L’articolo 34 della Costituzione italiana afferma che “La scuola è aperta a tutti”. È una porta che dà accesso a una frontiera educativa dove confluiscono diverse realtà socioeconomiche, etnie, differenti abilità.
Tuttavia, la scuola diventa spesso teatro di conflitti. Uno dei bersagli di scherno e prepotenza è il delicato e intimo campo dell’orientamento sessuale. A proposito di bullismo omofobico, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha sollecitato gli Stati a prendere misure adeguate al fine di proteggere i cittadini dalle violenze e dalle discriminazioni a causa del loro orientamento sessuale: "Questo genere di bullismo (…) colpisce giovani di tutto il mondo fino all’età adulta, causando enormi e inutili sofferenze. I bambini vittime del bullismo sono a rischio di depressione e dispersione scolastica. Alcuni sono addirittura spinti al suicidio (…). Affrontare questo tema è una sfida comune. Abbiamo tutti un ruolo in quanto genitori, familiari, insegnanti, vicini di casa, dirigenti di comunità, giornalisti, figure religiose o funzionari pubblici".
I bullismi: declinare la prepotenza Le prepotenze sono una realtà diffusa, dilagante, non sempre svelata, spesso smentita, sottesa o latente, che strisciando mina alle fondamenta tale progetto per instillare al suo posto disagio e inadeguatezza. Il termine bullismo deriva dalla parola inglese “bullying” (to bull) che significa, appunto, “maltrattare, usare prepotenza, intimorire, intimidire”, benché di fatto tale caratteristica sia solo una delle componenti di un fenomeno multidimensionale. È una forma di sopraffazione fisica o psicologica messa in atto da una o più persone (bulli) nei confronti di un altro individuo percepito come più debole (vittima). Trova il suo preferenziale terreno d’azione all’interno del contesto scolastico, diffondendosi più o meno insidiosamente nel gruppo classe.
La maggior parte degli studiosi del fenomeno concorda nell’affermare che il bullismo sia contraddistinto da tre caratteristiche centrali: intenzionalità, sistematicità e asimmetria tra i soggetti coinvolti. È intenzionale perché viene svolta volontariamente e consapevolmente un’azione eseguita al fine di arrecare danno alla vittima. Il ragazzo che mette in atto la prepotenza sceglie deliberatamente di aggredire un compagno più debole per trarne un vantaggio personale in prestigio, rispetto e, talvolta, per ottenere somme di denaro o oggetti di valore (estorsione). Il bullismo si manifesta in modo sistematico, non in episodi isolati; è reiterato nel tempo e può durare anche svariati anni. È infine asimmetrico in quanto si instaura in una relazione interpersonale fondata sulla disuguaglianza e sulla disparità di età, di forza e potere fisico o psicologico - o di numerosità nel caso di aggressioni perpetrate da un gruppo di bulli - tra il bullo che si trova in una posizione up e la vittima in posizione down. Quest’ultima, in una situazione di fragilità, sperimenta spesso un senso di impotenza non riuscendo a difendersi, subendo in silenzio, senza denunciare o condividere con altri ciò che sta accadendo. Quanto sopra descritto si discosta di gran lunga da ciò che definiamo conflitto, scherzo e litigio tra ragazzi. Le persone coinvolte in un conflitto tra pari non insistono accanitamente oltre un certo limite per imporre la propria volontà, rendono conto dei motivi del disaccordo, manifestano le proprie ragioni, si scusano o cercano soluzioni, si accordano e negoziano per soddisfare i propri bisogni e sono in grado di cambiare argomento o allontanarsi, con appropriate strategie di coping. Lo scherzo è un evento divertente, che non ha l’intenzione di ferire, non è lesivo della dignità di una persona e ammette una reciprocità. Il litigio è un dissidio occasionale che scaturisce da un’incomprensione, da una competizione o da una differenza di punti di vista. Non è ripetuto nel tempo e non si instaura in una relazione contraddistinta da asimmetria.
Le differenti tipologie di bullismo si dividono essenzialmente in bullismo diretto e bullismo indiretto. Il bullismo diretto è contrassegnato da una relazione diretta tra bullo e vittima, e può essere a sua volta distinto in: bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spintoni bullismo verbale: il bullo prende in giro la vittima, rivolgendole frequentemente frasi spiacevoli dense di derisioni, vessazioni, umiliazioni, insulti, epiteti sgradevoli, nomi offensivi o minacce.
