Sommario. 1. L’ambito di indagine. 2. Cosa è e come opera il Mes? 3. Le ragioni di tipo economico. 4. I profili giuridici. 4.1. Il quadro normativo. 4.2. La legittimità di interventi di assistenza a condizionalità light. 4.3. La sorveglianza rafforzata. 4.4. Chi e come può mettere in discussione la linea di credito precauzionale rilasciata.

1. L’ambito di indagine.

Mes o non Mes? Il riferimento è alla eventuale decisione dell’Italia di aderire al Pandemic Support Crisis, la linea di credito precauzionale approvata e regolamentata l’8 maggio in Eurogruppo e il 15 maggio dal Consiglio dei governatori del Mes. Ben diversa (e qui non esaminata) questione è quella della revisione del Trattato istitutivo del Mes, come noto arenatasi nel dicembre 2019.

Scontato osservare che l’intervento di assistenza finanziaria indicato è solo un tassello di una strategia più ampia messa in campo dalle Istituzioni europee a fronte dell’eccezionalità di una crisi che, colpendo tutti i Paesi in modo simmetrico, può tuttavia determinare conseguenze del tutto differenziate ed asimmetriche, mettendo così a rischio la tenuta stessa del disegno europeo; una strategia di cui è molto auspicabile faccia parte lo strumento di autentica politica comune annunciato dalla  Cancelliera Merkel e dal Presidente Macron, basato sull’emissione di bond europei e sulla successiva distribuzione delle risorse ai Paesi più colpiti da COVID-19 per investimenti nell’ambiente, nel digitale e in altri settori cruciali per il rilancio dei sistemi economici.

L’adesione o meno dell’Italia alla linea di credito del Mes è tra le domande più ricorrenti in queste settimane nel dibattito istituzionale e nel confronto tra economisti, molto meno diffusamente tra i giuristi.

Eppure, le posizioni critiche assunte poggiano di frequente su argomenti che, almeno implicitamente, hanno natura anche squisitamente giuridica.

Come si dirà, un primo (ancorché non unico) argomento è quello con cui si sostiene che, per effetto di fonti del diritto europeo (art. 136, par. 3, TFUE) ed internazionale (art. 3, Trattato Mes), non vi possano essere interventi di sostegno finanziario del Mes che non siano accompagnati da stringenti condizionalità: si paventa, in particolare, che queste condizionalità, ancorché non previste all’atto in cui gli organismi competenti del Mes deliberano l’aiuto, possano essere comunque riattivate in un momento successivo, per effetto di una decisione dello stesso Mes o in conseguenza di meccanismi di tipo giudiziale che attestino il contrasto dell’operazione di sostegno finanziario con la disciplina europea o con quella internazionale.

Si intende qui passare in rassegna ed analizzare le perplessità di tipo giuridico manifestate da chi sostiene che l’eventuale scelta del nostro Paese di aderire al Pandemic Support Crisis non sia priva di rischi (per ampi riferimenti, A. Mangia, L’Europa e il Trattato impossibile, ed. e-book, Morcelliana; A. Mangia, Del Mes, delle sue condizionalità e delle discipline in deroga. Cosa succede quando il diritto d’impresa viene applicato ai rapporti intergovernativi, in www.dirittobancario.it; G. Gitti, Perché il Mes anti-Covid non è ancora al riparo del fuoco della Corte di Kalsruhe, in Milano Finanza, 13 maggio 2020; un cenno anche in Cottarelli, Moavero, Europa. Le tre verità sul Mes, Repubblica, 27 aprile 2020).

Per una più agevole comprensione delle questioni giuridiche emerse è tuttavia utile ancor prima inquadrare le ordinarie modalità di funzionamento del Mes: è inoltre opportuno anteporre l’indicazione delle implicazioni di tipo in senso ampio economico di cui tener conto nel valutare l’opportunità della decisione in discussione.

