13 settembre 2023

Nell’era dell’ebollizione globale occorre superare la “cecità al cambiamento”

 

L’era dell’“ebollizione globale” è ormai alle porte, come dimostrano rapporti allarmanti e osservazioni di prima mano in regioni vulnerabili di tutto il mondo. L’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) ha lanciato un severo avvertimento: ci stiamo avvicinando pericolosamente al superamento della soglia di 1,5 °C di riscaldamento globale stabilita dall’accordo di Parigi. Contemporaneamente, la recente visita in Iraq dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha dipinto un quadro sconvolgente di come il cambiamento climatico stia già colpendo alcune delle popolazioni più vulnerabili del mondo. La situazione richiede un’azione immediata, ma molti rimangono indifferenti a causa di un fenomeno psicologico noto come “cecità al cambiamento”.

In primo luogo, analizziamo le basi scientifiche della nostra preoccupazione. Il rapporto dell’OMM non è solo un’altra voce di un elenco di avvertimenti, ma segnala che il tempo sta scorrendo più velocemente di quanto sperassimo. Il superamento dell’aumento di 1,5 °C della temperatura globale porterebbe a una cascata di conseguenze irreversibili, da eventi meteorologici estremi come inondazioni e ondate di calore all’innalzamento a lungo termine del livello del mare e alla perdita di habitat. Non stiamo parlando solo di disagi, ma di una completa alterazione degli ecosistemi, delle economie e delle vite.

Per dare elemento di concretezza a queste statistiche basti pensare alle allarmanti osservazioni di Volker Türk in Iraq. Questo Paese mediorientale è alle prese con la diminuzione delle risorse idriche, con il caldo estremo e il deterioramento delle condizioni umane. I fiumi Tigri ed Eufrate, anticamente culla di antiche civiltà, sono ora troppo scarsamente alimentati per sostenere l’agricoltura che un tempo prosperava lungo le loro sponde. Secondo le Nazioni Unite, l’Iraq è tra i Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e le esperienze vissute dalla sua popolazione riflettono questa dura verità. Le famiglie sono costrette ad abbandonare le terre e i modi di vita ancestrali. Il tessuto stesso delle comunità si sta disintegrando, con implicazioni a lungo termine per la coesione sociale e la pace.

Nonostante queste prove schiaccianti, la reazione dell’opinione pubblica è stata contenuta e, nel cercarne le ragioni, possiamo individuarne anche nella cosiddetta “cecità al cambiamento” o “cecità cognitiva”, un pregiudizio cognitivo che ci impedisce di notare i cambiamenti graduali nel tempo. Questa barriera psicologica ha implicazioni che vanno ben oltre il non notare il nuovo taglio di capelli di un amico. Sta invece contribuendo attivamente alla nostra inazione collettiva sui cambiamenti climatici. Poiché i cambiamenti climatici si verificano lentamente, spesso non suscitano una preoccupazione immediata, consentendo l’insorgere della negazione o dell’indifferenza.

Tuttavia, la storia ha dimostrato che superare la cecità al cambiamento non è impossibile.  Per esempio, il protocollo di Montreal ha affrontato l’allarmante riduzione dello strato di ozono tre decenni fa. Con la volontà collettiva e l’allineamento delle politiche, tutte le 193 nazioni dell’ONU hanno concordato di eliminare gradualmente le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, portando a un suo recupero. Questa azione globale è stata promossa nonostante le incertezze scientifiche e rappresenta un potente esempio di come un’azione coordinata possa produrre un cambiamento reale.

 

Che cosa significa questo oggi per noi? È un invito all’azione su più fronti, che coinvolge i responsabili politici, chiamati a rafforzare le normative ambientali, le industrie, che devono adottare pratiche sostenibili, e ognuno di noi, cui spetta di fare scelte di vita più consapevoli. Questi possono sembrare piccoli passi, ma tutti insieme agiscono per creare un impatto significativo. Così come il problema è stato creato attraverso molteplici piccole azioni, anche la soluzione risiede in cambiamenti collettivi e incrementali. I rapporti critici dell’OMM e il deterioramento della situazione in Iraq sono un invito immediato all’azione. Il pericolo è reale e si sta aggravando. È giunto il momento di superare barriere psicologiche come la cecità al cambiamento e di riconoscere la gravità della crisi climatica che stiamo affrontando. Con l’aumentare della posta in gioco, dovrebbe aumentare anche la nostra determinazione ad agire. Abbiamo le conoscenze, l’esperienza e, soprattutto, l’urgente necessità di mitigare gli effetti devastanti del cambiamento climatico sulle popolazioni più vulnerabili del mondo. Ora abbiamo solo bisogno della volontà collettiva di andare avanti.

 

 

Immagine: Una donna raccoglie acqua nelle zone un tempo umide ma ormai aride delle paludi centrali dell’Iraq meridionale, Al-Chibayish, Iraq (1 novembre 2018). Crediti: John Wreford / Shutterstock.com

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