6 giugno 2023

Le milizie russe che combattono a fianco dell’Ucraina

I ribelli russi che combattono contro l’esercito di Mosca per abbattere il regime di Vladimir Putin in collaborazione con l’esercito ucraino stanno acquisendo una maggiore visibilità, a partire dagli ultimi giorni di maggio; le loro formazioni armate stanno sviluppando un crescente numero di iniziative militari nella regione russa di Belgorod, a poca distanza dal confine tra i due Paesi in conflitto. Con la loro stessa esistenza rappresentano un problema per il Cremlino, sul piano pratico e, soprattutto, su quello simbolico. Nondimeno sono una realtà che anche l’Ucraina potrebbe avere difficoltà a gestire poiché si tratta di una sorta di contro-invasione dentro il territorio russo, allettante ma densa di incognite. Le autorità ucraine riconoscono di aver fornito appoggio a queste formazioni ma mettono in evidenza che i ribelli non si muovono agli ordini di Kiev. In particolare, il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha sottolineato come le battaglie in corso nell’oblast′ di Belgorod siano uno scontro fra russi, senza un coinvolgimento diretto dell’Ucraina. Mosca, riferendosi ai ribelli, li definisce terroristi «finanziati ed equipaggiati dall’Occidente» per destabilizzare la Russia. Le due formazioni più importanti sono la Legione libertà per la Russia (Svoboda Rossiy) e il Corpo volontario russo (RDK, Russkiy Dobrovol′cheskiy Korpus) e sono attive da tempo, anche se la loro visibilità è cresciuta soprattutto nella primavera di quest’anno.

Il più conosciuto fra i promotori della Legione libertà per la Russia è Il′ja Ponomarëv: uomo d’affari e deputato della Duma, oppositore di Putin, accusato di appropriazione indebita ed escluso dalle cariche pubbliche nel 2015. Si è stabilito in Ucraina nel 2016 e tre anni dopo ha ottenuto la cittadinanza. In seguito all’invasione russa, ha partecipato alla nascita della Legione, che dopo un inizio in sordina ha acquisito nel tempo maggiore visibilità e importanza. Il Corpo volontario russo, diretto da Denis Kapustin, ha un orientamento più vicino alle posizioni della destra radicale e accoglie personaggi come Aleksander Skachkov, che per le sue simpatie estremiste ha avuto problemi con le autorità di Kiev. I ribelli russi hanno annunciato lunedì 5 giugno di avere il pieno controllo di Novaya Tavolzhanka, una località al confine tra Russia e Ucraina, di aver ucciso in battaglia il colonnello delle forze armate russe Andrey Stesev, di aver catturato e consegnato agli ucraini due prigionieri.

Le loro azioni, pur rimanendo limitate, si inseriscono in un contesto di inasprimento delle ostilità e di ripresa dell’iniziativa da parte ucraina, anche se è presto per dire che sia effettivamente partita la controffensiva annunciata da tempo. L’azione dei ribelli russi è solo un tassello di uno scenario in movimento, ma Kiev per comprensibili ragioni tende a evidenziarne l’importanza. Finora il conflitto si era rappresentato come scontro fra nazioni, ma anche come guerra civile fra ucraini, a causa della presenza sul campo di battaglia dei separatisti filorussi del Donbass; adesso le iniziative di queste formazioni consentono di parlare di guerra civile fra russi. Ed è quello che fa il consigliere del ministero dell’Interno ucraino, Anton Gerashenko che scrive su Telegram: «Sono tempi straordinari quelli in cui viviamo. Stiamo assistendo con i nostri occhi a come il governo russo stia iniziando a crollare. Non silenziosamente, ma con un forte fragore della sua massiccia carcassa arrugginita. Sarà una guerra civile […]. Con aerei e missili e sotto la guida di due idioti, l’esercito russo non è in grado di tenere testa ai volontari della RDK e della Legione libertà della Russia».

La visita a Kiev del cardinale Matteo Maria Zuppi, che per incarico di papa Francesco sta sondando lo spazio per iniziative umanitarie e per individuare possibili percorsi per la pace, si inserisce in questo momento di intensificazione dei combattimenti, di attivismo dei ribelli russi e dei gravi dissesti e pericoli che possono nascere dall’attacco alla diga di Nova Kakhovka del 6 giugno, oggetto di reciproche accuse tra i contendenti. Non è facile prevedere quanto la presenza e l’attività dei miliziani russi influenzeranno la difficile ricerca di una tregua e di una soluzione diplomatica del conflitto.

 

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Immagine: Edifici distrutti a Bakhmut, Ucraina (27 febbraio 2023). Crediti: Mil.gov.ua [CC BY 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/4.0)], attraverso Wikimedia Commons