In occasione del tradizionale discorso che ad inizio anno il presidente della Federazione Russa rivolge all’Assemblea federale, Vladimir Putin ha annunciato la volontà di apportare alcune modifiche alla costituzione federale. All’annuncio hanno fatto seguito le dimissioni del capo del governo e presidente del partito Edinaja Rossija (Russia Unita) Dmitrij Medvedev: all’impopolare Medvedev è subentrata la figura non particolarmente nota di Michail Mišustin, ex capo del servizio tributario federale (il corrispettivo dell’Agenzia delle entrate in Italia).

Tra i ministri del vecchio esecutivo confermati nella nuova compagine governativa – in tutto 12 su 21 – spiccano i nomi di Sergej Lavrov (ministro degli Esteri) e Sergej Šoigu (ministro della Difesa). Un fatto che conferma come sia il progetto di modifica costituzionale che la formazione del nuovo governo non abbiano nulla a che vedere con il posizionamento e la strategia internazionali del Cremlino, a cui anzi le mosse di Vladimir Putin vogliono assicurare il massimo della continuità.

L’allontanamento del liberale Medvedev sembra quasi voler ricucire lo strappo – in particolare con il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF, Kommunisticeskaya Partija Rossijskoi Federatsii) – e lenire il calo di consensi prodotto dalla recente ed impopolare riforma delle pensioni e dall’aumento dell’IVA.

Pressoché in contemporanea con lo scioglimento del vecchio governo e la formazione del nuovo si è palesato anche l’allontanamento del consigliere presidenziale per l’Ucraina Vladislav Surkov, in carica sin dagli albori del conflitto esploso in Ucraina nel 2014. A Surkov è subentrato Dmitrij Kozak presenza russa in Transnistria: di quest’ultimo non vanno ignorate le origini ucraine, origini che certamente lo faciliteranno nelle sue funzioni. Ben poco, comunque, sembra destinato a mutare nella strategia ucraina del Cremlino in relazione a questo avvicendamento, che può riassumersi con la conferma della volontà di dialogo e di normalizzazione dei rapporti con Kiev.

Il nuovo governo e il progetto di modifica costituzionale hanno certamente un nesso con il dopo-Putin, ossia con ciò che avverrà dopo il 2024, anno in cui Vladimir Putin dovrà fare i conti con la  fine del suo quarto mandato presidenziale, e del secondo consecutivo. Il ventaglio di ipotesi sulle modalità attraverso le quali Putin potrebbe evitare di uscire di scena è ampissimo: dall’incarico a primo ministro (come avvenuto tra il 2008 ed il 2012), a quello di capo del Consiglio di sicurezza federale (magari sul modello kazako, in fase di istituzione), a presidente di un’ipotetica Unione di Russia e Bielorussia. Quel che sembra probabile è che non abbia affatto intenzione di uscire di scena e che voglia intervenire sull’assetto istituzionale per fare in modo che in futuro l’eventuale nuovo inquilino del Cremlino possa metterne in discussione il ruolo. Proprio questo potrebbe essere il senso da attribuire al progetto di modifica costituzionale proposto: tra i suoi obiettivi quello di rafforzare i poteri del Parlamento – soprattutto nella designazione del governo –, di riformare il Consiglio di sicurezza e di dare maggiore responsabilità ai governatori regionali.

Secondo i recenti sondaggi dell’autorevole centro di ricerca sociale Levada, quasi la metà dei cittadini della Federazione Russa ritiene che il progetto di modifica costituzionale sia funzionale agli intenti di Vladimir Putin. Poco meno della metà dei cittadini della Federazione ritiene, secondo lo stesso centro di ricerca sociale, che le modifiche costituzionali siano destinate a produrre miglioramenti per il Paese. Solo il 7% dei russi, secondo il Levada, dopo il 2024 vorrebbe non vedere in alcun modo la figura di Putin coinvolta nella sfera pubblica. Oltre un quarto dei russi, vorrebbe invece vederlo di nuovo alla presidenza della Federazione: un numero grosso modo equivalente vorrebbe invece che si ritirasse a vita privata. Un altro 20% circa vorrebbe Putin con un incarico istituzionale di altro tipo.

Alcuni giorni dopo la nomina del nuovo governo Putin ha dichiarato: «È necessario che le persone partecipino a questa consultazione e dicano se vogliono o meno questo cambiamento, e che la cittadinanza del nostro Paese partecipi concretamente a questo passaggio che accetterà definitivamente questa modifica o lo rifiuterà. Soltanto dopo questo passaggio, in cui le persone si esprimeranno, firmerò o mi asterrò dal firmare il progetto di modifica».

In attesa della consultazione referendaria – di cui non sono noti i dettagli – attesa per aprile, la Duma – nel primo dei tre passaggi necessari – ha approvato all’unanimità il documento contenente il progetto di modifica costituzionale.

Immagine: Vladimir Putin (17 gennaio 2019). Crediti: Sasa Dzambic Photography / Shutterstock.com

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

Argomenti

#ministro#Federazione Russa#Putin