I sette governi che costituiscono gli Emirati Arabi Uniti hanno eletto il nuovo presidente del Paese. Com’era ampiamente prevedibile, a succedere alla morte di Khalifa bin Zayed al-Nahyan sarà il fratellastro Mohammed bin Zayed. Questo passaggio di consegne non costituisce affatto una sorpresa in quanto l’ex presidente da tempo era in pessime condizioni salute che hanno fatto sì che, negli ultimi anni, Mohammed bin Zayed fosse il leader di fatto del Paese. Pertanto, dall’operato del nuovo presidente nel corso degli ultimi anni è possibile desumere quale saranno le linee politiche del Paese negli anni a venire. Occorre considerare, d’altra parte, la struttura politica peculiare degli Emirati Arabi Uniti: sette autocrazie che si coordinano per conferire al presidente compiti perlopiù legati alla politica estera e di sicurezza. Sarà quindi sulla politica estera che si potrà osservare il lavoro di Mohammed bin Zayed come nuovo presidente. Un primo elemento sarà, senza dubbio, la prosecuzione di una linea politica fortemente ostile a movimenti dell’islamismo politico quali i Fratelli musulmani. Mohammed bin Zayed, noto anche sotto l’acronimo di MbZ, ha cominciato a subentrare di fatto al potere dal 2014 a seguito di un ictus subito dai Khalifa bin Zayed. Proprio tra il 2013 e il 2014 si stava consumando, in Egitto, la crisi politica che ha visto prima l’ascesa al potere dei Fratelli musulmani con Mohammed Morsi e, successivamente, il golpe che ha portato alla guida del Paese il generale al-Sisi. MbZ, proprio a seguito di queste vicende e, in generale, dell’instabilità politica seguita alle primavere arabe, ha maturato una profonda ostilità nei confronti dell’islamismo politico. Pertanto, è lecito aspettarsi ulteriori strette autocratiche a questo riguardo.

Un ulteriore aspetto legato all’ostilità verso l’islamismo politico è, senza dubbio, il fatto che l’attore principale a sostegno di questi movimenti sia l’Iran, verso cui MbZ ha una posizione estremamente critica. Il contenimento dell’ascendente iraniano sulla regione rappresenta, probabilmente, il cardine centrale della visione strategica del nuovo presidente. MbZ è stato tra i promotori dell’embargo verso il Qatar, con Doha accusata dai Paesi che hanno operato questa stretta anche di essere troppo filoiraniana. A tale proposito è lecito aspettarsi un intensificarsi della pressione emiratina nei confronti dell’Iran attraverso azioni diplomatiche anche clamorose, quali l’avvicinamento diplomatico con Israele, di cui MbZ è stato tra i principali promotori. Le posizioni fortemente anti-iraniane da parte di MbZ contribuiscono ad avvicinarlo a un altro importante autocrate della zona, il principe saudita Mohammad bin Salman (detto MbS). I rapporti interpersonali e dinastici rappresentano un aspetto molto importante nella costruzione delle politiche tra i Paesi arabi del Golfo. L’ascesa al potere di MbZ potrebbe dunque portare a un ulteriore avvicinamento tra Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, con conseguenze che si ripercuoteranno su diversi teatri d’azione tra i quali, soprattutto, lo Yemen ancora preda della guerra civile.

Dal punto di vista dell’interventismo estero, MbZ da anni è impegnato in una profonda riforma della potenza militare del Paese, compensando le sue piccole dimensioni attraverso imponenti investimenti in due direzioni. La prima è quella di rendere l’esercito emiratino tra i più tecnologicamente avanzati del mondo. La seconda è ricorrere a compagini mercenarie ed esternalizzare la politica militare sfruttando le ricche casse dello Stato. Sono diversi i teatri sui quali sono impegnati gli Emirati Arabi Uniti in questo momento, dallo Yemen alla Libia. È lecito, pertanto, aspettarsi un dinamismo crescente e, magari, l’apertura di nuovi ambiti d’intervento politico, diplomatico e militare. Un segnale molto importante per Roma, da mesi impegnata a stringere rapporti con nuovi partner in campo energetico per reazione alla guerra in Ucraina.

Un elemento invece ancora ignoto saranno i rapporti con gli Stati Uniti. MbZ è tra i sostenitori di una visione per la quale Washington sarà sempre meno impegnata e interessata alle sorti dell’area mediorientale e del Golfo. Sebbene Biden intenda corteggiare fin da subito il nuovo presidente, allo stato attuale le posizioni di MbZ verso la potenza americana sono quantomeno tiepide. Ciò ha portato, per esempio, all’assenza di una presa di posizione forte rispetto alla crisi in Ucraina. MbZ di sicuro non intende rompere del tutto i rapporti con gli Stati Uniti, ma è tra i fautori di uno scenario che vede l’asse a guida americana dei decenni precedenti come un retaggio del passato. L’affrancamento dagli Stati Uniti comporterà, tra l’altro, l’intensificazione del lavoro di diversificazione dei partner a cui Abu Dhabi intende far riferimento. Tra i principali candidati rientra senza dubbio la Francia, con il presidente Macron che è già volato negli Emirati Arabi Uniti a rendere omaggio al nuovo presidente. Anche la Turchia potrebbe diventare un potenziale partner, soprattutto in ottica di competizione con il rivale Qatar, da anni stretto alleato di Ankara. Lo stesso presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, si è recato ad Abu Dhabi per esprimere cordoglio a MbZ per la scomparsa dell’ex presidente emiratino nonché fratellastro.

Nel complesso, MbZ potrebbe definire la propria agenda di politica estera in maniera simile ai primi anni di governo de facto del suo corrispettivo saudita MbS, ossia associare un rinnovato dinamismo emiratino alla propria figura. La relativa giovane età del nuovo presidente, sessantunenne, e l’esperienza di governo già vissuta negli ultimi anni gli consentono d’impostare strategie nel medio e lungo termine. Potendo inoltre contare sul solido sostegno dei governanti degli altri Emirati, MbZ sembra, per il momento, non doversi preoccupare troppo della stabilità interna. Una serie di fattori che, nel complesso, potrebbero proiettare gli Emirati Arabi Uniti in una nuova fase di espansione del proprio ascendente internazionale, a patto che il nuovo ruolo di MbZ non lo conduca ad avventure personalistiche che rischino di portare il Paese a compiere sforzi superiori alla sua portata. I rischi in tal senso non mancano, vedasi lo Yemen, così come però, al contempo, non mancano le opportunità per consolidare il ruolo degli Emirati Arabi Uniti sul piano internazionale.

Immagine: Da sinistra, Mohammed bin Zayed al-Nahyan con il primo ministro indiano, Narendra Modi, Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti (16 aprile 2021). Crediti: YashSD / Shutterstock.com

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