Sono rientrati in Marocco la maggior parte dei migranti, 5.600 su 8.000, che erano penetrati in modo illegale, a nuoto o scavalcando le recinzioni, nell’enclave spagnola di Ceuta, nelle due giornate di lunedì 17 e martedì 18. In parte sono stati riportati in patria con la formula dei rimpatri immediati, che è contestata dalle ONG e dalle organizzazioni umanitarie, in parte hanno lasciato Ceuta per propria decisione, a causa dell’impossibilità di raggiungere l’Europa e di procurarsi cibo e alloggio. La tensione resta ancora alta; il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha deciso di rinunciare alla prevista partecipazione al Vertice di Parigi del 18 maggio sul finanziamento delle economie africane e si è invece recato a Ceuta, dove peraltro è stato contestato dall’esasperata popolazione locale. La Spagna ha deciso fin da lunedì di schierare l’esercito alla frontiera con il Marocco per impedire ulteriori arrivi.
La crisi si questi giorni però non è casuale e sta diventando un caso politico e diplomatico. Già da alcuni giorni circolava la voce che il Marocco esercitasse in maniera particolarmente blanda il controllo alle proprie frontiere; una circostanza che avrebbe incoraggiato molti cittadini marocchini a tentare di raggiungere l’Europa attraverso l’enclave spagnola, oltrepassando il confine a nuoto o scavalcando le barriere. Tra i migranti molti minori che hanno corso pericoli nel passaggio; la situazione è diventata presto incandescente, con arrivi così massicci in una comunità piccola come Ceuta, dove risiedono 80.000 persone in tutto. L’atteggiamento inerte dei militari marocchini che sorvegliano la frontiera è legato alla presenza sul territorio spagnolo di Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro). Brahim Ghali, che ha 74 anni, è stato accolto in una struttura sanitaria spagnola, l’ospedale di Logroño, per aver contratto il Covid-19 in forma grave; il leader separatista gode per ragioni umanitarie di una sorta di immunità rispetto a provvedimenti giudiziari collegati alla sua attività nel Fronte Polisario, che rivendica l’indipendenza dal Marocco del Sahara Occidentale, ex colonia spagnola. Il collegamento tra la crisi migratoria e il caso di Brahim Ghali, che aveva suscitato già una forte protesta da parte di Rabat, è stato in qualche modo suggerito dalle stesse autorità marocchine.
Karima Benyaich, ambasciatrice del Marocco a Madrid, ha dichiarato che «ci sono gesti che comportano conseguenze che vanno previste». Mustapha Ramid, ministro marocchino per i Diritti umani, ha confermato di fatto in un post su Facebook i sospetti sull’origine dell’emergenza: «Cosa si aspettava la Spagna dal Marocco dopo aver visto il suo vicino ospitare il capo di un gruppo che ha preso le armi contro il Regno? Il Marocco ha il diritto di rilassarsi e sgranchirsi le gambe… in modo che la Spagna sappia che sottovalutare il Marocco comporta dei costi». La Spagna si rifiuta di riconsiderare l’accoglienza a Brahim Ghali e ribadisce l’intenzione di proteggere le sue frontiere. L’Unione Europea, tramite le parole della vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas, esprime solidarietà alla Spagna e l’intenzione di non farsi condizionare da queste pressioni e dall’uso strumentale dei flussi migratori. Madrid sta utilizzando i rimpatri rapidi, devoluciones en caliente, che suscitano diffidenza fra le organizzazioni che difendono i diritti dei migranti, ma che sono stati legittimati da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del febbraio 2020. Probabilmente, dopo che l’insoddisfazione del Marocco è stata certificata, i migranti verranno rimpatriati e a Ceuta ritornerà la normalità. L’emergenza potrebbe risolversi in pochi giorni; resteranno però aperti i gravi problemi che l’hanno creata, l’incapacità dell’Europa di gestire unitariamente i flussi migratori, il rispetto dei diritti umani, la difficile situazione del popolo saharawi.