Nei primi nove mesi del 2018 sono stati uccisi nell’esercizio della loro professione cinquantasei giornalisti, una cifra superiore alle morti registrate in tutto il 2017. Lo segnala Reporters Sans Frontières (RSF) che auspica la nomina di un rappresentante speciale ONU per la protezione dei giornalisti. Più della metà sono caduti in zona di guerra: tredici in Afghanistan, di cui dieci in occasione del duplice attentato a Kabul del 30 aprile, cinque nello Yemen, dove sono attualmente detenuti da parte dei ribelli Houthi almeno una decina di reporter, due in Siria, due in Palestina. Tra le vittime anche tre giornalisti russi, Orhan Djemal, Kirill Radtchenko e Alexandre Rasstorgouïev che sono stati uccisi nella Repubblica Centrafricana mentre indagavano sulla presenza nell’area di mercenari appartenenti al gruppo Wagner, che molti osservatori ritengono legato a Mosca. Nel 2017 si era verificato un calo delle morti sul campo da parte dei professionisti dell’informazione: i dati del 2018 rappresentano una preoccupante inversione di tendenza. L’annuncio del segretario generale di RSF Christophe Deloire arriva nel momento in cui l’opinione pubblica internazionale è scossa dal caso di Jamal Khashoggi, il giornalista e dissidente saudita scomparso; sulla stampa internazionale sono rimbalzate ipotesi che sia stato ucciso da parte di agenti di Riyad all’interno del consolato saudita a Istanbul. Il corpo sarebbe stato fatto a pezzi all’interno della stessa sede consolare. Se venisse confermata questa ipotesi investigativa si tratterebbe, per circostanze e modalità, di un crimine contro la libertà di stampa senza precedenti, che sta suscitando preoccupazione e sdegno nell’opinione pubblica internazionale. Future Investment Initiative (FII), il summit delle grandi imprese della finanza e della tecnologia promosso in prima persona dal principe Mohammad bin Salman, in programma dal 23 al 25 ottobre, a Riyad, è stato boicottato dai giornali americani, su sollecitazione del Washington Post, di cui Jamal Khashoggi era un collaboratore. Anche il New York Times, nonostante fosse uno degli sponsor dell’iniziativa, ha ritirato il proprio sostegno.

Crediti immagine: da Christian Frei Switzerland (War Photographer (2001)) [CC BY-SA 2.0  (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], attraverso Wikimedia Commons