Ha avuto vita breve il tentativo colpo di Stato messo in atto in Gabon da un gruppo di militari, definitisi Movimento patriottico delle forze di sicurezza e della difesa del Gabon, che nelle primissime ore della mattina del 7 gennaio avevano preso il controllo della sede della radiotelevisione nazionale nella capitale Libreville, bloccando le strade limitrofe e sparando alcuni colpi di arma da fuoco. I ribelli avevano letto un comunicato in cui dichiaravano il presidente Ali Bongo Ondimba (attualmente in Marocco per curare le conseguenze di un ictus che lo ha colpito durante un viaggio in Arabia Saudita lo scorso ottobre) non in condizione di guidare il Paese; una piccola folla si era riunita poi sotto la sede televisiva in loro sostegno, velocemente però dispersa dalle forze di polizia, che hanno poi arrestato, dopo alcune ore, i responsabili del tentativo di golpe. L’episodio è tuttavia indicativo della fragilità dell’assetto politico in Gabon, dove il presidente Bongo, che era apparso nel tradizionale discorso di fine anno ancora visibilmente sofferente e con difficoltò di linguaggio e di movimento, è comunque una figura controversa; eletto nel 2009, dopo consultazioni fortemente contestate, è subentrato al padre, Omar Bongo, che era stato alla guida del Paese per oltre quarant’anni ‒ nonostante le numerose accuse di corruzione ‒ e le elezioni del 2016 che lo hanno confermato al potere sono state fortemente segnate da denunce di brogli e di violenze. La ‘dinastia’ della famiglia Bongo è da più parti ritenuta responsabile di aver badato principalmente ai propri interessi invece che combattere la situazione di grave povertà in cui versa il Paese, nonostante sia produttore di petrolio e ricco di risorse minerarie.

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