Divenuto il nuovo leader dei Tories e ricevuto ufficialmente l’incarico di primo ministro dalla regina, Boris Johnson è divenuto così il 14° premier del lungo regno di Elisabetta II e ha provveduto subito a un radicale rinnovamento del governo, i cui membri si sono incontrati nella mattina di giovedì 25 luglio, prima che il Parlamento si fermi per la pausa estiva. Quando ancora non era stato ultimato il passaggio formale di consegne si erano già dimessi diversi ministri del governo May considerati moderati, come David Lidington, vicepremier di fatto, e il cancelliere dello Scacchiere – il ministro delle Finanze ‒ Philip Hammond, da sempre molto critico nei confronti del nuovo premier, che sarà sostituito da Sajid Javid, un pro-Remain pentito, fino ad ora ministro degli Interni. Due forti fautori della ‘hard Brexit’ conquistano ministeri chiave: Dominic Raab, che si era dimesso durante il governo May in quanto contrario alla strategia della premier sul “Leave” sostituirà Jeremy Hunt agli Esteri, mentre subentra a Sajid Javid agli Interni Priti Patel, voce della destra radicale, già membro del governo May e costretta a dimettersi due anni fa per via di una serie di incontri con alcuni politici israeliani di alto livello di cui Downing Street era all’oscuro. Michael Gove sarà cancelliere del Ducato di Lancaster, ministro senza portafoglio con un ruolo di coordinamento del gabinetto, mentre Ben Wallace sostituisce alla Difesa Penny Mordaunt, prima donna ministro in questo ambito nel Regno Unito. Confermato anche Dominic Cummings, controverso coordinatore della campagna per il Leave al tempo del referendum sulla Brexit. Una squadra che vira sensibilmente a destra, in massima parte di brexiteers più che convinti, con la quale Johnson si propone di realizzare l’uscita dall’Unione Europea “no ifs, no buts”.

Immagine: Boris Johnson (19 luglio 2016). Crediti: State Department Photo/ Public Domain