Dopo sei giorni di colloqui in Qatar, Stati Uniti e Talebani hanno raggiunto un’intesa di massima che potrebbe consentire l’avvio di un processo di pace in Afghanistan. I Talebani si impegnano a far in modo che l’Afghanistan non si trasformi in una base per gruppi terroristici internazionali; su questa premessa si avvierebbero il ritiro delle truppe americane dal Paese e i negoziati diretti tra i fondamentalisti e il governo di Kabul. Quest’ultimo punto è stato molto controverso perché i Talebani si sono sempre rifiutati di trattare direttamente con il governo e anche durante i negoziati questo è stato uno dei punti più controversi. I fondamentalisti si sono riservati di ridiscutere al loro interno “i dettagli” dell’intesa, che però in questo genere di trattative possono nascondere molte insidie.
L’inviato USA Zalmay Khalilzad, di origini afghane e in passato ambasciatore a Kabul, dopo la conclusione dei colloqui in Qatar domenica 27 gennaio si è incontrato con le autorità afghane per riferire l’andamento della trattativa e concordare ulteriori passi. Il presidente Ashraf Ghani ha ribadito la sua volontà di superare il conflitto, ma chiede il coinvolgimento del governo e un processo di pace “a guida afghana”. Molti nodi rimangono irrisolti prima che questa lunga guerra possa avere fine, oltrepassando la soglia di un provvisorio cessate il fuoco peraltro ancora da stabilire; ci si chiede attraverso quali passaggi e in quali tempi possano avvenire la pacificazione e l’avvio di un processo democratico in Afghanistan, in cui siano tutelati i diritti delle donne e delle minoranze. Il ritorno a casa dei quattordicimila soldati americani è più vicino, ma la strada da fare è ancora molta.