nel discorso di apertura del XX Congresso del Partito comunista cinese, ha messo al centro dell’attenzione, insieme allo sviluppo, il concetto di sicurezza (anquan), mentre rispetto al passato il tema delle riforme economiche è stato meno citato. L’importanza della sicurezza nell’immediato futuro della Cina va interpretata in modo globale, non soltanto come capacità di difendersi da eventuali attacchi esterni, affidata quindi principalmente all’esercito, ma anche come stabilità interna, sicurezza energetica e autosufficienza tecnologica. Quindi la sicurezza si rafforza con l’impegno di tutti, vigilando contro i nemici interni e rendendo il Paese non dipendente da elementi esterni potenzialmente ostili attraverso l’importazione di materie prime, cibo e soprattutto tecnologie. Il messaggio è quindi rivolto sia all’interno sia all’esterno, agli Stati Uniti in particolare, che sono stati accusati di «bullismo tecnologico» a causa delle recenti restrizioni all’export verso la Cina di tecnologia avanzata.

Il ‘Sogno cinese’ esaltato da Xi Jinping non è centrato sull’affermazione individuale ma si presenta piuttosto come un sogno nazionale, di benessere diffuso ma anche di prestigio e di influenza internazionale. Nel corso del Congresso, non casualmente il ministro della Difesa Wei Fenghe ha invitato le forze armate a tenersi pronte per affrontare una eventuale guerra. Inoltre, all’interno della relazione di Xi Jinping, c’è stato un importante riferimento al tema della riunificazione con Taiwan, con l’auspicio che possa avvenire in maniera pacifica, senza però escludere il ricorso all’uso della forza, se necessario.

Nonostante si tratti di una conferma di posizioni consolidate, l’effetto è quello di ribadire che la Cina non si tira indietro e perseguirà i suoi interessi nazionali, anche se dovessero portare a un contrasto aperto con gli Stati Uniti. Del resto la Cina viene percepita, come ha esplicitato più volte l’amministrazione Biden, come un rivale sistemico che può mettere in discussione gli interessi strategici degli Stati Uniti, e quindi deve essere messo sotto pressione e ostacolato nelle sue pretese egemoniche. Pechino non ha intenzione di farsi indebolire e quindi rallentare la sua avanzata globale, perdendo la sfida della sicurezza energetica, dell’innovazione tecnologica e delle sue ricadute militari. Il cuore della sfida globale è in Asia e il conflitto in Ucraina è, per alcuni osservatori, quasi periferico in questo confronto tra giganti. Per questo motivo, gli Stati Uniti stanno portando avanti un articolato piano di sostegno alle capacità di deterrenza di quei Paesi, dall’India alle Filippine, che sentendosi minacciati si contrappongono alla Cina in tutto il contesto asiatico. In primo luogo, Washington sta valutando di avviare la coproduzione di armamenti proprio con Taiwan, un’iniziativa che si sommerebbe alle crescenti cessioni di armi degli ultimi anni. Inoltre, gli Stati Uniti hanno offerto al presidente Ferdinand Marcos Jr. 100 milioni di dollari di finanziamenti per acquistare elicotteri di fabbricazione americana, in seguito alla rinuncia da parte delle Filippine all’importazione di Mi-17 dalla Russia. Intensificata inoltre la collaborazione con l’India, che dovrebbe portare alla coproduzione di droni, una parte dei quali destinata al mercato asiatico, sempre in funzione di deterrenza anticinese. La controffensiva anticinese coinvolge anche il Quad (Quadrilateral security dialogue) che unisce Stati Uniti, Australia, Giappone e India. In quest’ambito il primo ministro australiano Anthony Albanese e Fumio Kishida, che guida il governo giapponese, hanno firmato a Perth un nuovo accordo di cooperazione relativo alla difesa, che prevede una più stretta collaborazione in materia di intelligence, lo stazionamento reciproco di personale militare nei due Paesi ed esercitazioni congiunte, misure che rendono più concreta la possibilità di operare in accordo in caso di necessità. Naturalmente, anche in questo caso, lo sguardo è rivolto a Pechino. La sfida fra i due giganti globali nell’Indo-Pacifico sta assumendo una modalità da guerra fredda, senza collisioni dirette, ma sta portando a un significativo riarmo e all’apertura di numerosi contenziosi, in cui quello relativo a Taiwan è il principale.

Immagine: Xi Jinping (18 gennaio 2017). Crediti: UN Photo/Pierre Albouy [Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)], attraverso www.flickr.com

Argomenti

#Asia#Partito comunista cinese#Taiwan#Stati Uniti#Cina