Appena un anno e mezzo fa Ursula von der Leyen non si sarebbe mai aspettata di fare la presidente della Commissione europea, figuriamoci nel mezzo di una pandemia capace di scuotere anche le più coriacee fondamenta del mondo di ieri.

Già durante la non sempre lineare procedura che ha portato alla sua nomina, l’ex ministra tedesca ha dimostrato una resistenza fuori dal comune e, soprattutto, una grande scaltrezza politica. Dalle nomine dei commissari, passando per le posizioni su Brexit, tutela dello Stato di diritto e diritti civili, von der Leyen ha saputo posizionarsi sempre su un difficile crinale che l’ha fatta apparire abbastanza progressista per le sinistre e abbastanza affidabile per il le forze cristianodemocratiche. Il lavoro sul pacchetto Next Generation EU ha, infine, rafforzato ancora di più il suo ruolo, soprattutto grazie alla vicinanza personale e politica con la cancelliera Merkel che ‒ grazie al caso o al destino ‒ si è trovata a presiedere per la seconda volta (mai nessuno c’era riuscito, nell’Europa a ventisette) il Consiglio dell’Unione Europea proprio durante la pandemia.

Se il difficile anno appena trascorso ha visto una Commissione europea capace di resistere anche alle sfide più drammatiche e, di certo, molto più reattiva rispetto a quelle che abbiamo visto all’opera tra il 2008 e il 2011, i prossimi mesi non saranno facili per Ursula von der Leyen e per la sua squadra. Prima di tutto occorrerà vedere, in poche settimane, come si chiuderà la partita tra governi e Parlamento europeo sul nuovo Bilancio pluriennale (il Multiannual Financial Framework, nel jargon della bolla bruxellese): come sempre l’assemblea di Strasburgo sta provando a buttare il cuore oltre l’ostacolo proponendo aumenti ai massimali che molto difficilmente troveranno il sostegno dei Paesi più austeri che, peraltro, hanno già dovuto subire obtorto collo il Recovery Fund e la vittoria, ideologica prima che finanziaria, delle capitali mediterranee. Il rischio, remoto ma non del tutto peregrino, è che i parlamentari si impuntino sul bilancio pluriennale per provare a rimettere almeno un piede al centro dell’agone politico europeo, ad oggi dominato da Commissione e Consiglio.

Sarà proprio questa, rinnovata, centralità del Berlaymont che Ursula von der Leyen dovrà difendere nel corso del suo mandato. Mai la Commissione europea aveva avuto tanto potere, con SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) e Next Generation potrà addirittura ‒ seppur in forma limitata ‒ emettere debito, una prerogativa da sempre riservata ai governi e strenuamente difesa. Al tempo stesso, però, mai le cancellerie europee avevano tentato di “riportare a casa” tante competenze, soprattutto riguardo alle progettualità legate ai piani di rilancio e nel processo decisionale europeo che ‒ col Parlamento marginalizzato ‒ rischia di trasformare la Commissione europea in una sorta di segretariato tecnico/esecutivo delle decisioni ratificate dai capi di Stato e di governo.

Per evitare questa deriva confederale, Ursula von der Leyen dovrà essere capace di dare una prospettiva politica al suo mandato, rafforzando Next Generation EU ma anche e soprattutto tutelando quelli che sono considerati gli strumenti tradizionali dell’Unione Europea (UE), dalla coesione, ad Erasmus, passando per l’ex piano Juncker. Una impresa non facile, soprattutto tra qualche mese quando ‒ ancora in mezzo alla pandemia ‒ l’ultimo semestre di Merkel si concluderà per avviarsi, nel 2021, alle elezioni federali tedesche. Senza il supporto, non sempre incondizionato ma leale, della sua cancelliera, Ursula von der Leyen rischia di farsi schiacciare su posizioni poco coraggiose o, peggio ancora, cercare appoggi a destra, tra i Paesi anseatici (in particolare l’Olanda di Mark Rutte). In questo senso il gruppo dei grandi Paesi ‒ al netto delle evoluzioni politiche tedesche ‒ dovrà dare prova di saper resistere alle spinte concentriche che rischiano di scatenarsi da qui al prossimo anno. Se Pedro Sánchez, Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron sapranno tenere la barra dritta allora anche la Commissione europea avrà lo spazio, sempre più necessario, per trovare una sua rotta verso la ripresa economica e, si spera, il superamento dell’emergenza sanitaria. Trovare una via laddove nessun altro ha saputo farlo, forse questo potrebbe essere il miglior augurio per una Commissione europea che, suo malgrado, si è trovata immersa nel gorgo della storia. Senza riferimenti, ma pure senza le vecchie paure.

Immagine: Ursula von der Leyen presso la sede dell’UE a Bruxelles, Belgio (1 ottobre 2020).  Crediti: Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

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