Si continua a combattere presso il confine orientale della Repubblica Democratica del Congo, nell’area del Nord Kivu. Da una parte l’esercito regolare congolese; dall’altra il movimento ribelle denominato M23 (Movimento 23 marzo) che chiede l’applicazione degli accordi di pace di Goma, firmati appunto il 23 marzo 2009, che dovevano porre fine alla guerra civile tra Tutsi e Hutu.  
I membri dell’M23 sono infatti Tutsi che nel 2006 avevano costituito il Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), per fronteggiare l’offensiva degli Hutu esuli dal Ruanda e organizzati nelle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR); con gli accordi di Goma, la milizia Tutsi era stata integrata nell’esercito regolare congolese. Dopo tre anni, l’ammutinamento e la costituzione del M23.
I conflitti che hanno dilaniato il vicino Ruanda si stanno espandendo nella Repubblica Democratica del Congo. Infatti  Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) sono state costituite  in parte proprio dagli autori dei massacri del 1994 o comunque da combattenti Hutu di origine ruandese che si erano rifugiati nel Nord Kivu dopo che i Tutsi del Fronte Patriottico Ruandese (FPR) guidati da Paul Kagame si erano impadroniti del governo in Ruanda.
Il paradosso di questa vicenda è che il piccolo Ruanda, ormai saldamente in pugno al presidente Kagame e ai Tutsi, riesce a condizionare la vita interna del suo immenso ma disgregato vicino. Sono state denunciate più volte le ingerenze ruandesi, che si sono concretizzate non soltanto con l’appoggio ai ribelli del M23 ma anche con sconfinamenti dell’esercito regolare nella zona del Kivu. Sono in molti a pensare che le immense ricchezze minerarie del Nord Kivu siano nel sottosuolo anche di queste violenze e di queste ambizioni e che le difficoltà strutturali del governo della Repubblica Democratica del Congo a controllare il (ricco) territorio sollecitino pulsioni separatiste e ambizioni non disinteressate.