Le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, al suo ritorno dalla missione a Pechino, hanno avuto una vasta eco e non possono ridursi una polemica momentanea sui toni utilizzati, poco propensi alle accortezze diplomatiche, poiché coinvolgono piuttosto la collocazione dell’Unione Europea (UE) nello scenario globale. Di fronte ad alcune reazioni da parte degli storici alleati atlantici, il presidente francese ha fatto qualche precisazione: «Gli Stati Uniti sono nostri alleati, condividiamo valori comuni […] la Cina è al tempo stesso un partner, un concorrente e un rivale sistemico». Dichiarazioni che però non riducono l’impatto della presa di posizione del presidente francese a fronte di una possibile escalation di tensioni fra Stati Uniti e Cina, che potrebbe essere innescata dall’irrisolta questione di Taiwan; Macron ha mostrato apertamente di non condividere la politica degli Stati Uniti verso la Cina e di avvertire la necessità, in questo quadro, dell’autonomia strategica dell’Unione Europea. I rischi sono per Macron evidenti: «La trappola, per noi europei, sarebbe quella di ritrovarci invischiati in crisi che non sono le nostre […]. In un mondo segnato dal duopolio tra Stati Uniti e Cina, noi non avremmo né il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica, e finiremmo per diventare vassalli laddove invece, se solo avessimo avuto qualche anno di tempo, avremmo potuto costituire un terzo polo».

Le posizioni francesi non rappresentano una novità rispetto all’idea di un’Europa capace di difendersi autonomamente e di avere un proprio posizionamento, collocato in un’alleanza non subordinata con gli Stati Uniti; ma l’impatto di queste posizioni è stato forte per il riferimento a questioni attualmente centrali nelle contese internazionali, come è quella di Taiwan. Nuove tensioni sono state infatti innescate nelle ultime settimane: la visita a Los Angeles della presidente Tsai Ing-wen che ha incontrato anche lo speaker della Camera Kevin McCarthy, le manovre militari cinesi che si sono svolte dall’8 al 10 aprile configurandosi come una sorta di accerchiamento rispetto a Taiwan, le dichiarazioni di Xi Jinping che ha invitato le forze armate a rafforzare l’addestramento in previsione di combattimenti veri e quelle del ministro degli Esteri di Taipei Joseph Wu che ha evidenziato le proprie capacità di difesa e la volontà di non sottostare ai Diktat di Pechino. A fronte di questi scenari, Macron ha sottolineato che l’interesse europeo è proprio quello di non far precipitare la crisi di Taiwan, sviluppando il dialogo; una distensione che potrebbe favorire un ruolo positivo di Pechino anche rispetto al dossier ucraino, evitando che la Cina resti schiacciata sulla Russia e favorendo una soluzione diplomatica.

Il messaggio chiaro che la Francia manda, anche attraverso le parole del suo ministro dell’Economia Bruno Le Maire, è che essere amici degli Stati Uniti non significa diventare nemici della Cina. In questa disputa, che non mette in discussione la coesione dell’Occidente ma di sicuro la ridisegna diversamente, incidono fortemente anche considerazioni economiche, sia relativamente al primato del dollaro negli scambi internazionali sia al commercio con la Cina, vissuto dagli europei più come una possibilità che come una minaccia. L’Unione Europea si trova di fronte a scelte non facili, a causa del crescere delle tensioni internazionali; sognare da europei, come ha invitato a fare Macron durante la sua visita in Olanda, comporta delle prosaiche determinazioni, sia da un punto di vista economico sia da quello della difesa.

Immagine: Emmanuel Macron (2 settembre 2021). Crediti: Faces Of The World [Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)], attraverso www.flickr.com

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