2. Cosa è e come opera il Mes?

Nel 2012, nel pieno della crisi dei debiti sovrani il Mes nasce con la principale finalità di fornire assistenza finanziaria a Stati membri la cui crisi possa mettere a rischio l’intera Area Euro; quale strumento di solidarietà europea nella stabilizzazione finanziaria dell’Area Euro, il Mes sostituisce istituzioni a carattere temporaneo già esistenti, in particolare il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Efsm).

L’esigenza di un meccanismo di stabilizzazione e salvataggio era stata avvertita, infatti, già nel 2010 quando alcuni Paesi si trovarono sull’orlo del tracollo finanziario. Si dovette prendere atto di uno dei principi fondamentali dell’Unione monetaria, costituito dal c.d. divieto di bail out, per effetto del quale «l’Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali»: un sostanziale divieto per l’Unione di salvare Paesi in difficoltà. Si istituì quindi un fondo temporaneo (l’Efsf che aveva già concesso 175 miliardi di euro di prestiti a Irlanda, Portogallo e Grecia) e poi uno permanente, il Mes (A. Villafranca, Mes: com’è e come funziona, Ispionline.it, 26 marzo 2020).

Il Mes è quindi un’Istituzione di diritto internazionale, non del diritto dell’Unione europea, ancorché a questo raccordata per effetto dell’art. 136, par. 3, TFUE (aggiunto nel 2013).

È istituito e regolato con un trattato internazionale; è governato da tre organi principali: il Board of Governors, composto dai Ministri delle finanze di ogni Stato e presieduto dal presidente dell’Eurogruppo; il Board of Directors, costituito dai Direttori del Tesoro (o figure analoghe) nominati, insieme ad un supplente, da ciascun membro del Board of Governors; il Direttore Generale, nominato dal Board of Governors. Al Board of Governors competono le decisioni più importanti, tra cui la definizione degli strumenti di intervento e il riconoscimento del sostegno finanziario (art. 5, Trattato Mes).

Dispone di un capitale sottoscritto pari a 704 miliardi di euro, di cui 80,5 miliardi di euro effettivamente versati; il capitale è suddiviso tra i Paesi membri in quote corrispondenti alle quote di capitale che le banche centrali nazionali detengono nella BCE. L’Italia possiede il 17,79 per cento delle quote ed è il terzo Paese per dimensione, dopo Germania (26,94 per cento) e Francia (20 per cento).

Le deliberazioni sono assunte all’unanimità e, solo in casi di particolare urgenza, a maggioranza qualificata rafforzata, pari all’85 per cento delle quote sottoscritte: il che significa che Germania, Francia e Italia hanno di fatto un potere di veto.

Nell’inquadrare il dibattito istituzionale e giuridico che si sta svolgendo in merito all’opportunità o meno della scelta italiana di aderire alla linea di credito anti Covid approvata dal Consiglio dei governatori del Mes il 15 maggio è ancor più importante considerare che, sulla base del Trattato istitutivo, gli strumenti di intervento del Mes sono variegati.

Possono consistere infatti:

• non solo in prestiti a Paesi in crisi, la cui concessione è dal Trattato Mes espressamente subordinata alla definizione di programmi di aggiustamento macroeconomico (art. 16);

• ma anche in linee di credito precauzionali (art. 14, Trattato Mes), distinte in linee precauzionali in senso stretto, PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line), che comportano una condizionalità molto attenuata; e linee di credito rafforzate, ECCL (Enhanced Conditions Credit Line), il cui rilascio impone una condizionalità maggiore da prevedere nel Memorandum of Understanding (MoU).

Il Mes, quindi, può concedere non solo aiuti a Stati in crisi, ma anche prestiti precauzionali a Paesi che, pur versando in condizioni macroeconomiche solide, abbiano tuttavia bisogno di aiuto.

Diversamente dai prestiti ai Paesi in crisi, la linea di credito precauzionale non presuppone ma è volta a prevenire, quindi, le crisi fungendo da rete di sicurezza che rafforza l’affidabilità creditizia del Paese beneficiario.

A tale seconda tipologia di intervento di assistenza finanziaria è da ricondurre il Pandemic Support Crisis.

