Azione esterna. Queste le due parole chiave per comprendere la politica che l’Unione Europea (UE) vorrebbe portare avanti per provare a gestire un fenomeno epocale come quello migratorio. Il naufragio a largo della costa di Crotone, che nella notte fra sabato 25 e domenica 26 febbraio ha causato oltre 70 vittime, rappresenta l’ennesima tragedia del mare su cui i governi dell’Unione hanno il dovere d’interrogarsi: poteva essere evitata? È possibile evitare che stragi del genere si ripetano in futuro? Purtroppo, ancora una volta, l’impressione è che la risposta sia molto lontana dall’essere trovata, come testimonia anche la decisione di puntare principalmente sulla «azione esterna» dei flussi migratori. «L’Unione europea rafforzerà la sua azione tesa a prevenire le partenze irregolari e la perdita di vite umane, ridurre la pressione sulle frontiere dell’UE e sulle capacità di accoglienza, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri. A tal fine si intensificherà la cooperazione con i paesi di origine e di transito attraverso partenariati reciprocamente vantaggiosi. Tutte le rotte migratorie dovrebbero essere coperte, anche con risorse adeguate», si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio come primo punto del capitolo Rafforzamento dell’azione esterna. Per quanto riguarda la messa in pratica di un nuovo sistema di accoglienza e ridistribuzione dei migranti, invece, il testo non va oltre una generica dichiarazione d’intenti definendo «la situazione migratoria una sfida europea che richiede una risposta europea».

Dopo la tragedia di Crotone, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto una lettera ai vertici delle istituzioni europee chiedendo «concreti interventi dell’UE, sin dalle prossime settimane e per l’intero anno». La questione migratoria tornerà quindi sul tavolo dei capi di Stato e di governo dell’Unione, che ne discuteranno durante la riunione ordinaria del Consiglio europeo in calendario per il 23 e 24 marzo. L’obiettivo sarà «monitorare i progressi sul tema migrazione», come deciso durante l’ultimo vertice, ha sottolineato il portavoce del presidente del Consiglio europeo. La questione quindi è capire se ci saranno davvero dei progressi di cui parlare o se si tratterà solamente di un aggiornamento sulle ultime tragedie del mare.

Una prima risposta potrebbe arrivare già domani, quando si riuniranno a Bruxelles i ministri degli Interni dei 27 Paesi membri. «Dimensione interna ed esterna dell’asilo e della migrazione» sono all’ordine del giorno, con esplicito riferimento anche alle «operazioni di entità private» nel salvataggio dei migranti, e quindi alle navi delle organizzazioni non governative. È altamente improbabile che venga presa qualsiasi decisione riguardante un’operazione comune di ricerca e soccorso in mare, mentre ci si attende che all’Italia verrà chiesto ancora una volta di fare di più per contrastare i cosiddetti movimenti secondari, cioè di bloccare sul proprio territorio i migranti e richiedenti asilo sbarcati nella penisola. La questione non è di poco conto perché potrebbe costituire un elemento fondativo della nuova e inedita alleanza strategica che sembra si stia delineando fra Italia e Paesi Bassi. I governi di Meloni e del liberale Mark Rutte stanno lavorando attivamente per costruire un fronte comune su diversi temi cari a entrambi, come le politiche migratorie e l’opposizione all’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato in risposta all’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense, che favorirebbe le economie di Francia e Germania. Fonti di stampa parlano di un viaggio già programmato di Rutte a Roma prima del Consiglio europeo di marzo. Se prenderà forma, si tratterà di una collaborazione inedita fra nord e sud Europa che potrebbe influenzare diversi dossier scottanti, a partire dalla migrazione.

Se le dinamiche politiche in seno all’Unione sembrano quindi più fluide rispetto agli ultimi anni, tuttavia i Paesi continuano a restare impantanati in una politica migratoria che non è più adatta al contesto attuale. Nel novembre 2022 la Commissione europea ha presentato un piano d’azione per la rotta del Mediterraneo centrale (quella seguita dai migranti naufragati a largo di Crotone), a cui ha fatto seguito quello per la rotta dei Balcani occidentali. Piani finora rimasti solamente su carta a cui, come ribadito anche dai leader dei 27, dovrebbero presto aggiungersi «in via prioritaria» altre strategie per l’Atlantico, il Mediterraneo occidentale e orientale.

I dati mostrano che dopo due anni che hanno fatto registrare dei numeri in calo, la rotta del Mediterraneo centrale è tornata a essere fra le più trafficate già nel 2020, per vedere poi un aumento significativo nel 2022. Le ultime iniziative prese dal governo Meloni per contrastare questo aumento hanno già attirato critiche da parte del Consiglio d’Europa. L’organizzazione internazionale ‒ che non ha nulla a che fare con l’UE, riunisce 46 Paesi e ha come missione la tutela dei diritti umani e della democrazia nel continente – ha inviato una lettera resa pubblica il 2 febbraio in cui esorta l’Italia a cancellare il decreto varato per regolamentare le operazioni di salvataggio in mare delle ONG, costringendole ad attraccare al porto assegnato dalle autorità, non al più vicino. Dopo le critiche ricevute, diversi eurodeputati hanno scritto alla Commissione UE per chiederle d’intervenire. Nel frattempo, il meccanismo volontario per la ridistribuzione di una parte dei migranti arrivati in Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro non è mai davvero decollato e i ricollocamenti sono fermi a poche centinaia.

Immagine: Quattro migranti tra le 440 persone sbarcate dalla nave di soccorso umanitario Sea-Watch 3 a Pozzallo, Ragusa (31 dicembre 2021). Crediti: Alessio Tricani / Shutterstock.com

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