Il primo ministro libanese Saad Hariri ha rassegnato martedì 29 ottobre le sue dimissioni al presidente Michel Aoun, dopo quasi due settimane di violente proteste popolari che invocano un totale rinnovamento dell’attuale classe politica, accusata di corruzione, di una pessima gestione economica e di non essere nemmeno in grado di fornire servizi pubblici adeguati alla popolazione; la notizia del passo indietro di Hariri, che aveva tentato nei giorni scorsi di presentare un programma di riforme che venisse incontro alle richieste della protesta, è stata salutata con manifestazioni di giubilo dalla piazza, ma il movimento le considera solo il primo passo, sebbene importante, di un rinnovamento che deve essere ben più radicale.

Contrario alle dimissioni il leader del movimento musulmano sciita Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, che ha più volte espresso la sua preoccupazione per il vuoto di potere dalle conseguenze imprevedibili che esse determinerebbero, e secondo il quale dietro le proteste ci sarebbero in realtà i Paesi del Golfo, Stati Uniti e Israele che mirano a destabilizzare il Libano; nel corso delle manifestazioni che si sono svolte nei giorni scorsi, si sono verificati diversi scontri, sedati dalla polizia, con appartenenti a Hezbollah e ad Amal, che anche poche ore prima dell’annuncio delle dimissioni, hanno attaccato i dimostranti devastando una postazione organizzata in una zona centrale di Beirut. Almeno per una parte della popolazione è però da riformare l’architettura istituzionale stessa del Paese, eredità della sanguinosa guerra civile che ha devastato il Paese per anni, pensata per garantire rappresentanza politica a tutti i gruppi religiosi; le tre cariche principali sono infatti sempre assegnate a rappresentanti delle tre più importanti entità religiose: il premier è sempre un sunnita, il presidente della repubblica sempre un cristiano-maronita e il presidente del Parlamento uno sciita, e lo stesso rigido sistema di ripartizione viene applicato per i seggi in Parlamento, per gli incarichi di governo e per le posizioni al vertice del settore pubblico. Secondo molti questo metodo favorisce però il perseguimento da parte dei rappresentanti di obiettivi settari, perdendo di vista il bene complessivo della nazione e fornisce terreno fertile per la corruzione.

Immagine: Saad Hariri a Sochi, Russia (13 settembre 2017). Crediti: President of Russia (http://en.kremlin.ru/events/president/news/55612/photos/50350). Creative Commons Attribution 4.0 International