Non meno rilevante è osservare che l’adesione alle linee di credito precauzionali è condizione necessaria (non è certo che sia anche sufficiente) perché la BCE possa attivare, a certe condizioni, le OMT (Outright Monetary Transactions), in tal modo sottoscrivendo i titoli del Paese anche sul mercato primario e in misura illimitata.

Per converso, il MES si pone come un creditore “privilegiato” rispetto ad altri creditori (per un’analisi, A. Cascavilla, G. Galli, Il Mes: cos’è e come potrebbe essere utilizzato nell’attuale emergenza, in OCPI, 26 marzo 2020).

3. Le ragioni di tipo economico.

Questo essendo il quadro istituzionale di riferimento, l’8 maggio 2020 l’Eurogruppo e il 15 maggio il Consiglio dei governatori del Mes hanno deliberato che i Paesi possano accedere alla linea di credito rafforzata (ECCL) accompagnata da un’unica condizionalità, ossia che le risorse siano impiegate nel sostenere spese sanitarie dirette o indirette legate all’emergenza Coronavirus. La linea di credito sarà operativa dal 1° giugno, potrà essere usata per spese fino al 2 per cento del Pil (per l’Italia circa 36 miliardi), avrà un ammontare complessivo di 240 miliardi di euro e una durata media massima di 10 anni.

Rinviando alle successive considerazioni per quel che attiene alla tenuta giuridica di tale accordo, occorre in primo luogo chiedersi se l’adesione dell’Italia a tale linea di credito presenti una convenienza economica.

Il tema merita di essere esaminato sotto molteplici aspetti.

Un primo aspetto attiene al costo che l’Italia sosterrebbe accedendo a tale linea di credito, raffrontato a quello che sopporterebbe invece ricorrendo al mercato.

Come è stato indicato (C. Stagnaro, L. Fava, Il Mes ci conviene: l’Italia ha 6 miliardi di ragioni per prenderlo, Il Foglio, 12 maggio 2020), la linea di credito Mes sarebbe a un tasso prossimo a zero a fronte di un tasso di interesse di circa l’1,8 per cento che l’Italia oggi corrisponde per i titoli di stato di durata decennale: è stato quindi calcolato che l’utilizzazione della linea di credito Mes, in alternativa all’emissione di titoli di stato di pari importo e durata,  comporterebbe un risparmio di circa 600 milioni annui, per complessivi 6 miliardi.

L’Italia sarebbe, peraltro, il Paese che realizzerebbe il maggiore guadagno.

Se è vero, infatti, che la Grecia si trova in condizioni peggiori (corrispondendo sui propri titoli interessi superiori al 2 per cento), è vero anche che potrebbe fruire di un livello di finanziamento di gran lunga inferiore: questo, infatti, non può superare il 2 per cento del Pil (quindi non oltre 4 miliardi per la Grecia). Altri Paesi (Portogallo e Spagna) avrebbero un vantaggio più contenuto, pagando oggi sui propri titoli di stato decennali tassi di interesse attorno allo 0,9 e allo 0,8 per cento. Per altri Paesi ancora l’adesione alla linea di credito del Mes potrebbe essere addirittura sconveniente sul piano economico pagando oggi, sui propri titoli di stato, tassi di interesse simili o addirittura inferiori rispetto a quelli da versare al Mes (come Francia e Germania).

La valutazione di convenienza o sconvenienza economica non può però esaurirsi nel calcolo sopra riportato.

Da un lato, l’accesso dell’Italia alla linea di credito messa a disposizione dal Mes consentirebbe alla BCE di attivare le OMT, sottoscrivendo i titoli del nostro Paese, anche sul mercato primario e in misura illimitata.

Pare un argomento destinato in prima battuta a rafforzare in modo significativo la valutazione di convenienza in senso ampio economica dell’adesione italiana alla linea di credito messa a disposizione del Mes, sol che si considerino i vantaggi che la sola attivabilità delle OMT può produrre in termini di riduzione dello spread.

Perché allora non farlo? Quali i dubbi di tipo per il momento economico?

