Il sindaco di New York Bill de Blasio ha lanciato un allarme sul ritorno dell’antisemitismo e ha annunciato il suo impegno per contrastarlo. Inoltre, ha denunciato che per la prima volta i cittadini di religione ebraica della città «hanno paura di mostrare i segni esteriori della loro fede», rifiutandosi di accettare che questo diventi la «nuova normalità». Le dichiarazioni sono avvenute subito dopo l’aggressione antisemita e il ferimento in modo grave di cinque persone nella casa di un rabbino in occasione della festa di Hannukkah, a Monsey, nello Stato di New York; il drammatico episodio, avvenuto il 28 dicembre, va ad aggiungersi a una serie di altre aggressioni di stampo dichiaratamente antisemita che hanno sollevato seria preoccupazione. Soltanto il 10 dicembre c’era stata una violenta aggressione in un supermercato kosher di Jersey City, nel New Jersey, in cui tre persone erano state uccise a colpi di arma da fuoco, e altre due sparatorie sono avvenute nell’ultimo anno in una sinagoga di Pittsburgh, in Pennsylvania, e in un’altra vicino a San Diego, in California. E molte di più sono le manifestazioni di antisemitismo dagli esiti meno drammatici, che però segnalano un diffuso clima di insofferenza e di odio. Secondo i dati diffusi dall’FBI, a livello nazionale il numero di denunce per crimini di odio – quelli perpetrati nei confronti di gruppi di persone discriminati in base all’etnia, alla religione, all’orientamento sessuale, o a particolari condizioni fisiche o psichiche – è cresciuto del 29% dal 2015 al 2018. Bill de Blasio ha predisposto nuove misure di sicurezza e dispiegato maggiori forze di polizia intorno ai luoghi di culto ebraico e nelle aree dove risiedono le più consistenti comunità ebraiche, come Williamsburg, Crown Heights e Boro Park, ma ha per il momento rifiutato di decretare lo stato di emergenza come era stato invece richiesto da alcuni politici ebrei ortodossi.

Immagine: Bill de Blasio (1 gennaio 2010). Crediti: Foto, William Alatriste. Bill de Blasio  [Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)], attraverso www.flickr.com

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