Il 2018 inizia per l’Europa sotto il segno dell’incertezza. Il 2017 è stato un anno pieno di turbolenze: le difficili trattative sulla Brexit, il complesso rapporto con l’amministrazione Trump, che sta rivoluzionando tutti i rapporti diplomatici, e soprattutto la questione delle migrazioni, per le sue difficoltà reali e per le scosse che assesta all’immaginario collettivo, con lo stillicidio delle morti in mare e tutto il corollario di incertezze e di paure. Ma il 2017 è stato anche anno di tempeste elettorali, che hanno messo in difficoltà Angela Merkel, ridimensionato clamorosamente i socialisti francesi, confermato la stabile (ma destabilizzante per l’assetto continentale) influenza di movimenti antieuropei e populisti. La drammatica situazione esplosa in Catalogna ha dimostrato inoltre che l’Unione Europea, in base al suo stesso statuto, poco può fare per dirimere esplosivi conflitti interni ai Paesi aderenti; non è una sorpresa alla luce della conoscenza dei meccanismi istituzionali ma sul piano dell’immaginario collettivo è un altro forte indizio di impotenza.

Del resto il 2017 ci mostra un’Europa in cui non sono in gioco solo i confini, chi è dentro e chi è fuori; sembra proprio che la spinta ideale, l’identità comune del popolo europeo, sia flebile e infiacchita. Alcuni osservatori rilevano però che di fronte alle difficoltà acute degli ultimi mesi, in qualche modo l’Europa ha tenuto, ha mostrato un profilo accorto e responsabile. Le sfide del 2018 non saranno però meno impegnative: il ridimensionamento del programma di acquisto dei titoli da parte della BCE, che aveva dato respiro ad alcune economie in difficoltà, gli inevitabili tagli al bilancio comunitario e la necessità di trovare un’unità di intenti almeno sui dossier più impellenti sono nell’agenda dei prossimi mesi. L’Italia guarda con attenzione a questo scenario che inevitabilmente influenzerà una campagna elettorale già di per sé complessa e prevedibilmente aspra.

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