È stato sostenuto che la mancata adesione dell’Italia, dopo settimane di duri negoziati, potrebbe persino far passare sconvenienti messaggi di posizionamento squisitamente politico (C. Stagnaro, L. Fava, Il Mes ci conviene: l’Italia ha 6 miliardi di ragioni per prenderlo, Il Foglio, 12 maggio 2020).

Per vero, è corretto osservare che l’adesione al Mes non implica automaticamente l’attivazione delle OMT, spettando alla sola BCE deciderla; si tratta di verificare che la BCE consideri sufficiente la condizione stabilita per il Pandemic Support Crisis. Si consideri, al riguardo, che la valutazione di sostenibilità del debito, nonché quella relativa alla sussistenza delle altre condizioni previste per l’accesso alle linee precauzionali, sono state già effettuate con esito positivo dalla Commissione europea, dalla BCE e dal Mes stesso.

Inoltre, occorre comparare gli indubbi e segnalati vantaggi con il possibile effetto che secondo taluni può aversi sui mercati se l’adesione alla linea di credito fosse isolata e non collettiva: è la tesi di chi sostiene che un’adesione individuale potrebbe segnalare ai mercati che si è più in difficoltà di altri. È una valutazione che spetta alle istituzioni politiche effettuare: con la precisazione, tuttavia, che un’adesione isolata (per quanto da valutare attentamente in tutte le sue implicazioni) non potrebbe segnalare un’oggettiva difficoltà legata ai fondamentali economici del Paese richiedente, come detto già valutati positivamente.

La valutazione attiene quindi alla sfera squisitamente politica, almeno finché lo Stato conserva adeguate condizioni di accesso ai mercati.

4. I profili giuridici.

Nel condurre la più ampia valutazione politica è doveroso, peraltro, tener conto delle perplessità che taluni hanno espresso sul piano più strettamente giuridico.

Volendo schematizzare i dubbi attengono:

• alla legittimità di interventi del Mes non accompagnati dalla previsione di rigorose condizionalità o con condizionalità light, quale sarebbe quella relativa alla natura sanitaria delle spese da sostenere;

• al rilievo da assegnare all’art. 2, par. 3, Reg. 472 del 2013, laddove dispone che lo Stato membro che beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale dal Mes è sottoposto dalla Commissione a sorveglianza rafforzata.

Muovendo da tali dubbi sono state prospettate preoccupazioni relativamente:

• alla possibilità che, a seconda dell’andamento del rapporto di debito/credito che si instaura con l’attivazione della linea di credito, lo stesso Mes riveda in futuro le originarie condizioni, formalizzate nel Memorandum che deve accompagnare la concessione dell’intervento di assistenza finanziaria;

• alla possibilità che, considerati i precedenti giurisprudenziali (caso Pringle 2013), un intervento di assistenza finanziaria del Mes non affiancato da rigorose condizionalità sia in sede giurisdizionale dichiarato in contrasto con la disciplina europea o internazionale.

4.1. Il quadro normativo.

È utile ricostruire sinteticamente il quadro normativo di riferimento, citando tre principali disposizioni: l’art. 136, par. 3, TFUE, l’art. 3, Trattato Mes, l’art. 2, par. 3, Reg. 472 del 2013.

L’art. 136, par. 3, TFUE, dispone che “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”.

L’art. 3, Trattato Mes, stabilisce che “L’obiettivo del MES è quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del MES che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri”.

Infine, l’art. 2, par. 3, Reg. 472 del 2013, prevede infine che “Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o da un’altra istituzione finanziaria pertinente, quale l’FMI, la Commissione sottopone a sorveglianza rafforzata detto Stato membro”.

4.2. La legittimità di interventi di assistenza a condizionalità light.

È allora legittima una linea di credito rafforzata (ECCL) accompagnata da un’unica condizionalità, relativa alla natura sanitaria delle spese da sostenere nell’impiegare le risorse ottenute?

