Rischia di precipitare in un conflitto aperto la tensione tra India e Pakistan dopo il blitz di martedì 26 febbraio dell’aviazione indiana nei dintorni della cittadina di Balakot, nella provincia pakistana di Khyber-Pakhtunkhwa. Le versioni sull’esito dell’operazione sono contrastanti: la missione di cacciabombardieri in Pakistan rappresenta per l’India, da un lato, una risposta all’attacco kamikaze del 14 febbraio, che ha causato 42 vittime tra le forze di sicurezza indiane, e, dall’altro, una misura di prevenzione contro nuove iniziative terroristiche. Il bombardamento a cui hanno partecipato 12 caccia Mirage-2000 avrebbe distrutto, secondo fonti indiane, un grande campo di addestramento del gruppo terroristico di Jaish-e-Mohammad (JeM), provocando la morte di 325 militanti e 25 addestratori. Il Pakistan invece accusa l’India di aver condotto un’aggressione gratuita, ridimensiona fortemente l’esito dell’operazione e si riserva di rispondere adeguatamente. L’India non colpiva obiettivi all’interno del confine pakistano dal conflitto del 1971; si apre dunque uno scenario allarmante che non ha precedenti nella storia recente delle relazioni pur conflittuali tra i due Paesi. Poco prima dell’alba di mercoledì 27 febbraio il Pakistan ha condotto una missione di risposta violando lo spazio aereo indiano; l’India ha reagito nella stessa mattina del 27 con un nuovo raid aereo. Secondo fonti pakistane due jet indiani sono stati abbattuti e un pilota sarebbe stato catturato; inoltre, ci sarebbero vittime anche tra i civili, nel villaggio pakistano di Jaba. Vi è preoccupazione per una possibile escalation favorita da interessi contrapposti, lacerazioni che si prolungano da decenni e dal clima politico interno ai due Paesi, con l’India ormai vicina alle elezioni.

Immagine: Confine tra India e Pakistan a Wagah, vicino ad Amritsar, India. Crediti: shankar s. Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0), attraverso www.flickr.com