20 luglio 2020

Proseguono i negoziati al Consiglio europeo

Quarto giorno di trattativa nel Consiglio europeo: la durata straordinaria delle discussioni è un sintomo da un lato dell’esistenza di posizioni differenti non facilmente conciliabili, dall’altro della volontà di tutti i Paesi di arrivare a un compromesso o quantomeno di non assumersi la responsabilità di un fallimento. È diffusa la consapevolezza che un accordo può corrispondere più o meno completamente alle esigenze del singolo Paese, ma un fallimento sarebbe una sconfitta di tutti e dell’idea stessa di Europa. Le divergenze rimangono forti con il gruppo dei Paesi che sono stati definiti frugali (Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca cui si è accostata nel corso del vertice anche la Finlandia) e riguardano aspetti importanti del Recovery Fund: in primo luogo l’importo complessivo del fondo e la sua ripartizione fra prestiti e sovvenzioni. In secondo luogo le condizioni a cui i Paesi che usufruiranno del Fondo dovranno attenersi, tra cui oltre a vincoli di carattere economico sta emergendo anche la questione del rispetto dello Stato di diritto. E infine il tema dei rebate, cioè di quegli sconti che sono stati concessi ad alcuni Paesi come l’Olanda, la Germania e la Svezia sul loro contributo al bilancio dell’Unione Europea, per riequilibrare la sproporzione fra quanto si dava e quanto si riceveva.

Sul primo punto la maggioranza dei Paesi concordava intorno a 500 miliardi di sussidi e 250 miliardi di prestiti; i cosiddetti frugali, ostili in via generale ai sussidi, avevano proposto come mediazione una riduzione del totale del Fondo a 700 miliardi e una partizione paritaria, con 350 miliardi di prestiti e 350 di sussidi. Una proposta che Italia, Francia, Spagna, con l’appoggio anche della Germania, hanno rifiutato. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sta lavorando a una mediazione che prevede 400 miliardi di sussidi con il permanere di rebate a favore di alcuni membri fra cui i Paesi Bassi oppure 390 miliardi di sussidi con sconti meno rilevanti.

Le diverse questioni sono così interdipendenti, che non si può procedere risolvendo un punto alla volta ma è necessario trovare un equilibrio generale e compensazioni tra tutti gli aspetti che sono sul tavolo, tenendo conto che alcuni punti, come l’unanimità del Consiglio per approvare i piani di riforma dei singoli Stati (avanzata dai Paesi Bassi) o la questione dell’abolizione dei rebate (sollevata principalmente dall’Italia) sono stati messi in campo principalmente per spostare gli equilibri della trattativa.

I toni nella riunione plenaria di domenica sono stati piuttosto aspri: Macron è stato protagonista di alcuni scontri verbali e Giuseppe Conte ha accusato il premier olandese Mark Rutte di guardare ai consensi immediati e non ai risultati a lungo termine. Angela Merkel, senza nascondere le difficoltà, sta mettendo in gioco il suo ruolo e il suo prestigio per arrivare a un accordo; da un certo punto di vista, il fatto che non entrino in gioco gli schieramenti politici tradizionali (nei Paesi cosiddetti frugali ci sono sia governi progressisti sia governi di orientamento conservatore) ma principalmente interessi economici nazionali in fin dei conti può aiutare la trattativa, non troppo gravata da risvolti ideologici o di appartenenza.

 

Immagine: Mark Rutte (24 gennaio 2013). Crediti: World Economic Forum from Cologny, Switzerland [CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], attraverso commons.wikimedia.org