Quando Vladimir Putin, la notte tra mercoledì e giovedì 24 febbraio, ha deciso di iniziare la guerra contro l’Ucraina forse sperava di concludere «l’operazione contro il neonazismo ucraino» in tre, al massimo quattro giorni.

Ma qualcosa è andato storto e adesso rischia di trasformare la scelta di aggredire l’Ucraina nella sua prima sconfitta; una sconfitta da tutti inattesa e che potrebbe mettere in crisi il suo potere assoluto sulla Russia (e, in questa evenienza così inattesa, dovremmo considerare che il Paese non sarebbe pronto alla successione a Putin).

Ma cerchiamo di capire perché la guerra in Ucraina potrebbe trasformarsi in una vera sconfitta, provando a evidenziare alcuni tra i principali motivi.

Molti di questi sono stati analizzati negli articoli sino ad ora pubblicati su treccani.it, ma letti in forma sincronica possono aiutare a capire quello che sta accadendo.

Il primo è che Putin e i suoi consiglieri militari non immaginavano che l’attacco potesse durare a lungo e non concludersi in pochi giorni, e quelle che possono essere le conseguenze di ciò che molti analisti definiscono “l’effetto Afghanistan”.

Il carattere fulmineo dell’attacco e della conseguente resa non aveva fatto intravedere la possibilità che gli Stati Uniti e soprattutto l’Europa potessero concordare una reazione coesa in grado non solo di condannare la scelta russa e di mettere in atto la sanzioni economiche ‒ questa conseguenza era stata sicuramente prevista dal Cremlino ‒ ma anche di sostenere e armare la resistenza ucraina.

Secondo: nel nuovo millennio che viviamo, il cui vero protagonista capace di cambiare il nostro modo di pensare e di essere è il mondo digitale, Putin fa l’errore ‒ comune a tutte le classi dirigenti ‒ di non considerare il peso e il potere che il “digitale dal basso” può avere di far “vedere” al mondo intero le scene tragiche e drammatiche della guerra. Attraverso i social, come attraverso i siti ucraini e russi, le foto fatte dai cittadini come dai militari con gli smartphone hanno permesso a tutti noi di seguire momento per momento la guerra. Nasce una nuova narrazione rispetto a quella a cui le guerre ci avevano abituato, una narrazione capace di dimostrare ‒ come nessuna azione politica e di comunicazione tradizionale era riuscita a fare ‒ la fragilità del potere di Putin. Ecco che a tutti noi sono apparse le immagini del missile che ha colpito il grattacielo a Kiev ‒ quanta forza ha questa immagine ricordando gli aerei che sventrano il corpo del World Trade Center –, quella dei civili che si oppongono all’avanzata dei carrarmati ‒ anche qui il ricordo è andato alla tragedia di piazza Tienanmen ‒, la nascita di un neonato nel bunker ricavato all’interno di una stazione della metropolitana, i due ragazzi appena sposati che prendono le armi contro il nemico invasore!

Eppure la Russia aveva fatto ricorso in più occasioni agli strumenti informatici come arma non convenzionale, proprio contro l’Ucraina, per interferire con le azioni del governo di Zelenskij, giungendo a mettere fuori uso le centrali elettriche del Paese e lasciando al buio gli ucraini. Tra gennaio e febbraio molti attacchi hacker avevano messo off-line diversi siti governativi e creato un vero blackout nel sistema bancario ucraino. A San Valentino si è registrato un ulteriore attacco a siti governativi e banche che ha portato addirittura a mettere fuori uso diversi sportelli bancomat. L’ultima azione è stata quella del 23 febbraio, per sostenere la scelta di Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche del Donetsk e del Lugansk. Ma mentre gli strateghi russi mettevano in atto azioni “dall’alto” ‒ top down ‒, sottovalutavano la forza e gli effetti che avrebbero avuto l’utilizzo del digitale “dal basso” da parte dei cittadini.

In questa “novità” nelle strategie messe in atto, si è aperto ad esempio un fronte inatteso da parte di Anonymous, il movimento, nato nel 2003, di cyberattivisti che si muovono in maniera coordinata per raggiungere alcuni obiettivi. Attraverso i suoi profili si definiscono le azioni di “sabotaggio” digitale, utilizzando l’hashtag #OpRussia: dapprima alla TV russa RT News, poi al sito di Gazprom e a quello dell’impresa bielorussa di armamenti Tetraedr. Il social media Telegram ha fatto poi sapere che un attacco è stato anche rivolto contro il sito dell’Agenzia spaziale russa da Leopoli, in Ucraina.

Nello stesso tempo, Anonymous sta mettendo in campo tutte le operazioni per mantenere il popolo ucraino on-line nel miglior modo possibile e per essere quindi informato su ciò che sta accadendo.

Terzo problema che Putin non aveva considerato è la capacità di resistenza del popolo ucraino, guidato dal suo presidente Zelenskij. Sin dalle prime ore dell’invasione, gli ucraini hanno dimostrato di voler difendere la loro patria: motivi storici ‒ anche qui una narrazione diametralmente opposta a quella fatta da Putin ‒ e orgoglio nazionale hanno dimostrato come dal basso ci si potesse opporre alla prepotenza russa.

Mentre i blindati russi entravano in Ucraina, le forze speciali del Cremlino, gli Spetsnaz, iniziavano ad operare nella capitale, i soldati dell’esercito ucraino e migliaia di civili imbracciavano le armi contro quello che veniva vissuto come l’invasore, colui che avrebbe privato tutti i cittadini ucraini della loro libertà.

Saranno forse queste nuove e inattese dinamiche, sottovalutate da Putin e molto differenti da quelle delle strategie di guerra del XX secolo, a mettere in ginocchio il gigante russo e la leadership del capo del Cremlino.

Se così fosse, la scelta di una soluzione diplomatica potrebbe essere la migliore soluzione per il presidente russo per evitare il crollo del suo impero.

Immagine: Vladimir Putin (11 maggio 2020), Crediti: Photographer RM / Shutterstock.com

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