29 novembre 2022

Proteste in Cina contro la politica zero Covid

Esplode in Cina il dissenso rispetto alla politica zero Covid, con cui il governo ha provato in questi anni a isolare ed eliminare ogni focolaio della pandemia attraverso rigidi lockdown e test di massa. Una strategia che è fortemente legata alla leadership di Xi Jinping, che è stato infatti contestato apertamente a Shanghai. La Cina, che sembrava uscita nel modo migliore dalla pandemia, si trova adesso in difficoltà, soprattutto sul fronte interno: le misure di prevenzione hanno avuto pesanti conseguenze economiche e suscitano reazioni di esasperazione nella popolazione. Il malumore serpeggiava già da diversi mesi ed è esploso in seguito al grave incidente avvenuto nella notte fra giovedì 24 e venerdì 25 novembre a Ürümqi, nella provincia nordoccidentale dello Xinjiang, dove sono morte almeno dieci persone a causa di un incendio. È opinione diffusa che molte vittime non siano riuscite mettersi in salvo proprio a causa delle restrizioni contro il Coronavirus. I blocchi e i controlli avrebbero rallentato i soccorsi e molte persone avrebbero esitato ad abbandonare l’edificio in fiamme per timore di violare le disposizioni del lockdown.

Le proteste più intense si sono sviluppate a Shanghai dove sabato 26 e domenica 27 novembre, centinaia di persone, la maggior parte giovani, sono scese in strada, gridando il loro dissenso e criticando le autorità. Molti di loro mostravano fogli bianchi, in segno di lutto e di critica alla censura. Nel corso delle manifestazioni ci sono stati momenti di tensione con la polizia e il fermo di alcune persone. Altre azioni di protesta si sono svolte a Pechino, Nanchino, Wuhan e in diverse città dello Xinjiang, ma le notizie su queste manifestazioni sono circolate soltanto nella rete, mentre i media ufficiali le hanno ignorate. Il governo ha comunicato che la strategia zero Covid andrà avanti, ma proprio nella città di Ürümqi le misure sono state allentate, almeno in alcune zone.

L’allarme del governo per la diffusione della pandemia è in parte giustificato. Lunedì 28 novembre in Cina sono stati registrati più di 40.000 nuovi casi, il numero più alto da quando la pandemia viene monitorata assiduamente attraverso test. Sono dati però che non appaiono drammatici, tenendo conto della popolazione, se rapportati a quelli di altri Paesi, come ad esempio il Giappone (più di 90.000 nuovi casi al giorno), gli Stati Uniti (circa 40.000) oppure l’Italia che in questo periodo registra circa 30.000 nuovi casi al giorno. Anche il numero delle vittime è stato finora relativamente basso. Dall’inizio della pandemia, in Cina ci sono stati tre decessi per Covid ogni milione di abitanti, a fronte dei 3.000 registrati negli Stati Uniti.

La strategia zero Covid che era sembrata vincente sta mostrando però i suoi limiti. La percezione della popolazione cinese, che continua a subire grandi limitazioni delle libertà individuali e una sensibile contrazione dell’economia, è che questa politica adottata dal governo abbia costi sociali molto elevati e alla fine si mostri meno efficace del previsto, a fronte dell’incremento dei casi.  Molti osservatori sono però convinti che la scelta di non abbandonare la strategia zero Covid non si basi su una rigida ideologia o sulla difficoltà di ammettere gli errori, ma piuttosto su una valutazione realistica della fragilità del sistema sanitario cinese. Bisogna tener presente inoltre che i tassi di vaccinazione in Cina, anche nelle fasce fragili della popolazione, sono piuttosto bassi e il sistema sanitario potrebbe avere difficoltà enormi nel reggere l’impatto di un forte e rapido incremento dei contagi.

Secondo alcune previsioni, un radicale allentamento delle restrizioni, potrebbe provocare in tempi brevi oltre trecento milioni di contagi. Anche se queste stime possono essere eccessive, le future scelte delle autorità cinesi non sono facili, perché se è vero che i rischi di ulteriori contagi sono reali, bisogna comunque tenere conto della reazione della popolazione. Difficilmente ci sarà un cambiamento radicale di impostazione, che sarebbe vissuto peraltro come una sconfitta dalle autorità, ma è possibile che alcune misure saranno ammorbidite. Non è detto che questo sia sufficiente a far rientrare le tensioni. Le proteste, pur se eccezionali per il contesto cinese, hanno ancora una diffusione limitata e non fanno presagire in tempi brevi una rivolta diffusa. Sono però un segnale importante e foriero di sviluppi perché il Paese sta vivendo una congiuntura economica piuttosto complessa, legata alle misure di prevenzione sanitaria ma anche ad altri fattori di carattere globale.

 

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Immagine: Manifestanti che mostrano fogli bianchi durante una protesta contro i lockdown, Cina (28 novembre 2022). L’immagine è un fotogramma tratto dal video realizzato da Euronews con AP (www.euronews.com)