3 febbraio 2023

La nuova strategia industriale europea

Da alcune settimane, il dibattito europeo è dominato dalla discussione su una nuova strategia industriale. Il 1° febbraio 2023 la Commissione europea ha annunciato le prime azioni per inserirsi nella competizione con Stati Uniti, Cina e altri Paesi sulle tecnologie verdi. Per comprendere la posta in gioco e la posizione europea, bisogna fare un passo indietro, fino al 2019 e 2020, con annuncio e presentazione del cosiddetto European Green deal (il Green deal europeo). Questo progetto, portato avanti su iniziativa soprattutto del vicepresidente responsabile Frans Timmermans, era stato paragonato – con poca modestia – allo sbarco dell’uomo sulla luna. All’inizio, le istituzioni europee (Commissione e Parlamento) hanno prestato grande attenzione ai target di neutralità climatica e alla comunicazione sull’importanza di rendere l’Europa più verde. Non è stato dato un rilievo adeguato alla corsa alla sostenibilità come competizione industriale, al suo impatto reale e potenziale sulle filiere industriali europee, al ruolo delle imprese nelle nuove filiere innescate dalla transizione ecologica. Ciò è avvenuto per un motivo comprensibile: capire per esempio la supply chain delle batterie, nella sua profondità e nelle sue evoluzioni, è difficile, mentre dire che tra qualche anno diventiamo “verdi” è più facile. Tuttavia, i progetti europei non si muovono in un vuoto.  

Come ho mostrato nel mio libro Il dominio del XXI secolo, e come illustrato da Henry Sanderson nel volume Volt Rush che sarà presto tradotto in italiano, la Cina ha visto nella sostenibilità una grande opportunità di sviluppo industriale, attraverso una strategia su più livelli. In primo luogo, Pechino domina la componentistica per i pannelli solari, come ha certificato l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA, International Energy Agency): quindi tecnicamente i piani in questo senso, almeno fino a quando non vi saranno cambiamenti, arricchiscono l’industria cinese, che ha messo fuori mercato i concorrenti anni fa. In secondo luogo, va considerata l’articolata strategia cinese sulla mobilità elettrica. A livello minerario, si è basata non solo sulle riserve interne (a partire dalle terre rare) ma su contratti a lungo termine con Paesi produttori di litio, cobalto, nichel e altri materiali, nonché sugli investimenti di raffinazione e trattamento dei materiali in Cina. A ciò si sono aggiunti incentivi e strumenti per scalare l’uso di batterie e auto elettriche, in un mercato enorme. La Cina ha costruito e attirato grandi capacità chimiche, e nel corso dell’ultimo decennio si sono sviluppati campioni internazionali nelle batterie e nell’auto elettrica, come CATL (Contemporary Amperex Technology Contemporary Amperex Technology Co., Limited) e BYD. Nello stesso periodo, le industrie automobilistiche europee non hanno sottovalutato solo un aspetto specifico (l’auto elettrica), ma anche gli essenziali investimenti nell’elettronica.

Gli Stati Uniti non stanno mai fermi. Nemmeno in questo caso. E vogliono recuperare terreno nelle filiere estrattive, chimiche e industriali dominate dalla Cina. Sono aspetti che gli USA hanno chiari almeno dal 2021, quando l’amministrazione Biden ha pubblicato un’analisi sulle supply chain dei semiconduttori, delle batterie, dei minerali e materiali critici, della farmaceutica. L’Inflation Reduction Act dell’estate 2022 è la legge che cerca di disarticolare la capacità industriale cinese e portare gli Stati Uniti e il Nord America al centro della corsa mondiale su queste tecnologie, sfruttando anche la competitività col costo dell’energia. Sono già arrivati i primi accordi tra attori minerari e aziende automobilistiche. Come sempre, qualora necessario, gli Stati Uniti faranno ampio uso di sanzioni e controlli sulle esportazioni.  

Lo scenario attuale, e il suo intreccio con la guerra e la crisi energetica, ha così imposto la consapevolezza mancata agli europei pochi anni fa: la cosiddetta transizione ecologica è una competizione industriale che presenta rischi e opportunità, ma va considerata come tale, per evitare i velleitarismi. Dopo un approccio sbagliato perché ha colpevolmente sottovalutato la dimensione industriale, è ora di cambiare prospettiva. Occorre un’analisi delle filiere europee, del loro ruolo attuale e potenziale, come la Commissione europea ha saputo fare sui semiconduttori. E le aziende europee, a partire da quelle chimiche, dovranno essere parte di un lavoro che identifichi rischi, potenzialità e opportunità nella catena del valore, invece di sentirsi disorientate per via di programmi generici o troppo lenti e decisioni poco meditate.

L’Europa dovrà fare un lavoro profondo se vorrà incidere sul serio in questa competizione tecnologica. È una prospettiva forse meno accattivante degli slogan del 2019-20 ma più seria e responsabile verso i cittadini. Solo dopo aver compreso l’entità della sfida industriale si potranno affrontare gli spinosi problemi politici che la nuova strategia pone nell’equilibrio europeo.

 

Immagine: Pannelli solari di un impianto tra la foresta mediterranea nella catena montuosa della Sierra de San Pedro della provincia di Caceres nella Comunità autonoma dell’Estremadura, Spagna. Crediti: Juan Carlos Munoz / Shutterstock.com

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