Domenica scorsa è approdato sulle piste dell’Aeroporto internazionale Cardinal Bernardin Gantin-Cadjehoun di Cotonou un lotto di vaccini anti-Covid sviluppati dall’azienda farmaceutica cinese Sinovac. Cotonou è la capitale economica e il principale agglomerato urbano del Benin, Stato dell’Africa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea ed è circondato sul confine terrestre da Togo, Nigeria, Burkina Faso e Niger. Nella stessa giornata, proprio quest’ultimo, il Niger, ha ricevuto in donazione dalla Repubblica Popolare 400.000 dosi del vaccino Sinopharm: sono i primi preparati biologici anti-Coronavirus ad aver raggiunto Niamey, capitale e principale centro commerciale e industriale del Paese. Nell’ex colonia francese situata nel cuore dell’Africa saheliana, il SARS-CoV-2 ha causato da inizio pandemia oltre 4.900 infezioni e 185 decessi.

Non è l’unico degli Stati africani ad aver ricevuto in donazione vaccini cinesi. Il giorno precedente, sabato 20 marzo, all’Aeroporto internazionale del Cairo è sbarcato il secondo lotto da 300.000 dosi di vaccino Sinopharm destinato all’Egitto, che si è andato ad aggiungere a un primo carico di 350.000 dosi.

Quella che segue è una mappa che raffigura la gran parte dei Paesi raggiunti finora dai preparati biologici sviluppati da società farmaceutiche cinesi.Immagine 0

Sud-est asiatico, Africa, Europa orientale e America Latina: tutti teatri del mondo altamente strategici e dotati di grande importanza sotto il profilo geopolitico. Si pensi, ad esempio, al blocco regionale dell’America Latina e dei Caraibi, dove Taiwan vanta nove dei suoi quindici partner diplomatici (emblematico il caso della Guyana, dove si è registrata a inizio febbraio la chiusura di un ufficio taiwanese a un solo giorno dalla sua apertura ufficiale).

È una geografia dei flussi vaccinali che non stupisce però se si considera l’attenzione prestata in politica estera dalla leadership cinese ai Paesi in via di sviluppo. La strategia della Cina, opposta alla linea perseguita in questo frangente dagli Stati Uniti, è imperniata sul rafforzamento della sua proiezione nel mondo. L’enfasi posta sulla necessità di costruire una comunità umana della salute e di rendere i vaccini un bene pubblico globale testimonia l’interesse che Pechino ha nel ricoprire un ruolo non più marginale sull’arena internazionale. Un’aspirazione, quella di diventare “globale” e di occuparsi di questioni che trascendono considerazioni e fini puramente nazionali, che la Cina coltiva ormai da tempo. Così come coltiva da anni l’ambizione di affermarsi come potenza non più soltanto economica, ma anche scientifica, e, più in generale, come potenza responsabile.

Va ricordata anche l’adesione della Repubblica Popolare al COVAX, il programma avviato congiuntamente da OMS, CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) e Gavi, The Vaccine Alliance (organizzazione nata come Global Alliance for Vaccines and Immunisation) per superare i limiti esistenti nella capacità di produzione, gli ostacoli logistici e i ritardi normativi, e fornire così un accesso più equo ai vaccini anti-Covid, con l’obiettivo di vaccinare 1,8 miliardi di persone entro il 2021.

Spostando lo sguardo all’interno dei confini cinesi, le dosi di vaccino somministrate in tutto il Paese fino alla mezzanotte di sabato 20 marzo ammontano a quasi 75 milioni. Le vaccinazioni – avviate ufficialmente a livello nazionale il 15 dicembre 2020 – prevedono complessivamente tre step: una prima fase riguarda i gruppi cosiddetti chiave, di fatto i soggetti a più alto rischio di contagio; una seconda fase riguarda invece quei soggetti che dopo aver contratto il nuovo Coronavirus possono sviluppare più facilmente sintomi gravi, principalmente anziani e individui con malattie pregresse; e una terza fase infine si estende a tutti gli altri gruppi. Secondo quanto riferito a Reuters dal celebre pneumologo cinese Zhong Nanshan, la Cina punta a vaccinare entro la fine di luglio il 40% della sua popolazione. Ma attualmente il trend sembra procedere a rilento. Come illustrato da Cui Gang, un funzionario della Commissione sanitaria nazionale cinese, sono due i fattori che starebbero influenzando il ritmo delle inoculazioni: in primis, la situazione di relativa tranquillità che si vive all’interno della Cina, che porta a considerare basso tra la popolazione il rischio di infezione; in secondo luogo, un atteggiamento attendista da parte delle persone, incoraggiato da incertezze circa l’efficacia e la sicurezza dei nuovi vaccini immessi sul mercato.

Immagine: Vaccinazione contro il Covid-19, con il vaccino sviluppato dalla cinese Sinovac Biotech, Nonthaburi, Thailandia (28 febbraio 2021). Crediti: Brickinfo Media / Shutterstock.com

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