Per una posizione espressa in dottrina, quella del Mes è attività funzionalizzata, non libera nei fini, sicché il Mes e i suoi organi deliberativi non potrebbero discostarsi dalle condizioni indicate nel Trattato istitutivo, prime tra tutte quelle tracciate dal citato art. 3, ossia la indispensabilità dell’intervento rispetto all’esigenza di salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Area Euro e la previsione di rigorose condizionalità.

L’attivazione di linee di credito in assenza di tali presupposti costituirebbe un ultra vires o, utilizzando una terminologia in uso nel diritto amministrativo, uno sviamento di potere, rendendo illegittima l’azione del Mes (A. Mangia, cit.).

L’argomento, nella sua nettezza, è di fondamentale importanza e merita di essere esaminato analizzando attentamente le disposizioni dei Trattati.

Come sopra riportato, il richiamato art. 136, par. 3, TFUE, pretende che la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria sia soggetta a una rigorosa condizionalità di cui non indica tuttavia l’esatta consistenza.

Elementi normativi più puntuali sono invece forniti dal Trattato Mes, ossia dal trattato che disciplina il meccanismo di stabilità al quale fa riferimento l’art. 136, par. 3, TFUE: arduo pensare che manchi un coordinamento tra le due fonti e che quanto disciplinato nel Trattato Mes con riguardo alla consistenza delle condizionalità sia privo di rilevanza nell’interpretare e applicare l’art. 136, par. 3, TFUE.

Ebbene, il Trattato Mes stabilisce in linea di principio al citato art. 3 che le condizioni vanno “commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto”, così esprimendo una indiscutibile esigenza di gradualità di tali condizioni.

Una gradualità che è poi in modo netto ed espresso positivizzata nei successivi artt. 14 e 16 dello stesso Trattato Mes.

Nel distinguere tra mere linee di credito (art. 14) e prestiti a paesi in crisi (art. 16), il Trattato Mes subordina, infatti, la concessione solo di questi ultimi alla definizione di programmi di aggiustamento macroeconomico.

Quel che è certo, quindi, è che il Trattato “esclude” che l’imposizione di un programma di aggiustamento macroeconomico sia la condizionalità da applicare ad un Paese che si limiti ad aderire ad una linea di credito precauzionale.

Per queste, infatti, l’art. 14, Trattato Mes, si limita a disporre che “le condizioni associate all’assistenza finanziaria precauzionale del MES sono precisate in dettaglio nel protocollo d’intesa, conformemente all’articolo 13, par. 3”; quest’ultimo prevede la procedura da seguire nel definire il protocollo d’intesa che deve accompagnare la concessione dell’intervento di assistenza finanziaria precisando tuttavia che tale protocollo deve essere “pienamente conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE, in particolare a qualsiasi atto legislativo dell’Unione europea, compresi pareri, avvertimenti, raccomandazioni o decisioni indirizzate al membro del MES interessato”.

Diversamente che per i prestiti ai Paesi in crisi, con riguardo ai quali il Trattato Mes non assegna agli organi deliberativi del Mes alcun margine di discrezionalità nell’individuare la tipologia di condizionalità (che deve consistere sempre in un programma di aggiustamento infrastrutturale), per le linee di credito precauzionale, invece, una discrezionalità è riconosciuta: l’art. 14, infatti, non definisce il contenuto della condizionalità, limitandosi a disporre che la stessa debba essere conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE.

Inoltre, è esplicitamente chiarito che il contenuto del memorandum d’intesa, ovvero il dettaglio della condizionalità allegata all’assistenza finanziaria, deve riflettere la gravità delle debolezze da affrontare e lo strumento finanziario scelto.

È stata allora legittimamente esercitata tale discrezionalità nel caso della linea di credito anti Covid?

Come è noto, quando viene in considerazione un potere discrezionale è necessario, nel verificare se lo stesso sia stato esercitato in modo legittimo, tener conto delle ragioni sottese alle decisioni e alle scelte assunte.

Ebbene, le motivazioni che hanno supportato la decisione di imporre la sola condizione relativa alla natura sanitaria delle spese da sostenere non paiono affatto irragionevoli.

