Il Parlamento britannico, per iniziativa del primo ministro Boris Johnson, sospenderà le sue attività subito dopo la fine della pausa estiva, prevista per il 3 settembre; la sospensione partirà non prima di lunedì 9 settembre e non più tardi di giovedì 12 settembre e durerà fino al 14 ottobre, quando la regina terrà il suo discorso di inaugurazione della nuova sessione. In questo modo le attività parlamentari riprenderanno solo pochi giorni prima della scadenza prevista per la Brexit, cioè il 31 ottobre.

Nel pomeriggio del 28 agosto, Elisabetta II, chiamata ad avvalorare la scelta del governo, ha dato il suo assenso, rispettando peraltro una prassi consolidata. L’iniziativa del governo britannico ha suscitato comunque forti reazioni, in quanto è sembrata un tentativo di impedire al Parlamento di intervenire in modo efficace sulla Brexit ed eventualmente bloccare la prospettiva di un’uscita senza accordo, avversata anche da una parte dei conservatori. L’opposizione laburista ha protestato con forza parlando di «furto della democrazia», il presidente della Camera dei comuni, il conservatore moderato John Bercow, ha configurato l’azione del premier come un «oltraggio costituzionale», il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon ha definito Johnson «un dittatore da quattro soldi». In poche ore sono state raccolte sul web più di cinquecentomila firme contro Johnson e la sua politica.

La maggior parte degli osservatori giudica l’azione del governo britannico legale (la prassi vuole che sia il primo ministro a decidere la lunghezza della sospensione), ma sicuramente azzardata considerato il contesto in cui si è inserita. Proporre – e di fatto in realtà quasi imporre – una pausa molto più lunga della tradizione proprio alla vigilia di una decisione storica è sembrata nel Regno Unito e nell’Unione Europea una forzatura in grado di aprire in una delle democrazie più consolidate del mondo un conflitto aspro tra potere legislativo e potere esecutivo. La scelta di Johnson ha ricevuto però anche consenso e incoraggiamento non soltanto tra i suoi sostenitori in patria; il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito Johnson la persona di cui il Regno Unito ha bisogno in questo momento.

Immagine: Boris Johnson (24 luglio 2019). Crediti: Michael Tubi / Shutterstock.com