Se, a partire dall’indipendenza del 1947, non si può certo dire che la storia politica del Pakistan sia stata caratterizzata da stabilità e quiete – visti i tre colpi di Stato, i periodi di governo militare, l’instabilità cronica e i conflitti con la vicina India – il biennio 2022-23 si annuncia come un tempo che passerà alla storia come altrettanto burrascoso. La crisi che ha investito il Paese tocca diversi piani: politico, economico, sociale ‒ a causa delle catastrofi naturali ‒ e anche quello della sicurezza, con una recrudescenza della violenza terroristica.

Sul piano politico, il 2022 è stato segnato dalla fine del governo del primo ministro Imran Khan, che ad aprile ha ricevuto un voto di sfiducia dal Parlamento: l’evento ha prodotto una serie di conseguenze che hanno condotto il Paese a uno stato di turbolenza permanente. Era la prima volta nella storia del Pakistan che un primo ministro veniva rimosso con un voto di sfiducia parlamentare. In un tourbillon di tentativi di delegittimazione, arrivati a coinvolgere le maggiori istituzioni statali (Corte suprema, Parlamento, presidenza, esercito), Imran Khan, leader del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) ha chiamato in causa il popolo parlando di «cospirazione straniera» e provando a forzare con una «lunga marcia» sulla capitale che nell’autunno scorso ha portato in strada centinaia di migliaia di seguaci. Khan, tra l’altro, è stato ferito a una gamba da un attentato che ha esacerbato gli animi: i suoi sostenitori si sono radunati in tutto il Paese, bloccando le strade nelle città di Islamabad, Lahore, Peshawar, Rawalpindi e scontrandosi con la polizia.

Di fronte al nuovo governo della coalizione guidata dalla Pakistan Muslim League-Nawaz (PML-N)  – che includeva 13 partiti, con tutti i problemi che questo comporta, con i distinguo e le differenze da armonizzare – Imran Khan ha cercato di aumentare la pressione sull’esecutivo, invocando elezioni generali immediate, mentre il mandato del Parlamento si completa nell’agosto 2023. Il conflitto politico tra governo e PTI ha preso forma concreta e feroce nella provincia del Punjab, cuore politico, economico e culturale del Paese, ritrovatasi con un governo del PTI quasi paralizzato dal dissidio con il governo federale. L’aspro confronto è tracimato pure nelle aule giudiziarie, mentre anche l’esercito è stato bersaglio di critiche da parte di Khan oltre che protagonista di un dibattito pubblico e mediatico senza precedenti.

La crescente polarizzazione e le tensioni sociali e politiche – come nota acutamente sul quotidiano Dawn Maleeha Lodhi, ex ambasciatore del Pakistan all’ONU – hanno esacerbato i problemi economici e l’instabilità ha causato un peggioramento della crisi della finanza pubblica. La precaria situazione macroeconomica e la voragine del debito hanno generato l’impennata dell’inflazione, divenuta ben presto, per il governo di Sharif, una questione prioritaria, alimentando un diffuso malcontento popolare a causa dell’aumento dei prezzi di beni di prima necessità, come la farina di frumento – alimento basilare per il nutrimento della popolazione pakistana. Come se non bastasse, ad agosto del 2022 la nazione ha subito le peggiori inondazioni della sua storia, che hanno colpito oltre 33 milioni di persone e causato esteso sfollamento e distruzione. Un terzo del Paese è stato sommerso dalle acque, ci sono stati circa 15.000 tra morti e feriti e 8 milioni di sfollati, sono andate distrutte o danneggiate oltre 2 milioni di case, 13.000 km di strade asfaltate, 439 ponti e circa 200.000 km2 di terreno agricolo. Si stima che il diluvio abbia spinto nella povertà 9 milioni di persone, imponendo un pesante fardello finanziario a un’economia già in grave difficoltà. Con la rupia che si indeboliva, la contrazione dell’export e delle rimesse dall’estero, la crescita del debito, la situazione è entrata in una fase critica quando, alla fine del 2022, non era chiaro come il Pakistan avrebbe potuto affrontare la crisi economica che lo stava trascinando sull’orlo dell’insolvenza, mentre alcuni osservatori paragonavano la situazione a quella registratasi in Sri Lanka, altro Stato dell’Asia meridionale che nell’aprile aveva dichiarato il default.

In questa fase delicata il Pakistan ha assistito a una nuova ondata di violenza terroristica: militanti del gruppo Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) hanno colpito soprattutto nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Scontri al confine pakistano-afghano e attacchi terroristici al personale di sicurezza in Belucistan hanno messo in luce i gravi problemi di sicurezza alla frontiera occidentale. «Tuttavia la convergenza di sfide politiche, economiche e di sicurezza non ha avuto l’effetto di unire i leader politici del Paese», obietta amaramente Maleeha Lodhi, lasciando al 2023 ardue prospettive di ricomporre i pezzi di una nazione polarizzata e sull’orlo del baratro.

In tale convulsa cornice, la International conference on climate resilient Pakistan, organizzata il 9 gennaio scorso a Ginevra dal governo del Pakistan e dalle Nazioni Unite, che ha riunito governi, leader del settore pubblico e privato e della società civile, è stata una boccata di ossigeno: da un lato ha approvato il piano Resilient recovery, rehabilitation, and reconstruction framework, che delinea una strategia e un supporto economico su vasta scala per la ricostruzione e per la prevenzione dei cambiamenti climatici. Dall’altro è servita a garantire il sostegno internazionale a breve e lungo termine all’economia nazionale: complessivamente, gli impegni assunti ammontano a più di 9 miliardi di dollari provenienti da accordi bilaterali e multilaterali. Inoltre, a margine dell’incontro, il governo del Pakistan ha confermato il proprio impegno a perseguire il programma di riordino delle finanze pubbliche concordato con il Fondo monetario internazionale che lo scorso novembre aveva stanziato (ma deve ancora rilasciare) per il Pakistan un contributo di 1,1 miliardi di dollari.

Ha dichiarato il segretario generale dell’ONU António Guterres: «La conferenza è il primo passo di un viaggio molto più lungo verso la ripresa e la ricostruzione in Pakistan. Le Nazioni Unite saranno lì a fare da traino. Anche il mondo deve esserlo. Ad ogni passo, saremo ispirati dalla resistenza e dalla generosità del popolo del Pakistan in questa missione essenziale e colossale».

Immagine: Distruzione e disagi dovuti al ristagno dell’acqua piovana causato dall’inefficienza del sistema fognario dopo che l’alluvione si è riversata nell’area di Hyderabad, Pakistan (26 luglio 2022). Crediti: Asianet-Pakistan / Shutterstock.com

Argomenti

#ONU#Imran Khan#indipendenza#Pakistan