È decisivo al riguardo tener conto di quanto le ragioni sanitarie siano intimamente intrecciate a quelle economiche e macroeconomiche; detto diversamente, non può sfuggire che una solida e duratura ripresa dei sistemi economici non potrà non presupporre uno stabile superamento dell’emergenza sanitaria ed un rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali.

In tale eccezionale contesto, la condizionalità relativa alla natura sanitaria delle spese da sostenere con le risorse del Mes ha una fortissima valenza economica.

È quanto gli organi deliberativi hanno messo in evidenza nell’esplicitare le ragioni sottese alla definizione della condizionalità sanitaria: la natura esogena e simmetrica dello shock indotto dal COVID-19, la precedente applicazione della cosiddetta “clausola di salvaguardia” ai sensi del Patto di stabilità e crescita, la circostanza che nessuno degli Stati membri dell’area dell’euro rientra nel braccio correttivo del patto di stabilità e crescita, hanno infatti indotto a ritenere che la previsione di condizioni circoscritte all’obbligo dell’uso dei fondi per spese sanitarie legate all’emergenza COVID-19 sia appropriata anche rispetto al fine di centrare l’obiettivo di cui all’articolo 125, par. 1, TFUE, vale a dire la necessità di garantire solide politiche di bilancio degli Stati.

Non pare ininfluente, del resto, considerare che la documentazione sottostante il Pandemic Support Crisis (con le condizioni di accesso alla linea di credito) è stata approvata dai Parlamenti di Germania, Finlandia, Austria, Olanda e solo successivamente dal Consiglio dei governatori del Mes.

4.3. La sorveglianza rafforzata.

Ulteriore problema giuridico è posto dall’art. 2, par. 3, Reg. 472 del 2013, laddove dispone che lo Stato membro che beneficia dell’assistenza finanziaria a titolo precauzionale del Mes è sottoposto dalla Commissione a sorveglianza rafforzata.

Si sostiene che la sorveglianza rafforzata può portare a “valutazioni difformi da quelle iniziali al mutare della situazione di bilancio; … ed in quel caso la Commissione – a maggioranza, e dunque, senza il consenso dello Stato interessato – può adottare una raccomandazione che porta ad un programma di aggiustamento macroeconomico” (A. Mangia, cit.).

La sorveglianza non può, tuttavia, che essere calibrata sulle concrete modalità dell’operazione di assistenza finanziaria.

Più nel dettaglio, la sorveglianza rafforzata, la sua logica, i suoi obiettivi, le sue modalità sono destinati ad essere inevitabilmente diversi a seconda che ci sia da “sorvegliare” sul rispetto del programma di aggiustamento macroeconomico da imporre al Paese in crisi che ottiene un prestito ai sensi dell’art. 16, Trattato Mes, ovvero sulle condizioni stabilite per la concessione della linea di credito precauzionale.

È quel che non irragionevolmente ha indotto la Commissione europea a sostenere che, nel caso in esame, tale sorveglianza sarà pienamente adattata alle circostanze e alla natura del Pandemic Crisis Support (lettera dei Commissari Dombrovskis e Gentiloni).

Quindi, per esempio, il reporting sarà solo limitato all’effettivo utilizzo dei fondi per le spese sanitarie e non per altro; non ci saranno missioni di verifica ad hoc diverse da quelle già previste per il Semestre Europeo.

4.4. Chi e come può mettere in discussione la linea di credito precauzionale rilasciata**.**

Tanto chiarito quanto ai principali nodi giuridici, è opportuno per completezza chiedersi se sia possibile in concreto (e con quali rimedi) contestare o impugnare la linea di credito precauzionale rilasciata alle condizioni definite dal Consiglio dei governatori del Mes.

A. Non pare verosimile che possano essere lo stesso Mes e i suoi organi deliberativi a mettere in discussione la legittimità dell’operazione, atteso che il Mes è vincolato, quanto lo Stato che ha ottenuto la linea di credito, al memorandum e alle sue condizionalità.

