La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato quasi all’unanimità due risoluzioni emblematiche del deterioramento delle relazioni turco-americane. In primo luogo sono state riconosciute come ‘genocidio’ (con 405 sì su 435 voti) le deportazioni ed eliminazioni di massa di Armeni attuate dall’impero ottomano tra il 1915 e il 1916, che secondo alcune stime avrebbero causato fino a un milione e mezzo di morti. Contestualmente è stata approvata una seconda risoluzione che chiede al presidente Trump di applicare sanzioni alla Turchia – che riguarderebbero principalmente il blocco della vendita di armi statunitensi e restrizioni negli spostamenti nel territorio USA per i rappresentanti ufficiali della Turchia ‒ in seguito agli attacchi militari compiuti nel Nord-Est della Siria. Immediata la reazione della Turchia, che ha convocato l’ambasciatore statunitense, mentre il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha parlato di «un passo politico insignificante», privo di qualsiasi base storica o giuridica, indirizzato solo «alla lobby armena e ai gruppi anti-Turchia»; fonti ufficiali hanno inoltre sottolineato come la decisione non sia consona all’alleanza NATO tra i due Paesi ed Erdoğan ha messo in dubbio il viaggio negli Stati Uniti programmato per il 13 novembre.

La Turchia ha sempre rifiutato il termine genocidio in riferimento agli Armeni (riconosciuto invece da una trentina di Paesi, tra cui l’Italia) e nega che le uccisioni siano state frutto di un piano di sterminio sistematico, sostenendo che vi furono massacri reciproci nell’ambito di una sanguinosa guerra civile che causò gravissime perdite da entrambe le parti.

Immagine: Donna armena accanto a una bambina morta, Aleppo, Siria (tra il 1915 e il 1919). Crediti: en:American Committee for Relief in the Near East. Fonte, from usa gov site. [Public domain], attraverso commons.wikimedia.org

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata