In molti hanno sperato di poter vedere nelle elezioni del 24 marzo un vero e proprio crocevia per il futuro democratico della Thailandia; un momento sul quale di sono concentrati al contempo speranze e timori. Da un lato l’eccitazione per un ritorno al voto che rischiava di essere eternamente posticipato dalla giunta militare, dall’altro il pericolo che i militari strumentalizzassero (e indirizzassero) il confronto elettorale per diventare i “legittimi” governanti del Paese. L’attesa per i risultati definitivi, incredibilmente posticipati al 9 maggio, si è progressivamente trasformata in timore e poi rassegnazione, una volta constatata l’innegabile ingerenza dei militari.

I risultati preliminari, per quanto dibattuti e rigettati per presunti brogli, confermavano i pronostici della vigilia, con il Phalang Pracharat, il partito pro-giunta militare a capo del quale è stato posto proprio Prayuth Chan-ocha, in testa con 8,4 milioni di voti. A seguire i diversi partiti di opposizione, ossia il Pheu Thai con circa 7,9 milioni di voti, l’esordiente Future Forward (Phak Anakhot Mai) di Thanathorn Juangroongruangkit con più di 6 milioni di voti, il Partito democratico crollato a meno di 4 milioni di preferenze, e poco distanziato il Bhumjaithai. Questi dati sono stati poi definitivamente confermati, con il Pheu Thai che si è aggiudicato 136 seggi, seguito da Phalang Pracharat con 115, Future Forward con 80, Partito democratico con 52 e Bhumjaithai con 51.

Il Pheu Thai ha già ribadito, assieme ad altri sei partiti, di voler formare una coalizione di governo per ricondurre il Paese verso il concerto democratico. Ma questa ipotesi è stata già “scartata” dalla leadership militare, poichè il Phalang Pracharat ha conquistato il voto popolare e quindi ha diritto a governare. A questo si aggiunge la grande confusione nello scrutinio dei voti. La commissione elettorale ha progressivamente rallentato le operazioni e le comunicazioni ufficiali, per poi decidere di non diffondere i risultati definitivi durante la nottata. In seguito è stata invece comunicata la necessità di un riconteggio dei voti, con il conseguente rinvio dei risultati finali al mese di maggio; una decisione, secondo diversi osservatori, pilotata dalla giunta.

Nei giorni successivi al voto sono emersi diversi aspetti che non fanno che dare corpo a queste accuse: in primo luogo il dato sull’affluenza, che è inspiegabilmente passato dal 65% al 75% nell’arco di poche ore. La richiesta di delucidazioni da parte di Pheu Thai e Future Forward è tutt’ora senza risposta. In alcune regioni del Paese il numero dei voti scrutinati era superiore a quello degli aventi diritto, mentre in altre si è registrata un’affluenza del 200%. La maggior parte dei risultati comunicati dalla commissione non combaciava con quelli diffusi a livello locale, e un numero considerevole di voti è stato annullato. Un altro caso preoccupante riguarda i voti dei thailandesi residenti in Nuova Zelanda, che non sono stati presi in considerazione per il conteggio finale a causa del forte ritardo con cui sono stati comunicati. Questi esempi lasciano intendere quanto ancora stia regnando la confusione sulle operazioni di voto e scrutinio.

Un altro duro colpo alla legittimità delle operazioni di voto, che corrobora peraltro l’ipotesi di ingerenze dei militari, è arrivato con l’accusa di eversione nei confronti di Thanathorn Juangroongruangkit, leader di Future Forward. L’episodio incriminato risalirebbe al 2015, quando Thanathorn avrebbe preso parte ad una manifestazione di protesta per il recente colpo di Stato militare, dopo la quale si allontanò assieme a Rangsiman Rome, allora ricercato e poi arrestato dalla polizia. Nei giorni successivi si sono aggiunte altre accuse, tra cui quelle di complicità e radunata sediziosa. Ciò significa che Thanathorn verrà giudicato da una corte militare, poiché i reati di cui è accusato riguardano la sicurezza nazionale, e rischia sino a sette anni di detenzione. Il suo arrivo alla stazione di polizia è stato accolto da una folla di sostenitori e da diversi osservatori internazionali, e il suo interrogatorio è previsto per il 15 maggio.

Future Forward ha avuto un grandissimo successo elettorale, raccogliendo un forte consenso tra i più giovani soprattutto per le sue posizioni anti-establishment: l’obiettivo del partito è quello di cambiare l’attitudine e il modo di fare politica nel Paese; i militari sono quindi un nemico tanto quanto la vecchia élite politica thailandese. L’essenza stessa del partito rappresenta una minaccia per l’ordine costituito che ha governato negli ultimi anni, che sommata al consenso ottenuto alle elezioni ne fa un avversario molto temibile per Prayuth. Per questo motivo, il generale potrebbe aver preventivamente deciso di bloccare l’ascesa politica del rivale e il timore che il partito possa venire sciolto è concreto.

Non deve quindi stupire la forte delusione e disillusione che ha colpito buona parte della popolazione, soprattutto le fasce più giovani, nei giorni successivi alle votazioni. Erano elezioni particolarmente sentite, le prime per una generazione di thailandesi dopo ben otto anni di attesa. La prospettiva di un definitivo allontanamento dei militari dalla vita politica, come proposto da Thanathorn, era un obiettivo forse troppo ambizioso, ma un ridimensionamento del loro ruolo appariva invece plausibile oltre che auspicabile. La realtà invece si prospetta ben diversa, e la riconferma di Prayuth come primo ministro appare ormai certa. Grazie alla recente riforma costituzionale e al varo di nuove leggi elettorali, il primo ministro verrà nominato con una votazione della Camera (in cui Prayuth può già contare 115 seggi) e del Senato (i 250 senatori non verranno eletti, ma nominati dalla giunta militare). Prayuth ha bisogno di altri 11 voti alla Camera, ostacolo tutt’altro che insormontabile considerando la simpatia verso i militari di alcuni piccoli partiti.

Si prospettano quindi anni complicati per il popolo thailandese, pressoché soggiogato da un sistema politico in balia della sete di potere e di controllo dei militari.

Immagine: Prayuth Chan-ocha ha votato alle elezioni in un seggio elettorale di Bangkok, Thailandia (24 marzo 2019). Crediti: vichanpoti / Shutterstock.com

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