B. È stato prospettato inoltre il rischio che sia la Corte di Giustizia a rilevare l’illegittimità degli atti con i quali è autorizzata un’assistenza finanziaria non sottoposta a rigorose condizionalità.

Si cita, nel merito, il precedente Pringle con cui la Corte di Giustizia ha sostenuto che “la condizionalità prevista non costituisce uno strumento di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, bensì è diretta a garantire la conformità delle attività del Mes, in particolare, con l’articolo 125 TFUE e con le misure di coordinamento adottate dall’Unione” (27 novembre 2012, Thomas Pringle contro Governement of Ireland e altri, in Causa C 370/12, nn. 69 e 111)”.

Fermo quanto sopra osservato esaminando nel merito il tema della legittimità di una condizionalità solo sanitaria, può essere contestato innanzi alla Corte di Giustizia l’atto con cui il Mes delibera una linea di credito precauzionale?

All’interrogativo dà risposta l’art. 37, Trattato Mes, che espressamente prevede una clausola compromissoria in forza della quale uno Stato membro, dopo aver messo in discussione innanzi al Consiglio dei governatori la compatibilità con lo stesso Trattato delle decisioni adottate dal Mes (per esempio quella di rilascio di una linea di credito a condizionalità light), può impugnare innanzi alla Corte di Giustizia la pronuncia assunta dal Consiglio dei governatori.

Pare arduo, tuttavia, ipotizzare che, dopo aver deliberato in senso favorevole le condizioni della linea di credito precauzionale anti Covid, i singoli Paesi, in applicazione della clausola compromissoria citata, impugnino innanzi alla Corte di Giustizia l’intervento di assistenza finanziaria effettuato dal Mes per il solo fatto che, in esecuzione della decisione presa con il loro decisivo concorso, sia stata disposta una condizione di tipo solo sanitario.

Si consideri che, come osservato, tutta la documentazione sottostante il Pandemic Crisis Support, oltre che approvata all’unanimità da Eurogruppo e Consiglio dei governatori, è stata validata da alcuni parlamenti nazionali, in particolare quelli di Germania, Finlandia, Austria, Olanda.

Né pare che i singoli Paesi possano impugnare l’atto Mes di concessione della linea di credito con il generale rimedio di annullamento innanzi alla Corte di Giustizia: questo rimedio è infatti esperibile avverso gli atti adottati dalle istituzioni europee e tali non possono considerarsi gli organismi del Mes.

C. Residua l’astratta possibilità di un intervento dei Giudici costituzionali nazionali e l’eventualità che decidano di porre alla Corte di Giustizia l’interpretazione dell’art. 136, par. 3, TFUE (su cui si rinvia al par. 4.2.) o, addirittura, di valutare i rapporti del Mes e delle sue iniziative con le rispettive Leggi fondamentali.

Si evidenzia che non mancano precedenti in tal senso (anche recentissimi) nella giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca.

Non pare, però, che il caso in esame abbia portata e caratteri analoghi a quelli che hanno sollecitato interventi della Corte di Karlsruhe.

In disparte le perplessità che alcune di quelle recenti posizioni hanno suscitato (una ricognizione in S. Cassese, Il guinzaglio tedesco, Il Foglio, 19 maggio 2020), qui è in discussione un atto gestionale di un’istituzione internazionale approvato anche dal Parlamento e dal Governo tedesco (oltre che all’unanimità da Eurogruppo e Consiglio di sorveglianza) per fronteggiare una gravissima emergenza sanitaria con forti implicazioni economico-finanziarie.

Un atto gestionale che peraltro impegna una quota del capitale Mes ben inferiore rispetto al capitale complessivamente sottoscritto, sicché certamente risulta rispettata una delle due condizioni che la stessa Corte di Karlsruhe indicò nel 2012 pronunciandosi sulla legge di ratifica del Trattato Mes.

* Presidente di Sezione del Consiglio di Stato

Immagine: L’insegna del Meccanismo europeo di stabilità nella sede di Lussemburgo (15 giugno 2017). Crediti: Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

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