Il bullismo indiretto si gioca maggiormente sul piano psicologico (bullismo psicologico); è meno visibile di quello diretto, ma non meno rischioso, poiché tende a danneggiare la vittima recidendo o guastando le sue relazioni con i compagni, escludendola e isolandola attraverso pettegolezzi, calunnie, false voci sul suo conto. Con l’entrata in campo e la diffusione dei nuovi media, si declina anche in cyberbullismo, neologismo coniato nel 2002 dall’insegnante canadese Bill Belsey, poi adoperato, a partire dal 2006, da Peter K. Smith, il quale ne suggerì una descrizione sulla falsariga del concetto tradizionale di bullismo: “è un atto aggressivo e intenzionale, condotto da un individuo o gruppo di individui, usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo contro una vittima che ha difficoltà a difendersi” (Smith et al., 2008). Il cyberbullo spesso esercita il suo potere attraverso una maggiore padronanza, rispetto alla vittima, degli strumenti informatici. Un altro aspetto che contribuisce ad accrescere lo scarto tra bullo e vittima è l’anonimità del web. La vittima, infatti, quasi sempre ignora la paternità degli atti offensivi; con la complicità dell’anonimato, infatti, il bullo ha la possibilità di agire impunemente indisturbato, con una portata amplificata dal riverbero della rete. Nel cyberbullismo diretto la ripetizione avviene tramite interventi continui, che oltraggiano la vittima in modo diretto (es. persistenti sms, messaggi su Whatsapp o in chat o tramite e-mail); nella variante indiretta, invece, la ripetizione è data dal coinvolgimento di altri utenti che possono vedere, salvare e condividere con diffusione virale il materiale in questione. Il cyberbullo può raggiungere la vittima, attraverso lo sconfinato raggio di azione della rete, in ogni momento della giornata e in ogni dove, non essendovi, in questo modo, più “spazi” in cui possa sentirsi al sicuro, con una conseguente percezione d’assenza di scampo al problema.
Il rapporto Ipsos 2014 per Save The Children rivela che 4 minori su 10 sono testimoni di azioni di bullismo online nei confronti dei pari, percepiti come “diversi” per aspetto fisico (67%), orientamento sessuale (56%) o perché appartenenti ad altre etnie (43%). Il bullismo è avvertito dal 69% dei minori italiani intervistati come un problema più devastante di droga, di alcol e di molestie da parte di un adulto. I social network rappresentano la modalità d’attacco preferita (61%), che solitamente colpisce la vittima tramite strumenti di diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi “contro” (57%). È presente anche il fenomeno del “furto” di mail e messaggi privati resi pubblici (48%), la divulgazione di notizie false sulla vittima (58%), l’invio di sms, mms, e-mail e messaggi su Whatsapp violenti e minacciosi (52%).
Il bambino o l’adolescente vittima di bullismo omofobico - identificati come omosessuali o non conformi alle norme di genere - possono incorrere in rischi a breve e lungo termine, quali autoemarginazione e isolamento, comportamenti di ritiro e abbandono scolastico, alterazioni nella sfera affettiva e interpersonale, disturbi del sonno, problemi psicosomatici, ansia, depressione, comportamenti autolesivi e suicidio. La reazione all’esperienza traumatica dipende da vari fattori. Tra i fattori protettivi si annovera la resilienza personale, cioè l’insieme di risorse biologiche e psicologiche che rendono un soggetto più o meno equipaggiato a fronteggiare il trauma, unitamente alla presenza di figure in ambito familiare e scolastico disponibili all’ascolto, capaci di promuovere un senso di argine sicuro e comprensione. È fondamentale che tali figure siano abili ad intervenire sul bullismo omofobico non con il piglio di chi difende una vittima “debole”, ma con l’atteggiamento di chi stigmatizza un comportamento aggressivo che colpisce l’intera comunità.
Brano tratto dall'ebook Un fiore che sboccia - Le basi scientifiche dell'educazione all'affettività e alla sessualità, AA. VV., curato da Simona Martini, Edizioni Istituto HFC, scaricabile gratuitamente