Primo colloquio telefonico mercoledì 26 aprile fra Xi Jinping e Zelenskij, dopo quattordici mesi di conflitto armato tra Russia e Ucraina. Il dialogo fra i due leader è durato circa un’ora ed è stato incentrato, a quanto si apprende, soprattutto sul rafforzamento dei rapporti bilaterali; le prime conseguenze di questo disgelo sono la nomina del nuovo ambasciatore ucraino in Cina, Pavel Ryabikin, ex ministro dell’Industria, e l’invio del rappresentante speciale del governo cinese per gli affari eurasiatici Li Hui, in Ucraina, con l’incarico di avviare consultazioni con tutti i Paesi interessati per favorire una soluzione politica del conflitto.

Sono quindi risultati non eclatanti ma comunque significativi dato il peso e il ruolo della Cina. Sia l’Unione Europea sia gli Stati Uniti hanno valutato con cauto ottimismo il significato di questa apertura. In particolare, da Washington il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby ha apprezzato la scelta della Cina di ascoltare il punto di vista ucraino anche se «non possiamo sapere se questa telefonata porterà a qualcosa». La Russia, attraverso un comunicato del ministero degli Esteri, prende atto dell’impegno diplomatico della Cina ma al contempo attacca Zelenskij e l’Occidente, accusandoli di «sabotare le iniziative di pace» e di respingere «ogni iniziativa sensata che miri a un regolamento politico e diplomatico della crisi».

Secondo molti osservatori, l’influenza di questo dialogo sulle prospettive del conflitto non deve essere sopravvalutata, sia per la distanza fra i due Paesi direttamente coinvolti, sia per la diffidenza del blocco occidentale, e degli Stati Uniti in particolare, nei confronti della Cina. Ci troviamo però di fronte a un tentativo di Pechino di meglio definire la propria posizione, affinché non risulti troppo schiacciata su quella di Mosca. Lo dimostrerebbe anche il modo con cui è stata gestita la tempesta diplomatica aperta dalle dichiarazioni rilasciate venerdì 21 aprile in un’intervista televisiva dall’ambasciatore cinese in Francia Lu Shaye, che aveva messo in dubbio la sovranità ucraina sulla Crimea e in generale lo status delle repubbliche nate dopo il collasso dell’Unione Sovietica: «La Crimea era all’inizio in Russia. È stato Khruščëv a offrire la Crimea all’Ucraina ai tempi dell’Unione Sovietica. […] Questi Paesi dell’ex Unione Sovietica non hanno alcuno status nel diritto internazionale». Di fronte a una forte reazione della Francia e dell’Unione Europea, l’ambasciata cinese a Parigi ha specificato che si trattava di considerazioni personali dell’ambasciatore, mentre il ministero degli Esteri ribadiva il rispetto da parte di Pechino della sovranità di tutte le repubbliche ex sovietiche. Rettifiche che non avevano del tutto disperso l’effetto delle dichiarazioni dell’ambasciatore.

Pochi giorni dopo questo incidente diplomatico, la telefonata fra Xi Jinping e Zelenskij apre nuovi spazi di manovra alla Cina, anche se probabilmente gli effetti di questa iniziativa non saranno immediati; tale apertura aiuta oggi la Repubblica Popolare Cinese a non trovarsi isolata e schiacciata su Mosca, ma bisognerà aspettare ulteriori sviluppi per capire se aiuterà anche una soluzione diplomatica del conflitto in corso.

Immagine: Xi Jinping (17 agosto 2017). Crediti: DOD photo by U.S. Navy Petty Officer 1st Class Dominique A. Pineiro [Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)], attraverso www.flickr.com

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