Donald Trump ha annunciato di voler ritirare gli Stati Uniti dall’INF (Intermediate-range Nuclear Force), lo storico accordo sulla riduzione delle armi nucleari firmato da Michail Gorbačëv e Ronald Reagan nel 1987 ed entrato in vigore nel 1988, grazie al quale furono eliminati complessivamente 2.692 missili. La decisione di Trump è stata definita dall’ex presidente dell’URSS protagonista della strategica intesa di 31 anni fa “una mancanza di saggezza” e un “errore”; il presidente statunitense dal canto suo ha denunciato ripetute violazioni degli accordi da parte della Russia ed ha affermato che gli Stati Uniti non saranno gli unici a rispettare un patto che altri violano. Ma le accuse tra i due Paesi sono da tempo reciproche, in un clima da guerra fredda scandito a colpi di manovre militari e dimostrazioni di forza. Alle ripetute esercitazioni militari della NATO in Paesi confinanti con la Russia o ad essa vicini (in Polonia, Ucraina, Georgia, Norvegia), una sorta di non dichiarato tentativo di ‘accerchiamento’, la Russia ha risposto con un altrettanto significativo dispiego di forze. Particolarmente ‘dimostrative’ le esercitazioni dello scorso settembre (‘Vostok 2018’), che oltre ad ingenti truppe russe (circa 300.000 soldati, oltre 30.000 veicoli, navi e velivoli), hanno visto il coinvolgimento di 3.200 soldati cinesi (accompagnati da circa 900 veicoli e 30 aerei). Un passo formale di Trump avrebbe però un ben diverso peso e conseguenze non del tutto prevedibili anche rispetto ai rapporti con la Cina.

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