Il mese di ottobre è denso di date simboliche per cilene e cileni.

Il 5 ottobre del 1988 la dittatura civile-militare di Augusto Pinochet riconobbe il risultato del plebiscito col quale si avviavano a conclusione i 17 anni di un governo che aveva lasciato una scia di sangue, criminalità e corruzione mai vista nella storia politica del Paese. L’eredità di questo percorso è stata, tra l’altro, un modello neoliberista ancorato in una Costituzione illegittima nella sua origine e con la quale, nonostante per più di 50 volte sia stata sottoposta a riforma, non è stata cancellata l’impronta autoritaria né è stato cambiato radicalmente il modello economico con cui sono cresciute due generazioni di cileni.

Il 18 ottobre del 2019 una rivolta sociale ha riempito le strade delle principali città del Cile unendo donne, uomini e giovani in un solo grido proveniente dal profondo: la richiesta di dignità. Questa invocazione riflette bene il malessere sociale accumulato sin dal ritorno della democrazia in Cile nel 1990. Il successo economico, che si è tradotto in alti tassi di crescita, riduzione della povertà e miglioramento degli indici di salute, istruzione e reddito, tra l’altro, ha contribuito ad aumentare le aspettative di un progresso che andasse al di là di ciò che il sistema basato sull’individualismo estremo e sul sistema di prestazioni sociali private era in grado di offrire. Molto presto il modello neoliberista estremo ha toccato un tetto per la maggior parte delle persone e, con i successivi governi democratici – ritenuti in parte responsabili di non aver smantellato il perverso ingranaggio costituzionale ereditato, che privilegia l’individualismo sul bene comune – il malessere ha cominciato a crescere e ad accumularsi. In questo modello proprietà e iniziativa privata, in base al principio di sussidiarietà, hanno la priorità assoluta sul sociale; al suo interno tutto può essere fatto dal settore privato, senza l’intervento dello Stato, arrivando persino all’estremo di garantire la proprietà privata dell’acqua. Ogni volta che si è tentato di modificare questi aspetti, le limitazioni costituzionali sostenute dai partiti di destra e dai settori conservatori hanno funzionato da argine.

Il 25 ottobre di quest’anno diventerà una giornata storica per il Cile, e probabilmente per le donne di tutto il mondo. Quel giorno, dopo le imponenti e continue manifestazioni nelle strade cilene per chiedere una nuova Costituzione, avrà luogo il plebiscito che l’attuale governo di Sebastián Piñera, sostenuto da una coalizione di destra, ha dovuto concedere di fronte all’ampiezza delle proteste, concordando, insieme ai partiti di centro-sinistra, di riformare prima l’attuale carta fondamentale per chiedere poi un plebiscito in cui i cileni dovranno decidere se preferiscono una nuova Costituzione o desiderano mantenere quella attuale.

Allo stesso tempo devono decidere se vogliono una convenzione costituzionale, equivalente a un’Assemblea costituente, eletta al 100% o composta per metà dal Parlamento in carica e per l’altra metà eletta. Il carattere senza precedenti, e quindi la rilevanza mondiale di questo processo, è che per la prima volta nella storia gli eletti saranno per il 50% donne. In altre parole, l’eventuale nuova Costituzione che governerà il Cile sarà redatta secondo il principio della parità di genere, cosa che non è avvenuta con nessuna delle Costituzioni del mondo.

La pandemia da Coronavirus e il confinamento forzato nelle grandi città, a partire dal marzo di quest’anno, hanno fatto da cuscinetto alle proteste riducendo la mobilità, imponendo il divieto di riunione e il coprifuoco oltre a un regime di eccezione che limita la libertà di circolazione. Ciononostante, le manifestazioni continuano nei settori popolari, e questo mese di ottobre è iniziato male per il governo.

Con la graduale abolizione delle restrizioni, le manifestazioni di giovani sono ricominciate in Plaza Baquedano, un luogo emblematico di Santiago, dove l’anno scorso si sono radunate più di un milione di persone, e che oggi chiamiamo Plaza de la Dignidad. Settori radicali e violenti hanno approfittato della situazione per affrontare la polizia e distruggere la proprietà pubblica e privata, atti che sono stati condannati dalla maggioranza della popolazione e dei partiti politici. Tuttavia, la polizia ‒ i Carabineros de Chile ‒ che ha una lunga storia di violazioni dei diritti umani fin dai tempi della dittatura, non è stata in grado di adempiere ai suoi obblighi di organismo statale responsabile della sicurezza. In un anno ha causato centinaia di feriti, con danni agli occhi, e due innocenti, una lavoratrice e uno studente, sono rimasti accecati dall’uso indiscriminato di proiettili e dal lancio di bombe lacrimogene in faccia. Il 2 ottobre, un carabiniere ha spinto un ragazzo di 16 anni che stava partecipando ad una protesta dalla ringhiera di uno dei ponti sul fiume Mapocho, facendolo cadere da oltre 7 metri nel debole flusso d’acqua. Il ragazzo ha subito un trauma cranico ma fortunatamente si è ripreso.

La polizia è nell’occhio del ciclone per la gestione delle proteste, e diverse forze politiche chiedono le dimissioni del suo direttore generale e la riforma del corpo. Il governo e il presidente Piñera, con una caparbietà difficile da capire, sono riluttanti a rimuoverlo dall’incarico nonostante questa richiesta sia stata avanzata mesi fa. I Carabineros sono un’istituzione rispettata, con migliaia di funzionari che svolgono compiti di pubblica sicurezza in tutto il Paese, quindi le critiche riguardano solo le squadre incaricate di affrontare i manifestanti.

I sondaggi finora effettuati indicano che il plebiscito del 25 ottobre segnerà una grande vittoria delle forze che vogliono una nuova Costituzione, compresi i settori minoritari della destra. Anche i sondaggi prevedono che ci sarà un’alta affluenza alle urne, ma nulla è garantito. La pandemia e la paura del contagio avranno un ruolo, così come la propaganda di quei settori conservatori che si oppongono a una nuova Costituzione. Né aiuta la violenza scatenata dai settori radicali che distruggono beni e terrorizzano la popolazione, né la mancanza di criterio dell’alto comando dei carabinieri, che ha permesso un uso eccessivo della forza.

Il plebiscito dovrebbe essere la grande valvola per alleviare la pressione sociale accumulata. Un’ampia vittoria dei sostenitori di una nuova Costituzione contribuirà ad alimentare il sogno di costruire un Paese più giusto, una società con maggiori opportunità per tutti, che garantisca l’accesso alla salute, all’istruzione, all’alloggio, a pensioni decenti e all’acqua come bene pubblico per tutte e tutti i cileni.

Immagine: Manifestanti in Plaza de Italia a Santiago, Cile (29 ottobre 2019). Crediti: abriendomundo / Shutterstock.com

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